| “ Una cosa pazzesca!” La voce allegra e giovanile di una ragazza riecheggiò più volte per la tromba delle scale. Un piccolo gatto dal pelo grigio sporco si affacciò dal di sotto della ringhiera, gli occhietti luminosi che seguivano curiosi la fonte del fracasso. Un chiarore freddo penetrava nel condominio, grazie a uno dei grossi lampioni montati sui parapetti degli edifici che proiettava la sua luce proprio di fronte alla piccola finestra in alto. Nonostante il sole non fosse ancora tramontato del tutto, all’interno l’aria si era già fatta pungente e carica di un’umidità che faceva accapponare la pelle. Tenten percorse l’ultima rampa di scale in quattro rapidi balzi e si fermò sul pianerottolo con una piroetta. “ Avresti dovuto vedere che roba!“ disse allegra, agitando tranquillamente quattro buste di plastiche gonfie. Hinata assentì con un sospiro smozzicato e si fermò un attimo a riprendere fiato, il viso sudato e chiazzato di rosso. Ecco perché odiava fare la spesa. Portare tutto sei, sette buste piene di pacchi e pacchetti per quei gradini tutti buchi e schegge era un impresa titanica per un body builder, figuriamoci per un peso piuma come lei. Di sicuro i maratoneti delle olimpiadi facevano meno fatica. Per fortuna, la provvidenza le era venuta prontamente in soccorso sotto l’esuberante forma di una certa ragazza con i capelli legati in due codini che si era offerta al volo di aiutarla, salvandola cosi da una scoliosi fulminante. Le dispiaceva un po’ di aver ceduto alle insistenze di Tenten; le sembrava quasi di approfittare della buona volontà dell’amica, però era sempre meglio che ritrovarsi su una barella di ospedale con tutte le vertebre rotte, no? “ Si, ho capito” confermò stancamente. Unico problema. Da quando si erano incontrate, e scontrate, per caso all’uscita del supermercato, Tenten non aveva smesso un secondo di ripeterle all’infinito cosa le era successo quella mattina al bar. Le era sembrato di capire qualcosa riguardo una rissa e un misterioso salvatore, ma a parte questo, complice la stanchezza di tutto il giorno, non era riuscita a decifrare altro nell’ammasso confuso di parole e commenti dell’amica. Con suo silenzioso sollievo, Tenten interruppe le sue farneticazioni per fissarla esasperata. “ Uff, ma non ti entusiasmi nemmeno un po‘? Ti sto raccontando un evento epico!” si lagnò, quasi delusa dalla sua mancanza di reazioni. Hinata abbassò la testa, a metà tra il contrito e l‘esausto, senza rispondere subito. Dopo una giornata di lavoro non ce la faceva proprio ad ascoltarla e questo le dispiaceva parecchio. Non era rispettoso nei suoi confronti né in nessun altro, però che poteva farci? Era già un miracolo se riusciva a tenere gli occhi aperti. “ Scusa, è che sono stanca” si giustificò, sfregandosi stancamente gli occhi. “ Ma se ti fa stancare tanto, perché non cambi lavoro?” chiese Tenten ancora leggermente indispettita, facendosi da parte per lasciarle aprire la porta. Hinata si bloccò con le chiavi a un palmo dalla toppa, il viso per un attimo sorpreso, poi scosse la testa, sorridendo. “ E che altro potrei fare?” chiese. La serratura scattò e la porta si aprì con un cigolio arrugginito. Hinata non fece in tempo a rimettere a posto la chiave che Tenten era già entrata di gran carriera, ansiosa di scaldarsi. Stava per seguirla, quando si fermò, pensierosa. Le sembrava di essersi dimenticata di qualcosa. Un botto, seguito da un’imprecazione le suggerì la soluzione. “ Attenta alla sedia in mezzo al corridoio” “ Grazie, già fatto” sentì dire dalla voce sconsolata di Tenten. Hinata si diede della sbadata e corse ad accertarsi delle condizioni dell’amica. L’appartamento era completamente immerso nell’oscurità. Ad eccezione di uno spiraglio di luce in salotto che sfiorava i contorni opachi dei mobili e delle poltrone, non si vedeva a un palmo dal naso. Il ronzio dei condizionatori si sentiva appena, ma un bel tepore confortevole riscaldava l’ambiente. Hinata esitò, con la mano sulla porta. Non ricordava di aver chiuso le persiane prima di uscire, anzi era sicura di averle lasciate aperte per far passare un po’ d’aria. Non aveva lasciato acceso nemmeno il riscaldamento; con quello che costava in bolletta non poteva mica permetterselo tutto il giorno. Di nuovo, il dubbio di aver dimenticato qualcosa tornò a punzecchiarla. Si spremette le meningi, ma non riuscì a capire di cosa si trattasse. Scosse la testa. Forse era venuto il momento di fare una bella cura di fosforo. O forse era vero che lavorava troppo. “ Ehi, Hinata, che stai combinando? Entra!” La voce lamentosa di Tenten la richiamò alla realtà. “ Ti sei fatta male?” chiese, cercando di vedere l’amica nelle ombre che avvolgevano l’ingresso. Dopo che i suoi occhi si furono abituati al buio, la individuò che si massaggiava il sedere seduta sul tappeto al centro di un ammasso confuso formato di tutti gli acquisti che aveva fatto al supermercato. “ Tutto a posto?” chiese premurosa. “ Ahia, che botta” si lamentò Tenten, fugando le sue paure “ Il mio povero sederino” Cercò di rialzarsi, ma scivolò su un barattolo di pomodori e il povero fondoschiena della ragazza rifece conoscenza con il pavimento. “ Ahia!” Con un sospiro, Hinata posò le buste e si chinò per aiutare l’amica a rialzarsi. “ Dà qua che ti aiuto” disse, tendendole la mano. Nonostante la poca illuminazione, Tenten l’afferrò subito e con uno sbuffo Hinata la tirò in piedi. “ Uff, mamma mia, che spavento” disse la mora, spolverandosi i pantaloni dalla polvere “ Però magari la prossima volta avvertimi prima che mi schianti, ok?” Hinata ridacchiò, suo malgrado. Per fortuna Tenten non era una che se la prendeva. “ Aiutami a rimettere un po’ d’ordine piuttosto, pasticciona” rise, prendendola in giro. “ Pasticciona a me?” la aggredì scherzosamente Tenten “ Adesso ti sistemo io” disse, e con un ghigno malefico, prese una bottiglia d’acqua caduta vicino ai suoi piedi. Hinata sgranò gli occhi e indietreggiò “ Non provarci nemmeno” la ammonì seria, poi, capendo che non scherzava per niente, cominciò a sudare freddo. “ Calma, Tenten adorata, ho dato la cera solo stamattina, non vorrai bagnarmi tutto il pavimento, vero?” chiese speranzosa, spostando un paio di volte lo sguardo dalla bottiglia d’acqua al ghigno diabolico che decorava il viso della sua migliore amica, ora attentatrice di pavimenti puliti. Stava per replicare ancora quando notò due luci brillare nell’oscurità in cui sprofondava la fine del corridoio appena dietro le spalle di Tenten. La ragazza non si era accorta di nulla. Un ringhio minaccioso riempì l’aria, accompagnando il ticchettare ritmico di artigli sul pavimento. Aprì la bocca per avvertirla, ma non riuscì a fare altro che un ombra schizzò fuori dal buio e fu loro addosso. Con orrore, sentì la mano di Tenten afferrarla per la manica e tirarla bruscamente giù. Il terzo tonfo e la terza successiva imprecazione ruppero il silenzio dell’appartamento. Dopo la botta, Hinata ci mise qualche istante a riprendere contatto con il mondo e, quando lo fece, sentì le palpitazioni rimbombarle nel petto . “ C-c-che è successo?” Balbettò spaventatissima. Una macchia grigia le invadeva la visuale e qualcosa di pesante la inchiodava a terra, mozzandole il respiro. Si fece prendere dal panico. Chi c’era in casa sua? Provvidenzialmente, la luce si accese di colpo, ma ancora non vedeva nulla. Sentì Tenten esclamare “ Ma eccolo il mio tesoro” seguita da un uggiolare gioioso. Il peso che la opprimeva venne tolto e Hinata riaccolse con sollievo il caro vecchio ossigeno. Solo per rimanere nuovamente senza fiato nel vedere la ragazza più dura del quartiere che rotolava e rideva come una scema con un batuffolo scodinzolante tra le mani. “ Buono, Akamaru” ridacchiò Tenten, mentre il cucciolo le leccava festoso la guancia. Hinata sorrise. Ammirava la capacità di Tenten di socializzare con gli animali; riusciva a farsi amare praticamente da ogni cane, gatto e qualsiasi altro tipo di forma animale che bazzicasse per le strade di Undercity e dintorni. Magari era un po’ fastidioso quando, piena di peli, le chiedeva di ospitarla per qualche giorno perché casa sua era invasa dai gatti, ma a parte questo non si poteva dire che non ne fosse felice, anzi. Con un balzo Akamaru si liberò dalle mani di Tenten e trotterellò verso Hinata. Guaì felice per il ritorno della padroncina e cominciò a farle le feste. “ Ma guarda che traditore” borbottò Tenten, incrociando le braccia sul petto, fingendo delusione, ma con un sorrisetto sulle labbra. “ Eddai, Akamaru, buono” rise Hinata, accarezzando il cagnolino che abbaiava e guaiva nel tentativo di strappare qualche coccola. Infine, lo accontentò e, con delicatezza, lo prese tra le braccia. Soddisfatto, il cucciolo si raggomitolò fino a diventare una palletta di pelo bianco e sbadigliò, mettendo in mostra una chiostra di piccoli denti appuntiti. Hinata sorrise, intenerita. Non sapeva cosa potessero dire gli esperti di zoologia o i grandi maestri del pedigree, ma per lei quel cane era speciale. Non poteva scordare la prima volta che lo aveva incontrato: Quel giorno pioveva a dirotto. Lei stava tornando a casa dopo l’ennesima giornata di lavoro; come al solito si era dimenticata l’ombrello, cosi correva per arrivare a casa ed asciugarsi, cercando di ripararsi con la borsa. Già pensava alla cioccolata calda e al calduccio delle coperte che la aspettava e….fu in quel momento che lo vide. Stanco, lacero, si trascinava una zampa rotta dietro, arrancando penosamente nella pioggia che cadeva impetuosa. Lentamente le era venuto contro e aveva snudato le zanne in un ultimo, inutile, atteggiamento di difesa. Piccola macchia nel mare d’asfalto, continuava a lottare contro un mondo più grande di lui e che reclamava la sua vita. Lei, stanca, infreddolita, disillusa, davanti a quei piccoli occhi, pieni di ardore, cosi inutile, stupido, non aveva saputo trattenere le lacrime. Lo aveva preso con sé. Akamaru non aveva protestato né aveva tentato di fuggire. Quando prese tra le braccia, era già svenuto, stremato dalla fame e dalla fatica. E da allora quel cucciolo cosi testardo era diventato ufficialmente il coinquilino del suo appartamento e della sua vita. Un amico dai mille, piccoli, insostituibili ruoli. La non proprio tranquilla sveglia del mattino -che botte aveva dato sul pavimento, quando cominciava ad abbaiare come un matto nell‘orecchio per farla svegliare in orario-. Il combina guai che rallegrava le sue giornate: piatti rotti, bicchieri in frantumi, carta da parati strappata e tante risate quando si incastrava nelle tende e guaiva disperato, invocando soccorso. La compagnia della sera, mentre la stanchezza veniva ad esigere il suo tributo e la pace diventava il bisogno primario. Il silenzioso confidente della notte a cui raccontare senza essere interrotti la propria giornata, con cui sfogarsi, ridere, condividere. Questo era Akamaru per lei. Potevano darle della sciocca a tenere cosi in considerazione un cane, a volergli cosi bene, eppure, questa era una delle poche certezze che non avrebbe mai rigettato per niente al mondo. Akamaru era uno dei membri principali del suo piccolo mondo, e lo sarebbe stato per sempre. Con il cucciolo tra le braccia, si diresse in cucina e accese la luce. Rimase stupita dal disordine che regnava nella stanza: pentole e stoviglie sporche erano accatastate alla rinfusa nel lavello, qualche scaffale era spalancato e pieno di cartacce e la tovaglia era tutta sporca e spiegazzata. Ma preferì accantonare la questione per il momento. Prima le cose importanti. “ E la spesa? La lasciamo lì?” chiese ad un tratto Tenten, indicando la spesa disseminata per tutto il corridoio con un tono che a Hinata parve nascondere imbarazzo. Forse le dispiaceva per il guaio che aveva, accidentalmente, combinato. “ Fa niente, la prendiamo dopo” la tranquillizzò, mentre, nonostante le sue proteste, poggiava Akamaru sul pavimento. Aprì uno scaffale e ne tirò fuori una scatola di croccantini. La reazione gioiosa di Akamaru non si fece attendere. Il cucciolo abbaiò la sua approvazione e trotterellò verso la ciotola colorata messa in un angolo e che portava inciso il suo nome. Con sua grande gioia, una cascata di biscotti dalle forme più strane la riempì fin quasi a traboccarne. “ Ecco qua, buon appetito” augurò inutilmente Hinata, dato che si era già avventato a testa bassa sulla sua cena di quel giorno. “ Uao, fame, eh?” domandò Tenten, osservando allibita e ammirata il cucciolo grande poco più di una pantofola che si ingozzava con la velocità di una trebbiatrice. “ Deve crescere” rispose Hinata con un sorriso, appoggiando la scatola sul tavolo. “ Cosi però è più facile che esploda” fece notare Tenten dubbiosa. “ Se un animale vuole diventare grande e forte, deve mangiare, mangiare, mangiare, e chi se ne frega se poi diventa grasso, tanto è grosso lo stesso” si atteggiò Hinata, in una perfetta imitazione dell’amica alla domanda “Come bisogna trattare gli animali?” Tenten sbuffò, fingendosi offesa. “ Si, si, prendi in giro, prendi in giro…” “ Dai, scherzavo” “ …che appena volti le spalle..ZAC!” Senza preavviso, Tenten approfittò di un momento che si era voltata per lavare le stoviglie per afferrarle di botto le spalle. Hinata saltò per lo spavento, perse l’equilibrio e, con una precisione a dir poco olimpionica, tuffò la testa sotto il rubinetto aperto. L’acqua gelida le infradiciò completamente i capelli e il collo e il freddo improvviso le mozzò il respiro. Con un respiro strozzato si rialzò di scatto e rimase lì, fradicia e gocciolante. “ Tenten, ti prego, non farlo mai più” pregò, con una mano sul cuore e gli occhi dilatati, pittorescamente simile a un fantasma. Ma Tenten era troppo impegnata a sbellicarsi dalle risate per dargli retta. Sotto lo sguardo a metà tra lo stupito e il curioso di un Akamaru con la bocca piena e quello leggermente piccato di Hinata, la ragazza spaparanzata sul tavolo rideva senza più ritegno, le mani sullo stomaco che rischiava di venire fuori per le troppe risate. “ Ahahahaihihihohohohoh, quello era un tuffo da 10” spiccicò tra le lacrime. Hinata si sentì avvampare dalla vergogna. Era sempre la solita pasticciona. Bastava uno scherzetto innocente per farla saltare dalla paura ed ecco i risultati. Non che dovesse anticipare tutto e atterrare Tenten con una fulminea mossa di karate ogni volta che le veniva in mente un idiozia, ma almeno poteva risparmiarsi di infradiciarsi come un pulcino. Salve secondo bagno della giornata, pensò avvilita. Mentre era immersa in questo pensiero, qualcosa di morbido le calò sulla faccia, oscurandole la visuale. Sorpresa, prese un lembo del tessuto e se lo tolse dagli occhi. Era una felpa. “ Su, vado a prenderti qualcosa di asciutto, pasticciona” rise Tenten in maglietta e lei fu sicura che le dava particolare soddisfazione ricambiarle il nomignolo “ Per adesso usa quella per asciugarti un po’” Hinata spostò un paio di volte lo sguardo dalla ragazza alla felpa e viceversa, poco incline a credere che quella che Tenten gli avesse detto di usare come asciugamano la sua preziosissima maglietta da palestra. “ Ma che scherzi? Prendo un asciugamano” si schermì imbarazzata, facendo per restituirgliela, ma Tenten incrociò le braccia sul petto, irremovibile. “ Uff, che noia” Le prese con poca grazia la felpa dalle mani e gliela buttò in testa. “ Per una volta non fare storie” la rimproverò seccata. “ Ma io….“tentò di dire Hinata, ma Tenten le mise una mano sulla testa per azzittirla. Hinata tacque all’istante. Quel gesto…. Tenten non si accorse del suo turbamento “ Ecco perché non capisco perché nessun uomo ti si fili di pezzo, povera Hinatuccia, buona come un pezzo di pane” disse, mettendosi una mano sulla fronte con fare melodrammatico. A quella affermazione Hinata si riebbe, come se avesse ricevuto un’altra secchiata d’acqua, ed arrossì furiosamente. Non bastava Tsunade, ora ci si metteva anche la sua migliore amica ad asfissiarla. Ma a nessuno passava solo lontanamente per la testa che lei stesse bene cosi come stava? La sua replica venne però prontamente stroncata dalla velocità con cui Tenten si diresse verso il bagno. “ Aspetta lì e non prendere freddo, vado e torno” si raccomandò premurosa, prima di sparire dietro la soglia. “ M-mica sono una bambina, lo so” rispose Hinata, cercando inutilmente di simulare un tono acido. La risata allegra della mora la imbarazzò più di non quanto fosse già. L’aveva sentita. Con un sospiro afflitto, si lasciò cadere su una sedia e prese a tastarsi i capelli fradici con la felpa ormai convertita ad asciugamano part-time, cercando di asciugarli almeno un po‘. Ma guarda cosa le toccava fare. E pensare che sperava di riposarsi un po’. Qualcosa di umido le premette contro la mano. Abbassò lo sguardo e le sue labbra si allargarono in un sorriso intenerito. Akamaru la fissava con i suoi grossi occhioni da cuccioli, tenendo stretta tra le mascelle la ciotola ormai vuota, o sarebbe stato meglio dire, cosi pulita da potercisi specchiare. Stranamente sembrava molto più carino e docile del solito. Solo quando ti è comodo, vero?, pensò Hinata, sospettosa. Come si dice, l’occasione fa l’uomo, in questo caso il cane, ladrone. E questa lezione il cagnetto sembrava averla capita fin troppo bene. Facile l’associazione “fare il ruffiano” con “cibo gratis”, soprattutto se si è un pozzo senza fondo travestito da palla di peli. Hinata decise di chiudere un occhio per una volta. “ Accidenti, sei davvero affamato, eh ?” rise, divertita. Prese la scatola e la rovesciò sulla ciotola. Con grande scorno di Akamaru però, scesero solo pochi rimasugli. Un bau bau indignato invase la cucina, seguito da digrigni furiosi. Hinata osservò con una punta di vago sconcerto il suo cucciolo piccolo e carino intento a sbranare nel modo più truculento possibile la sventurata e indifesa scatola di cartone, rea confessa di vuotaggine e affamamento colposo. Un documentario che aveva visto recentemente su una gazzella catturata da un branco di leoni le si riaffacciò fortissimo alla mente. La scena era praticamente uguale. “ Tenten” chiamò con il suo solito tono di voce basso, ma non abbastanza da sfuggire dalle orecchie allenate dell’amica. In risposta giunse un borbottio interrogativo. “ Potresti prendere un’altra scatola di croccantini? Li trovi nel terzo cassetto dello scaffale a destra della televisione” Altro grugnito. Hinata lo interpretò come un assenso e, dopo aver raccattato i pezzetti della precedente scatola, si mise in paziente attesa. Per ingannare il tempo, cominciò ad accarezzare Akamaru, passando le dita tra il suo folto pelo, mentre il cucciolo, apparentemente calmo dopo lo sfogo, si beava di quelle carezze, inarcando il collo e guaendo contento. Forse pensava fosse un tentativo per farsi perdonare di averlo lasciato a stomaco vuoto. Quasi vuoto. “ Però, che disordine che c‘è qui” commentò ad un tratto la voce ovattata di Tenten dall’altra stanza. Hinata inarcò un sopracciglio, scettica. Disordine? Ma se si era fatta in quattro per pulire tutto prima di andare al lavoro. “ Sicura di non aver bevuto troppo?” scherzò, sicura che la stesse prendendo in giro. “ Ehi, sono a dieta, solo tre bicchieri di vodka al giorno” Hinata rimase leggermente stranita da quella risposta “ Ehm, scusa, scherzavo” “ Io no, però, qui è tutto sottosopra!” La voce di Tenten le arrivò mescolata ad un tramestio sospetto, come di un mucchio di oggetti che viene spostato. Ci fu un attimo di silenzio “ Servirebbe proprio un uomo qua dentro, almeno ti ricorderesti di mettere in ordine” Ridacchiò, pensando alla comicità del momento. Tenten, la reginetta incontrastata del disordine peloso, che veniva a dire a lei di essere più ordinata. Era un fatto da segnare sul calendario come minimo, insieme a tutti i suoi consigli. Se doveva migliorare la pulizia allora un uomo di sicuro non avrebbe…. Hinata saltò in piedi di scatto, gli occhi sgranati, facendo quasi prendere un colpo ad Akamaru per la sorpresa. In una drammatica serie di immagini si vide passare davanti tutti i fatti della mattinata. Lei che si svegliava; lei che andava al lavoro; lei che camminava con la testa tra le nuvole; lei che si scontrava con il ragazzo biondo. Il ragazzo biondo! Naruto! “ AAAAAARGH!!!!!” I peggiori sospetti di Hinata e il secondo infarto di Akamaru trovarono solida conferma nel terrificante urlo di dolore proveniente dal salotto. Non di Tenten. Era una voce maschile. E Hinata seppe all’istante a chi apparteneva. Lasciando Akamaru a riprendere pieno contatto con la realtà, si precipitò in salotto e rimase impietrita nel vedere la sua cara amica Tenten sul punto di massacrare a colpi di sedia un terrorizzato Naruto che tentava disperatamente di non farsi fracassare il cranio, usando la poltrona come rifugio. Dopo di ciò Hinata notò il totale caos che regnava nella stanza. Un enorme mucchio di pacchi e pacchetti vuoti si innalzava in una puzzolente montagnola accanto alla poltrona e al suo fianco una poltiglia giallognola calpestata più volte spuntava da un cartone da pizzeria accartocciato. Ovunque c’erano macchie di fango, una delle due lampade galleggiava penosamente in una pozza melmosa al centro del tappeto e i cassetti della credenza erano tutti aperti e il loro contenuto era sparso un po’ ovunque. Il tutto era allegramente coronato dal televisore da cui schizzavano tante scintille e sembrava una bomba sul punto di esplodere. Tenten e Naruto interruppero il loro scontro al sentire un urlo strozzato e si voltarono all’unisono verso Hinata, la prima ancora infuriata e il secondo spaventato a morte. La ragazza guardava la scienza con occhi vitrei, mentre vari pensieri le si accavallavano in testa a raffica. Il salotto era devastato. Per colpa della luce spenta non se ne era accorta. La sua migliore amica stava per uccidere un uomo in casa sua, ovvero Naruto, il ragazzo conosciuto in mattinata. C’era un uomo in casa sua. Fatte queste semplici considerazioni, Hinata svenne. Quando, molto più tardi, riprese conoscenza, la prima cosa di cui si rese conto fu il calore. Un tepore caldo e accogliente la riscaldava da capo a piedi, avvolgendola in un silenzio vacuo. Tutti i rumori le arrivavano ovattati come echi lontani, cullandola dolcemente. Si rese conto di essere sdraiata su qualcosa di morbido. Ancora mezza addormentata, strinse la mano e sentì le lenzuola incresparsi appena fra le dita. Evidentemente dovevano averla messa a letto. Con un sospiro, afferrò il lembo della coperta e se lo tirò sul petto in cerca di ancora più calore. Non gli andava di muoversi. Era cosi bello lì. Nel torpore del dormiveglia i pensieri si facevano confusi e si spezzavano in immagini intrise di sensazioni raminghe che la accarezzavano dolcemente, riportandole alla memoria ricordi senza identità. Un lieve sorriso le increspò le labbra. Se fosse stato possibile, sarebbe rimasta per ore in quella silenziosa incoscienza. Una lievissima corrente fredda le sfiorò il volto, spezzando il suo idillio. Infastidita, si agitò nel sonno nel vano tentativo di sfuggirle. Sparì per un istante, ma subito dopo tornò ad accarezzarle la guancia. Hinata socchiuse gli occhi, curiosa e impaziente di vedere cosa non la facesse dormire in santa pace. Si ritrovò a contemplare il viso di Naruto a dieci centimetri dal suo naso. Il petto di Hinata si gonfiò come un pallone aerostatico. Il secondo dopo emise l’urlo più terrificante della sua esistenza, scattando contemporaneamente a sedere e tirando cosi al povero Naruto una spaventosa testata che lo proiettò dall’altra della stanza in un volo a dir poco olimpionico, dove si accasciò senza un gemito. Con la furia di un uragano Tenten irruppe nella stanza. “ Che succede qui?” urlò, correndo al fianco della ragazza che respirava affannosamente senza riuscire ad articolare un pensiero coerente. Hinata cercò di dare una risposta, ma aveva la lingua incollata e la gola completamente secca. Il cuore le martellava nel petto e sentiva di poter svenire da un momento all’altro. Tutto quello che riuscì a fare fu alzare un dito tremante verso Naruto. Il ragazzo, che era appena riuscito a rialzarsi, fu prontamente raggiunto e ributtato al tappeto da un calcio preciso e vendicativo. “ Ahio, ma perché?” si lamentò il malcapitato, tenendosi la testa dolorante. “ E hai anche il coraggio di chiederlo? Maniaco!” sbraitò Tenten, agitandogli un pugno contro “ Che volevi fare a Hinata?” chiese furiosa, avvicinandosi alla povera ragazza che si era nascosta dietro le coperte per la vergogna. “ Ehi, calma” protestò Naruto, rialzandosi in piedi a fatica “ Volevo vedere solo se si era ripresa, non facevo niente di male” “ Si, raccontala a qualcun altro, pervertito!” gridò Tenten ormai certa di avere a che fare con un malintenzionato. Scattò in piedi e cercò di colpirlo con un altro calcio, solo per essere schivata da un abile scarto del ragazzo. “ E io che pensavo fossi uno in gamba” disse furiosa. Lo aveva riconosciuto subito come il ragazzo che aveva scacciato quella banda di teppisti dall’Ichiraku quella mattina. Si ripromise di non fidarsi mai più di nessuno che non avesse mostrato prima tutte le credenziali firmate e controfirmate. Erano quelli i momenti in cui la sua fiducia nell’umanità scendeva. Insomma, se non ci si poteva fidare di un praticante d’arti marziali, allora il mondo stava andando davvero a rotoli. “ No, aspetta, posso spiegare” tentò di giustificarsi Naruto, arretrando rapidamente. Possibile che tutti quelli che incontrava tentassero di ucciderlo? Tenten non sembrò neanche sentirlo “ E hai ridotto pure tutta la casa a un porcile!” disse, furibonda. “ Ma Hinata mi aveva detto di fare come se fossi a casa mia e io a casa mia vivo cosi” “ E allora tornaci!” Tenten stava per attaccare ancora, quando una vocina appena udibile, ma insolitamente carica di decisione, la fermò: “ A-aspetta, Tenten” disse Hinata, mettendosi mezzo tra i due litiganti. Arrossì come un pomodoro, appena gli sguardi di entrambi si posarono su di lei. Con le guance cosi rosse da far sembrare che avesse due pomodori in faccia e lo sguardo incollato al pavimento, venne fuori molto lentamente dalla matassa informe delle coperte e si fermò in piedi vicino a Tenten. “ Ecco” cominciò, cercando le parole adatte. L’espressione sconcertata, terrorizzata e felice insieme che apparve sul viso di Tenten, la spinse a una veloce spiegazione. Conoscendola, chissà cosa stava già andando a pensare quella pazza. “ Tenten, questo è Naruto, l’ho conosciuto oggi e, dato che non sa dove abitare, l’ho invitato a vivere qui” spiegò tutto di un fiato. Man mano che parlava, si rese finalmente conto di quello che aveva combinato, invitando quel tipo in casa sua. Ma era scema o cosa? Tenten ascoltava la spiegazione con sguardo ebete. Se qualcuno in quel momento avesse guardato dentro la sua testa, avrebbe visto tante belle pecorelle che zompettavano allegre nel cranio vuoto. “ Naruto, questa è Tenten, la mia miglior amica da quando mi sono trasferita qui ad UnderCity, tre anni fa” continuò Hinata, sperando con tutto il cuore che Tenten non fosse regredita allo stato vegetale per lo shock. “ Piacere?” azzardò Naruto, tenendosi cautamente a distanza. Non si fidava troppo di quel improvvisa immobilità, perciò preferì mantenere la guardia alta. Calò un istante di silenzio, intervallato solo dai boccheggi di Tenten che apriva e chiudeva la bocca nel tentativo di dire qualcosa o, forse, aveva perso definitivamente la sanità mentale e adesso credeva di essere un pesce palla. Mosse un esitante passo verso Naruto, le braccia tremanti tese come se volesse strozzarlo. “ Ehm, che vuole?” chiese il ragazzo, poco sicuro di cosa volesse dire quel cambiamento improvviso. Quella scena gli ricordava troppo i film di zombie in cui il protagonista finiva sventrato, mangiato e cose del genere. Indietreggiò di qualche passo, giusto per sicurezza. “ Tenten?” chiese Hinata, temendo qualche altra reazione violenta. Tenten non sembrò nemmeno sentirla, anzi, ad aggravare la sua immagine si aggiunse il fatto che cominciò a farfugliare cose senza senso. “ T-t-tu-tu” balbettò, puntando il dito contro Naruto; si bloccò un istante, poi, senza preavviso, si gettò al collo del povero ragazzo, stritolandolo in un abbraccio spezzafiato “ Tu sei un miracolo vivente” strillò, con le lacrime agli occhi per la contentezza. “ Aiuto, non respiro” disse Naruto con un filo di voce e gli occhi che minacciavano di schizzargli via dalle orbite. Ma era possibile che nessuno avesse ancora provveduto a rinchiudere quella pazza in qualche manicomio? “ Tenten, per favore” supplicò Hinata, non sapendo se essere sollevata o terrorizzata dalla piega che aveva preso tutta la faccenda. “ Finalmente, finalmente” disse Tenten, lasciando andare il povero Naruto che ormai aveva assunto una delicata colorazione porpora. Si gettò su Hinata, prendendole le mani tra le sue “Finalmente qualcuno si è deciso a farti il filo e sei stata proprio tu a farlo venire qui, è un miracolo!” Alzò le braccia e lo sguardo al cielo in un festoso ringraziamento a tutte le divinità possibili e immaginabili. Hinata ci mise qualche secondo a capire di cosa stesse intendendo la sua amica e quando ci riuscì due ben note chiazze rosse si accesero sulle sue guance. “ A-aspetta, Tenten, n-non è c-come pensi” tentò di spiegare, ma ormai Tenten era inarrestabile. Tutta immersa nei suoi film mentali, la abbracciò, strattonandola come una bottiglia di sciroppo e ridendo a più non posso. Hinata vide il mondo svanire in un girare confuso e trattenne a stento un conato. Quando rimise i piedi per terra era troppo disorientata per capire cosa le stesse urlando in faccia Tenten, perciò si limitò ad annuire. Vide un sorriso a metà tra l’incredulo e il radioso apparire sul volto della ragazza che si voltò verso Naruto e disse qualcosa che non riuscì a comprendere, subito approvata da un entusiastico cenno d’assenso del biondino. Con la testa che girava come una trottola, Hinata continuò ad annuire. Non sapeva di aver appena accettato di andare in uno dei posti che odiava di più al mondo e in cui aveva giurato di non rimettere più piede. La discoteca di Oto.
Ecco la versone riveduta e corretta del capitolo. Non ho potuto aggiungere la parte finale in cui si vedevano le reazioni della mafia al pestaggio di quel povero cristiano di Matthew e dei suoi compari per via di alcuni problemucci in famiglia, adesso non sto ad annoiarvi, comunque ci sto lavorando e la aggiungerò nel prossimo, che a questo punto sarà più lungo. In questo si è visto il primo momento della convinvenza tra Naruto e Hinata, che come potete vedre, non è stato per niente tranquillo, con in mezzo quella pazza i Tenten....aaah, quanto mi diverto a mettere quei due insieme!! Direi che a questo punto è d'obbligo un ringraziamento a Yue e alla Bossah per tutti i bei commenti che mi lasciano. Ecco per voi tre rime: GATTO-FATTO CUORE-TRATTORE FOGLIO-VOGLIO Tre rime esatte^^ Stop alle telefonate e via i commenti! A voi la parola! Fatemi pure a pezzi!
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