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StrahlNight - Istituto di formazione per vampiri

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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 10/5/2010, 16:07




Finalmente trovo il tempo di aggiornare, chiedo scusa per il ritardo ^^''
Spero che, anche se è ancora un capitolo di collegamento, non sia così noioso.

CAPITOLO 7 - Sospetti




L’ora di Barma trascorse con una lentezza a dir poco allucinante e all’insegna del “regno del terrore” per chiunque non prestasse la sua totale ed incondizionata attenzione all’interrogazione che ben cinque poveracci stavano conducendo, tra l’altro in modo disastroso.
Barma non era molto transigente durante le prove orali: le domande erano complesse e richiedevano una proprietà di linguaggio che nessuno aveva, salvo i furbi che si esercitavano per ore, anche con l’ausilio del dizionario, a ripetere e ripetere e ripetere capitoli interi del libro di testo e ragionamenti che, nella maggioranza dei casi, neppure riuscivano a cogliere in pieno.
I cinque furono mandati a posto con un’occhiata di disgusto da parte dell’insegnante, che si premurò di elencare le lacune e addirittura gli errori dell’esposizione di ciascuno con ineccepibile cura, come se da ogni sbaglio dei suoi alunni traesse la forza per continuare a vivere e insegnare.
Sì, era evidente che provasse una soddisfazione immensa nel distruggere l’ego dei suoi poveri studenti.
Le vampire erano le uniche realmente “a loro agio”: quella parte del programma di Filosofia loro l’avevano già studiata.
Nonostante provenissero da famiglie diverse, anche se imparentate, a causa del lavoro dei loro genitori erano state affidate tutte e tre alle cure di una tutor, la quale, dopo numerosi tentativi, era riuscita a convincere il corpo docenti dello StrahlNight a far sostenere alle “sue ragazze” l’esame d’ammissione.
- Così avrete modo di formarvi in modo più completo di quanto possa fare io - aveva spiegato loro, quando le aveva informate della cosa.
Quella parte di Filosofia che avevano già fatto, l’avevano studiata con la loro tutor, Vivianne, una vampira dalle spiccate doti intellettuali che le aveva accudite come fossero figlie sue.
- Siete qualcosa di assolutamente riprovevole. Non riuscite a mettere in fila più di due parole che abbiano tra loro un senso logico. Non riesco a pensare ad un modo abbastanza efficace e incisivo per esprimere il mio disappunto. Come potete anche solo sperare di superare il corso di Filosofia se devo anche insegnarvi a parlare correttamente? -.
Oz avrebbe voluto sprofondare dieci metri sotto terra.
Sarebbe stato molto più piacevole che sentirsi offendere in modo tanto pacato e per questo più profondo.
Insomma, non era come gli antichi oratori romani, però sapeva parlare! E come lui anche altri.
Non c’era bisogno di offendere gli studenti perché alle sue interrogazioni non riuscivano ad esprimersi secondo il suo concetto di “corretta esposizione”: già la sua materia era complicata, poi anche lui spiegava in termini che il più delle volte dovevano segnarseli e andare a cercarli sul dizionario a fine lezione. Se poi pure pretendeva la perfezione nell’esposizione, allora era naturale non aspettarsi granché, ma lui era Rufus Barma, quindi era nella sua natura pretendere il massimo della sua perfezione, anche se impossibile da raggiungere per degli studenti.
Mentre Oz stava per collassare sotto il monotono soliloquio dell’insegnante, e come lui pure qualche altro, la campana che annunciava la fine della lezione squillò, con immenso sollievo da parte di tutti quanti, la maggior parte dei quali rivolsero a quell’oggetto molte e profonde preghiere di ringraziamento.
Barma uscì dall’aula con il suo solito portamento altezzoso, rivolgendo ai suoi studenti un ultimo “arrivederci” dalla porta.
- Finalmenteeee! - esclamò Oz.
- Io non so te, ma un giorno o l’altro quello lo faccio fuori! Non può darmi dell’ignorante e passarla liscia così!!! - ringhiò Edward.
- Fallo! - lo supplicò il Bezarius.
- Puoi scommetterci -
- Buongiorno! -.
L’insegnante dell’ora dopo entrò nell’aula e tutti quanti ritornarono ai propri posti.
Lezione di Matematica, tenuta da nientemeno che il professor Light Yagami, un altro su stampo Barma, ma che non si divertiva a distruggere l’ego delle persone, e questo senz’altro contribuiva a farlo risultare ben più gradito dell’altro.
Come al solito, indossava l’uniforme del corpo docenti, tenuta in modo impeccabile; i capelli castani pettinati e ordinati secondo il normale e lo sguardo che prometteva una lezione severa.
Sempre meglio calcoli e equazioni che cercare di capire ragionamenti filosofici: almeno in Matematica c’erano leggi che dovevi seguire sempre e comunque.
La lezione iniziò come di consueto con l’appello.
Durante questo, il docente si soffermò anch’esso pochi attimi sui nomi delle nuove studentesse, poi, una volta finito, chiese loro fino a che punto del programma erano arrivate.
Più o meno erano in concordanza con quello cui erano arrivati loro.
Mentre la lezione iniziava, Fiamma iniziò a ripensare a ciò che le era accaduto in corridoio solo un’ora addietro: il ricordo di quella donna spettrale e insozzata di sangue ancora la perseguitava.
Quegli occhi rossi erano fissati a fuoco nella sua mente, come le lacrime sanguigne che aveva improvvisamente iniziato a versare.
E... come faceva a sapere il suo nome?
Lei, ne era più che certa, quella donna non l’aveva mai vista.
Inoltre, c’era il fatto che Oz e Emily, nonostante la sconosciuta fosse dinanzi a lei, a pochi centimetri dal suo viso, loro non l’avevano vista.
Come era possibile?
Era forse stata veramente un’allucinazione?
- Signorina Drakon! Le spiacerebbe prestare un po’ della sua attenzione alla lezione?! -.
Il richiamo dell’insegnante la distrasse dalle sue preoccupazioni.
Notò che tutti quanti si erano girati a guardarla, perplessi.
Si affrettò ad assumere un’espressione meno sorpresa.
- Perché non viene a svolgere l’esercizio? - la chiamò Light.
Si alzò e attraversò l’aula a passo deciso, senza mostrare un briciolo di timore: sarebbe stata la via più breve perché tutti pensassero di poterle mettere i piedi in testa.
Arrivata alla lavagna, afferrò il gessetto che le porgeva l’insegnante e si mise tranquillamente a svolgere l’esercizio, che tra l’altro aveva già avuto modo di fare con la sua tutor.
Appena l’ebbe finito, si volse a fissare il professore, il quale guardava scioccato la lavagna: non si era neppure accorta che quello era l’esercizio che lui stava per spiegare, ma aveva saputo risolverlo brillantemente e senza fare un fiato.
Lei continuò a tacere, finché Light non comprese che stava aspettando che lui parlasse e le desse il permesso di tornare al suo banco.
- Vai a posto - disse.
Fiamma eseguì, seguita dagli sguardi di alcuni che, come il professore, si erano resi conto che l’esercizio non era ancora stato spiegato.
Se ne tornò a posto con un portamento naturale e rigido al tempo stesso che la faceva sembrare più... inavvicinabile, selvaggia.
Insomma, un elemento pericoloso.
In effetti, in parte era l’impressione che lei per prima voleva dare di sé stessa: odiava venir considerata inferiore solo per il fatto di essere una donna anche da chi non riteneva affatto superiore a lei.
E l’unico modo per potersi guadagnare del rispetto, per lei, era dimostrarsi pericolosa a tutti coloro che avrebbero voluto metterle i piedi in testa.
Pareva funzionare, o almeno, fino a quel momento aveva funzionato.
La lezione riprese tranquillamente e Fiamma si concesse un ultimo pensiero allo stranissimo e inquietante incontro della mattina, prima di rivolgere tutta la propria attenzione all’insegnante.
Quando la campanella squillò e l’insegnante si congedò dalla classe, Edward si rivolse al compagno di banco, che stava prendendo i libri per la lezione successiva.
- Ehi, Oz -
- Sì? Che c’è? - chiese il Bezarius, rivolgendo all’amico uno sguardo perplesso e incuriosito.
- Non ti sembra che Fiamma sia stranamente... distratta? Forse è solo un’impressione... ma sembra con la testa altrove... -.
Oz abbassò lo sguardo sul piano del tavolo, assorto: che stesse ancora pensando a quella cosa accaduta prima delle lezioni?
Effettivamente, gli era parsa vagamente distratta anche a lui, nonostante non le avesse prestato poi tante attenzioni.
Avrebbe dovuto parlarne con Edward? Sarebbe stata la cosa migliore, così avrebbe potuto sentire anche la sua opinione in merito.
- Può essere... - esordì il ragazzo - ... vedi, prima di venire in classe, io ed Emily siamo tornati a vedere come stava, se aveva bisogno d’aiuto, e... - s’interruppe, incerto su come procedere.
- E...? - lo incalzò l’altro.
- ... e, be’... parlava di una donna che a quanto sembrava era con lei, nonostante fosse sola nel corridoio... mi è sembrata parecchio sconvolta... - spiegò Oz.
Edward lo fissò alcuni istanti, perplesso.
- Una donna...? - chiese infine.
L’altro annuì.
- Ma lei e le sue cugine sono le uniche femmine di tutto l’istituto... -
- Sì, infatti è strano. E poi era completamente sola. Che pensi che sia? - domandò Oz.
- Mmh... non saprei... - iniziò l’altro, assorto, gli occhi del compagno fissi addosso - Potrebbe essere soltanto un’allucinazione... - azzardò.
- È quello che le ho detto anche io, ma lei sembra non esserne così convinta... - obiettò il Bezarius.
In quel momento entrò l’insegnante di Lingue, interrompendo il discorso.
- Ci penseremo più tardi - promise l’Elric, spostando poi lo sguardo sul professore.
Questo si era già sistemato dietro la cattedra e fissava la classe con sguardo serio, come suo solito.
I capelli scarmigliati e neri gli coprivano la fronte e in parte anche gli occhi, neri anch’essi, circondati da occhiaie ben evidenti; di un pallore allucinante anche per un vampiro, stava rannicchiato sulla sedia con le ginocchia ripiegate verso il petto.
Era eccentrico senz’altro, il professor Lawliet, ma era anche incredibilmente bravo nella sua materia, dannatamente: riusciva a parlare inglese, francese, tedesco e spagnolo senza sbagliare neppure una pronuncia né una parola.
Parlava spigliatamente, come fosse consuetudine, per lui, parlare in straniero.
Si soffermò ad esaminare con particolare attenzione le ragazze e le fece presentare in ciascuna lingua che conoscevano: tutte e tre in inglese, poi Fiamma in francese, Emily in spagnolo e Amethyst in tedesco.
Se non altro avrebbero potuto darsi una mano a vicenda con le lingue che mancavano loro.
Dopo Lingue fu nuovamente il turno di Letteratura.
Oz, in quelle due ore, continuò ad osservare di soppiatto Fiamma, cercando di cogliere nel suo modo di porsi o nella sua espressione un qualsivoglia cenno di cosa stesse pensando, inutilmente: il suo sguardo era impenetrabile e stava seduta compostamente, come aveva fatto nelle ore precedenti.
Niente di anomalo da poter lasciar trapelare indizi, sfortunatamente.
Avrebbe potuto continuare ad osservare quegli occhi anche tutta la notte, se voleva, ma non ne avrebbe cavato niente.
Quando la campana suonò, Edward si alzò.
Allo sguardo interrogativo del compagno, si limitò semplicemente a rispondere: - Musica -.
Quella semplice parola bastò a far alzare Oz, il quale si diresse verso il tavolo delle ragazze, le quali erano ancora sedute in mezzo agli altri alunni, che si stavano avviando alla porta.
- Che succede? - chiese Amethyst, non appena il Bezarius fu a portata d’orecchio.
- Dobbiamo andare all’aula di Musica - spiegò semplicemente il vampiro, sorridendo.
Fiamma e Emily si scambiarono un’occhiata.
- Ma non viene il professore? - domandò la rossa.
- No: per le ore di Musica le varie classi dello stesso anno vengono mescolate... e poi nell’aula ci sono gli strumenti. Non si può fare qui - spiegò Edward, sopraggiunto alle spalle di Oz.
Sul viso di Emily si dipinse istantaneamente un’espressione estatica.
- Strumenti? - chiese, in cerca di una reale conferma.
- Certamente. A Musica si fa soprattutto pratica. Principalmente ci esercitiamo nel suonare, però alcune volte il professore ci fa provare a suonare come un’orchestra, con alcuni che cantano - aggiunse Alphonse.
- Andiamo! - esclamò la vampira, alzandosi.
Fiamma sorrise, imitandola; Amethyst si alzò e si avviò verso la soglia, seguita dagli altri.
Pride attendeva fuori della porta, in disparte.
Appena gli altri furono usciti, lui si accodò al gruppo, camminando al fianco di Alphonse.
- Tu Pride che strumento suoni? - chiese Emily, entusiasta dell’imminente lezione.
Il vampiro si prese qualche istante per rifletterci, prima di rispondere: - Il flauto traverso -.
- Bello! - esclamò la biondina, sorridendo allegramente.
Oz era anche lui in estasi, ma per un motivo totalmente differente da quello della ragazza: il vederla così eccitata lo esaltava oltremodo.
Cercava di non manifestarlo in modo troppo evidente, ma per chi, come Edward, era sempre a stretto contatto con lui, era in qualche modo estremamente palese quel suo entusiasmo.
Seguiva Emily senza perderla di vista un solo istante, come se da quel contatto visivo dipendesse tutta la sua vita.
Era una maniera senz’altro particolare di mostrare interesse verso qualcuno, ma se lo rendeva felice, Edward non aveva niente in contrario: finalmente aveva trovato qualcuno con cui soddisfare le sue tendenze decisamente eterosessuali.
Avrebbe perlomeno smesso di lamentarsi sotto quel punto di vista, cosa che non gli dispiaceva affatto.
- E tu, Oz? Tu che strumento suoni? - chiese all’improvviso Emily, rivolta al biondino.
Fu senza dubbio esilarante la reazione sorpresa di quest’ultimo a quella domanda: dapprima la fissò perplesso, poi avvampò improvvisamente d’imbarazzo e tacque.
La vampira lo fissò, incuriosita da quel silenzio.
- Oz non suona - gli venne in soccorso Alphonse, ridacchiando.
- Eh? Come? - domandò lei.
- Già - confermò Edward, accompagnando l’affermazione con un cenno del capo - Lui canta -.
Oz arrossì ancora di più sentendo l’attenzione della vampira puntata su di sé.
- Davvero? - chiese.
Lui annuì, puntando gli occhi un po’ ovunque, tranne che su di lei.
- Be’, ma è bello! - esclamò Emily.
- Lui fa parte del coro insieme con qualche altro - continuò Pride.
- Invece noialtri suoniamo e basta, ma non siamo niente di eccezionale... tranne Pride. Lui fa scintille al flauto traverso, eh? - esclamò Edward, ammiccando in direzione dell’altro, il quale si affrettò a distogliere gli occhi.
- Comunque vi troverete bene: il professore non è severo - riprese Alphonse.
- Menomale: qui non siamo tutti geni musicali... - esclamò Fiamma, a disagio.
- Voi due che cosa sapete suonare? - chiese Edward.
- Io suono il pianoforte a coda - disse la rossa.
- La viola - aggiunse Amethyst.
- Siamo arrivati - esclamò Pride, fermandosi in mezzo al corridoio, dinanzi ad una porta, che tra l’altro era già aperta.
Dall’interno proveniva un confuso chiacchiericcio, segno che gli altri studenti erano già arrivati.
Entrarono: gli alunni erano sparsi qua e là per l’aula, raggruppati a chiacchierare fra i vari strumenti, che Emily si prese cura di esaminare con entusiasmo.
Alla loro entrata, tuttavia, seguì un silenzio di tomba, mentre tutti gli occhi si puntavano sulle tre vampire.
Almeno in quel frangente, Emily parve non curarsene minimamente, troppo occupata a contemplare gli strumenti musicali per pensare a qualsiasi altra cosa.
L’occhiataccia che rivolse Fiamma alla platea bastò a far riprendere le ciarle.
- Noi che facciamo? Il professore dovrà assegnarci gli strumenti, suppongo... - esclamò, rivolta ad Alphonse.
- Ah, be’... suppongo di sì... credo... - rispose lui, colto di sorpresa dalla domanda.
- Ehi, Oz! -.
Un sopravvenuto si fermò vicino al gruppetto, salutando il Bezarius con un cenno della mano.
- Ah, Kaito! - replicò l’altro, sorridendogli.
Il vampiro aveva corti capelli blu e iridi del medesimo colore.
- Immagino siate le tre ragazze arrivate ieri... piacere, Kaito Shion - si presentò, sorridendo alle vampire.
- Fa parte del coro, insieme a Oz - spiegò Edward.
- Piacere mio, Emily - si presentò la biondina.
Anche le altre due si presentarono, ma in modo molto più stringato: non avevano in simpatia le presentazioni articolate.
- Ragazzi, coraggio, andate ai vostri posti -.
L’insegnante entrò in quel momento e tutti eseguirono, lasciando Emily, Fiamma e Amethyst da sole vicino alla porta.
Il professore aveva i capelli viola e lunghi fino alla vita, tenuti raccolti da una coda alta fermata con un fermaglio decorato con un paio di bacchette legate da una catenella.
Sotto l’occhio destro aveva tatuata una fiammata verticale viola che gli arrivava fino allo zigomo; gli occhi erano di un viola intenso, più scuro di quello dei capelli.
Era oltretutto muscoloso, come ben mostrava l’uniforme del corpo docenti.
- Voi suppongo che siate le tre nuove alunne. Io sono Gakupo Kamui, il docente di Musica del vostro corso - si presentò, in tono educato e formale.
Le tre si presentarono a loro volta, quindi il professore s’informò delle loro conoscenze musicali, per poi assegnare a ciascuna uno strumento e un posto nella classe: Amethyst andò nel gruppo delle viole, Fiamma fu messa al pianoforte a coda, che fino a quel momento non era stato ancora assegnato a nessuno, Emily, invece, fu messa tra i violinisti.
L’ora passò velocemente e, prima di quanto ciascuno si aspettasse, la campanella che ne annunciava la fine squillò.
Emily fu l’ultima ad uscire dall’aula, a malincuore.
- Uffa...! Perché la lezione è già finita? Non è giusto! -
- Dai, Lily non fare così. Non hai fame? - esclamò Fiamma, sorridendole.
Era solita chiamare la cugina Lily solo quando era particolarmente di buon umore, cosa che non accadeva esattamente tutti i giorni.
- Io volevo suonare ancora! - continuò Emily, infantilmente imbronciata.
Oz s’incantò ad osservarla: con quell’espressione era carina oltre ogni dire.
- Non preoccuparti per questo - soggiunse Alphonse, alle spalle del Bezarius - L’aula di Musica è accessibile anche fuori l’orario di lezione. Diversi alunni più grandi la usano dopo la cena, prima del coprifuoco - spiegò.
- Davvero? -
- Sì, certo -
- Evviva! Allora potrò tornare più tardi! -.
Con quel clima d’allegrezza che vigeva tra di loro, il gruppetto si mosse compatto verso la mensa, chiacchierando con leggerezza del più e del meno.
In mensa si ricongiunsero con Gilbert e Vincent, assieme ai quali consumarono la cena.
Quando arrivò il momento di far ritorno al dormitorio, di comune accordo decisero di andare tutti assieme.
- Allora, Emily, quando hai intenzione di andare all’aula di Musica? - chiese Alphonse all’improvviso, mentre attraversavano un corridoio praticamente deserto.
- Già, devo andare! - esclamò la biondina, fermandosi - Quanto manca all’alba? - domandò poi.
- Non così poco, vai - la rassicurò Fiamma.
- Allora, ci si vede! -.
Si volse e corse via allegramente.
- Si vede proprio che le piace tanto suonare... - commentò Alphonse, sorridendo.
- È cresciuta in mezzo alla musica - replicò pacatamente Fiamma.
- Forza, andiamo - esortò Gilbert.
Fu nell’attimo in cui si volsero che l’acuto grido di panico della biondina li raggiunse, spezzando la quiete che vigeva nel corridoio.
- È Emily...! - gridò la rossa, voltandosi.
Amethyst era già corsa dietro alla cugina, al seguito, pochi istanti dopo, il resto del gruppo.
La videro ferma all’imboccatura di un andito più stretto, secondario, impassibile come sempre.
- Amethyst, che è...? - fece per chiedere Edward, ma quando tutti giunsero alle spalle della vampira dallo sguardo di ghiaccio, compresero perfettamente perché si fosse fermata lì.
 
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Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 11/5/2010, 13:22




ARGH! NON ME LO CONCLUDERE COSìììì!!
Bel capitolo, il finale è troppo in sospeso...°____°
Light e L...ci volevano! XD
E...Vocaloid?
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 11/5/2010, 16:04




I Vocaloid sono un gruppo di sintetizzatori vocali giapponesi che hanno l'aspetto di personaggi degli anime/manga.
Dato che mi serviva qualcheduno che facesse il prof di Musica, chi meglio di un sintetizzatore vocale? XD
Per il prossimo capitolo... vedrò di non far attendere molto, ma non posso promettere niente ^^'
 
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Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 11/5/2010, 20:28




Lo so cosa sono i Vocaloid...dicevo che è strano usarli in una fanfiction! XD In effetti, il tuo ragionamento non fa una piega! XDD
 
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Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 12/5/2010, 20:23




xDDDDDDDDD
Lo vorrei io un prof cosi...se facessi musica...xD
Quoto la BossaH! Non me lo puoi concludere cosiiiiiiiiiiiiii!!!!T___T
L e Light profeessori????O_o
La cosa e' lievemente inquietante...xD
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 29/5/2010, 17:53




Finalmente trovo tempo per aggiornare ^^''
Chiedo venia per il ritardo mostruoso e passo subito al capitolo.

CAPITOLO 8 - Immolato




- C-che cosa...? - esalò Oz, scioccato e orripilato ad un tempo, facendo qualche lento passo avanti, ma Amethyst glielo impedì.
Fu lei a procedere per prima all’interno, che adesso somigliava più ad un mattatoio che ad un corridoio: ovunque c’era sangue di vampiro, sul soffitto, sul pavimento e sulle pareti.
Nessun angolo era stato risparmiato.
Dal modo con cui il liquido era schizzato, si poteva ipotizzare che fosse esploso un corpo.
Effettivamente, circa a metà dell’andito, sul pavimento, era rannicchiato quello che doveva essere il cadavere cui apparteneva tutto il sangue sparso in giro, del quale lui stesso era ricoperto.
Stava raggomitolato in posizione fetale, accucciato ai piedi della parete.
Emily era ferma a pochi metri di distanza, le mani sulla bocca in un’espressione a metà tra il sorpreso e l’inorridito.
Le tremavano le gambe e negli occhi stralunati era percepibile un terrore profondo, un orrore inesprimibile e scioccante.
- Emily! -.
Fiamma si fece largo tra i compagni e corse a sostenere la cugina, che le si afflosciò tra le braccia, in lacrime.
- Fiamma...! - esalò, tra i singhiozzi.
- Che cosa è successo? - le chiese garbatamente Gilbert, corso dietro all’altra.
Nel suo tono di voce era distinguibile una nota d’impazienza di sottofondo.
La biondina scosse il capo.
- N-non lo so... quando so-sono arrivata era... era... -.
Nuove lacrime e singulti le impedirono di terminare la frase, ma la parte mancante aleggiava nell’aria attorno a loro.
Gli altri che erano rimasti indietro si avvicinarono.
- Ehi, Gil guarda chi è! -.
La voce quasi allegra di Vincent richiamò l’attenzione di tutti: si era scostato un po’ dal gruppetto e si era avvicinato al cadavere, che osservava con vivo interesse.
- Chi è, Vince? - chiese suo fratello, spostandosi.
- Ma... quello è... è Envy! - intervenne Alphonse, allarmato.
- Questo era Envy: è stato praticamente maciullato vivo e il ventre è privo di organi - commentò Vincent, piegandosi sulle ginocchia per osservare meglio - No, non del tutto: c’è rimasta una parte di... -.
- Ti prego Vince, tieni la tua analisi per te - disse Gilbert, notando il pallore di Emily, innaturale anche per un vampiro.
Se suo fratello avesse proseguito il suo esame, era più che certo che la ragazza si sarebbe sentita male.
Amethyst si piegò vicino al biondo, osservandolo con il suo consueto sguardo freddo, ma anche con un rinnovato interesse.
- Hai studiato anatomia? - chiese.
Lui si volse verso di lei.
- Certo, sui cadaveri -
- Anche io... -.
E, in quell’attimo, Amethyst si sentì complice nei confronti di Vincent nel profondo e molto più vicina a lui di quanto avrebbe mai sperato prima.
In linea con quella sensazione del tutto nuova per lei, la vampira osò protendere una mano in cerca di quella di lui, che trovò e strinse delicatamente, cosa che venne piacevolmente ricambiata dal minore dei Nightray.
Si scambiarono un fugace sguardo d’intesa, prima che i loro occhi tornassero ad ispezionare il cadavere.
- C’è un tale fetore di sangue qui dentro...! - mormorò Oz, mettendosi una mano a coppa sul naso.
- Dobbiamo chiamare qualcuno - esclamò Edward, esaminando uno schizzo di sangue con fare piuttosto serio.
- Sì, un docente - puntualizzò Gilbert.
- Bene, bene... che sta succedendo qui ~? -.
Tutti sobbalzarono all’udire quella cantilenante voce allegra alle loro spalle e si volsero: Xerxes Break era immobile a pochi metri dietro di loro, in viso un’espressione allegra di cui non capivano affatto la ragione.
Come faceva a sorridere a quella maniera in mezzo a quel macello?
- Professore...! - disse Alphonse - Abbiamo trovato Envy così e... - cercò di spiegare, ma l’albino lo fermò con un cenno della mano.
In un istante mutò espressione in una seria e composta, che lo rendeva assolutamente irriconoscibile.
- L’avete trovato così, da solo? - chiese.
Fiamma sentì una strana fitta al petto alle parole “da solo” e notò che il docente aveva soffermato l’occhio su Emily.
No, non su Emily: su di lei.
Si sentiva terribilmente a disagio sotto quello sguardo indagatore, con il quale pareva che il vampiro volesse penetrarle nella mente e nell’anima.
Si affrettò a distogliere gli occhi.
- Sì... così... - esalò timidamente Emily.
Xerxes annuì.
- Credo che sia quasi l’ora del coprifuoco... è meglio che andiate -.
Con ciò, si scostò, appiattendosi lungo una parete, per farli passare.
I vampiri non attesero oltre e si diressero verso l’imboccatura del corridoio.
- Ah, signorina Drakon -.
Fiamma si fermò e si volse verso l’insegnante, che le rivolse un fugace sorriso.
- Forse lei e la signorina De Moon dovreste accompagnare vostra cugina in infermeria: mi sembra un tantino scossa... - aggiunse.
Le due vampire rimasero ferme alcuni attimi, perplesse.
- Sì... - replicò infine la rossa, riprendendo a camminare.
- Bene, bene... - sussurrò Xerxes, non appena il gruppetto di studenti si fu allontanato - ... e così adesso ti trovi qui dentro, in giro per la scuola... fuori controllo - sussurrò, piegandosi ad osservare il cadavere dello studente.
Sul suo viso si dipinse un’espressione dai tratti vagamente furbi e maliziosi.
- Interessante... -.

Il gruppetto procedeva unito lungo il corridoio che portava all’infermeria: dopo quello che avevano visto, i ragazzi si erano rifiutati in modo categorico di lasciar andare le tre da sole.
- E se capitasse a voi quello che è successo a Envy? Noi veniamo - aveva risposto con tono deciso Edward quando Fiamma aveva loro detto di tornare in dormitorio.
Erano arrivati a destinazione pochi minuti più tardi e si erano fermati innanzi alla porta.
- Allora... ci vediamo domani - disse la rossa, rivolta alla scorta.
- Certo - rispose prontamente Alphonse, rivolgendole un triste sorriso: la vista del cadavere aveva scombussolato tutti, e a ragione.
Anche la vampira tentò, inutilmente, di apparire più allegra.
- Amethyst, andiamo... - esclamò poi, rivolta all’altra, ancora tenacemente unita a Vincent per la mano.
Parve intristirsi nello spezzare quel contatto.
- Potrei rimanere io al suo posto - s’intromise Gilbert, notando l’impercettibile mutamento d’espressione della vampira - Così potrà stare ancora un po’ con Vince... - si affrettò a soggiungere quando lo sguardo inquisitorio e perplesso di Fiamma si posò su di lui.
- Oh... - sussurrò a mezza voce la rossa, lanciando un’occhiata di traverso alla cugina, che non la stava neppure guardando.
Decise che forse era meglio lasciarla con la sua nuova metà.
- Okay... - acconsentì.
- A domani! - esclamarono gli altri, avviandosi verso i dormitori, lasciando così da soli Gilbert, Fiamma ed Emily, ancora tra le braccia dell’altra.
- Okay, allora... entriamo -.
Gilbert, palesemente a disagio, si rivolse verso la porta e bussò.
Attese alcuni istanti, poi schiuse l’uscio e fece capolino all’interno.
- È permesso? - chiese.
- Mmh...? Avanti, avanti! - esclamò l’infermiere, andando all’entrata - Che cos’è successo? - domandò poi, quando i tre furono all’interno.
Fiamma e Gilbert si scambiarono uno sguardo.
- Ha subito uno shock in mensa, mentre due ragazzi... beh... - esordì il moro accennando ad Emily, lasciando volutamente in sospeso la frase, che parlava già da sé.
- Questi studenti non hanno il minimo pudore! Vieni cara... -.
L’infermiere sottrasse dolcemente la bionda alle braccia della vampira e la condusse via, verso l’altro lato dell’ampia stanza, dove erano allogati molti letti.
- Dove hai pescato una bugia simile? - mormorò la rossa in tono furbo.
- Dovevo dirgli la verità? -
- In effetti... senz’altro l’avremo traumatizzato... -
- ... oppure ci avrebbe presi per pazzi e cacciato -.
La ragazza tacque alcuni istanti.
- Allora... grazie. Ti devo un favore - disse infine.
- Niente di che, davvero - replicò lui, stringendosi nelle spalle.
Erano nel frattanto arrivati ai letti, fermandosi ai piedi di quello dove era stesa Emily, attualmente sotto l’attenta analisi dell’infermiere.
- Allora...? Come sta? - domandò Fiamma.
- La vampira è sotto shock, non c’è dubbio - sentenziò lui, alzandosi dal materasso e avvicinandosi agli altri due - Temo che dovrà passare qui il dì - aggiunse.
- Possiamo restare anche noi? - chiese precipitosamente il Nightray, prima che l’altra potesse dire o fare alcunché.
- Certamente - rispose l’uomo - Solo... vi pregherei di lasciar riposare la vostra amica -.
- Sì, non si preoccupi - disse Fiamma.
L’infermiere si allontanò.
La rossa si sedette allora sul bordo del letto accanto a quello della cugina, mandando un sospiro.
- Grazie di nuovo - mormorò.
- Niente, di nuovo - rispose l’altro, in tono velatamente divertito.
Caddero minuti di silenzio, disagiato e teso, che si prolungò per un tempo per loro indefinito.
Fiamma si ostinava a lasciar vagare tristemente lo sguardo a terra, mentre Gilbert osservava con apparente interesse la parete opposta alla loro.
Infine, la rossa prese la parola: - C-che cosa credi che possa averlo ucciso...? -.
La voce era increspata di paura e orrore assieme e sembrava esserle costato uno sforzo enorme l’essere riuscita a mettere insieme quelle poche parole.
A Gilbert parve più che giusto, perché anche lui provava esattamente la stessa sensazione.
- Non lo so, ma qualsiasi cosa sia, spero vivamente di non incontrarla mai - rispose il vampiro.
Chiunque avesse fatto un simile scempio, non poteva essere niente più che una “cosa”.
- È stato... terribile - riprese lei - Di norma cose del genere non dovrebbero accadere in una scuola e non capisco come sia potuto succedere -.
- Infatti, ma non è neppure la prima volta che accadono degli “incidenti”, in questa scuola -.
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 19/6/2010, 10:41




CAPITOLO 9 - "Incidenti"




Fiamma rimase silente e attonita ad osservare il suo interlocutore, come se avesse appena proferito la parola finale, che avrebbe dato inizio all’Apocalisse.
- Altri... “incidenti”...? - ripeté lei, confusa e incuriosita - Che genere di “incidenti”? -.
- Mortali: alcuni anni fa furono ritrovati due ragazzi carbonizzati legati ad un albero; un altro fu trovato morto in un ripostiglio, con il torace sfondato, un altro ancora prosciugato di sangue abbandonato in biblioteca - raccontò Gilbert.
- Oddio - commentò la vampira, orripilata.
Gettò una fugace occhiata a sua cugina, constatando con suo immenso sollievo che si era addormentata. Una vera fortuna: se avesse sentito di quegli avvenimenti, era certa che avrebbe fatto le valigie immediatamente e se ne sarebbe andata.
- Ma... non si è mai scoperto il colpevole? - chiese la rossa.
Il Nightray scosse la testa.
- Comunque, gli incidenti passati non sono mai stati sanguinosi quanto questo, che sembra esser stato più un vero e proprio omicidio - continuò il moro.
- Perché, gli altri che vi sembravano, scherzi? -
- No, ma tra il macello del corridoio e due ragazzi trovati carbonizzati c’è un po’ di differenza, anche se in definitiva poi sono tutti morti -.
Fiamma rimase in silenzio, riflettendo.
- Non potrebbe essere stata sempre la stessa persona? -
- Ci sta, ma chiunque fosse, è ancora a piede libero -
- Accidenti! E pensare che la mia unica preoccupazione a venir qui era di dovervi mettere in riga tutti quanti! Se sapevo che c’era un assassino in libertà all’interno dell’istituto, me ne sarei stata ben lontana... -
- Ci avresti lasciati morire tutti? -
- Che posso fare io che voi non siate in grado di fare...? -.
I due si scambiarono un lungo, intenso sguardo, quindi Gilbert le si avvicinò.
- Non so... ma sento come se ci fosse qualcosa di più in te, qualcosa di particolare e strano... - le sussurrò.
Lei lo allontanò un poco.
- Non è che semplicemente ti sei invaghito di me? - esclamò.
- Può essere, ma non si tratta di quello -.
Lui abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo su di lei completamente mutato in uno concentrato e serio che la colpì per l’incredibile intensità.
Si sentì come strappare l’anima da quegli occhi, e capì che non era più veramente o solamente Gilbert.
- Sento che nel profondo, tu hai qualcosa che a me e a noi tutti manca, qualcosa di arcano e potente, ma anche inquietante e pericoloso. È un qualcosa che è sepolto nel tuo inconscio, di cui tu non riesci a percepire la reale esistenza, un potere che va al di là di tutti gli altri poteri - sentenziò il vampiro, con voce solenne e mistica, diversa dalla sua normale. Era più profonda, echeggiante... misteriosa.
Per tutto il tempo che aveva parlato, Fiamma non era riuscita a togliergli gli occhi di dosso: era come stregata da quelle parole e da quello sguardo magnetico e lugubre ad un tempo.
Pendeva letteralmente dalle sue labbra.
Si riscosse bruscamente poco dopo che aveva smesso di parlare e si pronunziò: - C-che cosa stai dicendo? -.
Era vero: tutto ciò che le aveva detto l’aveva non solo confusa, ma anche ampiamente spaventata.
Che cosa mai poteva avere lei di così particolare che anche altri non possedessero?
Notò che lui ancora la fissava, immobile.
- Gilbert! Gilbert! Che cosa ho io che non va?! - gli chiese, afferrandolo per le spalle e scuotendolo.
Il ragazzo istintivamente scosse il capo e la fissò: nelle sue polle dorate non c’era più alcun segno della misticità e della fredda serietà che aveva fino ad un momento prima visto in esse.
- Che cosa c’è? - chiese il moro, perplesso della ristretta vicinanza tra loro.
Fiamma arrossì, constatando che il suo seno era praticamente schiacciato contro il suo petto.
- N-niente! - si affrettò a rispondere.
Fece per staccarsi, ma lui le afferrò dolcemente i polsi, bloccandola.
- Aspetta... - le sussurrò, in affanno.
Lei rimase a guardarlo, catturata dal suo sguardo, che si era fatto improvvisamente cosciente, come se avesse appena appreso qualcosa di nuovo e di vitale importanza.
Stregato dai suoi occhi, sembrava incapace di liberarsi dall’invisibile catena che lo vincolava indissolubilmente a lei.
- Gil... bert? - mormorò quest’ultima.
Le guance del vampiro s’imporporarono fiocamente.
- Non allontanarti, per favore -.
Fiamma sentiva un’attrazione irrefrenabile per quel ragazzo, qualcosa di vincolante e profondo.
- Va bene... - sussurrò, ricadendo tra le sue braccia, che prontamente la circondarono.
Affondata nel suo petto, la vampira ripensò alle parole che il moro le aveva detto poc’anzi: “un potere che va al di là di tutti gli altri poteri”.
Che cosa voleva dire con quella frase? Che cosa c’era... dentro di lei?
- Gilbert... - lo chiamò flebilmente.
- Sì? -
- Quegli “incidenti”... se ne sono più verificati di recente? - chiese di getto.
- No... fino a stasera -.
E se lei...?!
La vampira alzò il viso verso quello del suo interlocutore, il quale scorse, nella sua espressione, una decisione che ardeva come fuoco vivo.
- Che cosa c’è? - domandò lui, improvvisamente preoccupato.
Doveva dirgli del barlume che le si era appena acceso nella mente grazie a quel suo mistico discorso di poco prima?
Probabilmente non si ricordava neppure d’essere caduto come in trance, perciò era meglio non farlo angustiare inutilmente.
Scosse il capo lentamente, quindi si protese verso il suo viso. Il vampiro si chinò su di lei come ad una risposta spontanea al movimento e, delicatamente, le loro labbra entrarono in contatto, i canini si urtarono con dolcezza, sfiorando le labbra dell’altro senza affondarvi o lasciarvi ferite.
Era amore, senza dubbio: Gilbert, in quel momento, si sentiva un tutt’uno con Fiamma, che ricambiava pure quella sensazione così possente e profonda, talmente forte da scombussolarla da capo a piedi.
Quando si separarono, il sapore del Nightray le aleggiava ancora in bocca: profumava di fiori di ciliegio e pesche. Inebriante oltre ogni dire.
Il ragazzo mandò un’occhiata al letto occupato.
- Forse è meglio se ti lascio da sola con Emily... - disse, all’improvviso: in quel piccolo quadretto familiare ci si vedeva di troppo.
- No, per favore resta! - lo supplicò Fiamma, ma si accorse subito d’aver osato troppo e si discostò da lui.
Prese uno sgabello lì vicino e lo avvicinò a sé. Vi prese posto e distolse lo sguardo dal vampiro. Questo prese un altro sgabello e lo sistemò vicino a quello della rossa.
- Posso? - chiese timidamente.
- Se vuoi andare fallo -
- No, voglio stare con te... ancora un po’ -.
Non se la sentiva, in verità, di andare: sarebbe potuto sembrare da codardo, ma aveva timore di tornare da solo al dormitorio.
Rimanere lì era l’opzione migliore che potesse pensare, anche perché sarebbe potuto stare in compagnia della vampira che più di tutti, attualmente, attirava la sua attenzione e il suo interesse.
La mano di Fiamma scivolò in cerca della sua e la trovò, forte e fredda. Lei strinse e lui rispose con un’altra lieve stretta.
- Emily supererà la cosa, secondo te? - mormorò la vampira, afflitta.
- Se da sola non ci riuscirà, l’aiuteremo noi, tutti insieme - le promise il moro.
- Sì... - sussurrò Fiamma, gli occhi lucidi e stanchi - ... tutti insieme... - ripeté.
 
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Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 24/6/2010, 09:49




...
Gilbert è parente della Cooman? XD
A parte gli scherzi, è un capitoletto molto romantico, puccioso! ^v^
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 14/7/2010, 16:29




CAPITOLO 10 - Maestro di violino




Fiamma si risvegliò con il capo adagiato sul materasso dove ancora dormiva Emily, il viso lievemente contratto in un’espressione angosciata: chissà che cosa stava sognando...
Accanto a lei c’era Gilbert, anch’esso appisolato, il capo appoggiato sulle braccia conserte, l’espressione rilassata.
Quell’aspetto così docile e innocente le strappò un fugace sorriso, che scomparve dal suo viso nell’attimo in cui rievocò alla mente quel suo stato di mistica trance razionalmente inesplicabile.
Lei era una vampira come tanti. Viveva la sua vita tranquillamente e non andava in cerca di guai.
Perché allora si sentiva come designata da quelle parole? Perché, all’improvviso, si sentiva così diversa?
Un altro ricordo si sostituì prepotentemente a quello, scacciandolo: rivide quella donna di bianco vestita e insozzata di sangue, rievocò i suoi sussurri strozzati e il continuo ripetere il suo nome, fino a quando Emily e Oz, trovandola, avevano affermato che con lei non c’era nessuno.
Indugiò alcuni istanti su quell’ultima parte.
- Non l’hanno vista anche se era innanzi a me. Che sia questo il potere di cui Gilbert parlava...? Può essere, ma ciò non spiega chi sia quella misteriosa e lugubre donna - mormorò tra sé e sé, completamente assorta - Eppure ho l’impressione che, in qualche modo, sia coinvolta in... -.
- Fiamma...? Sei già sveglia? -.
La voce impastata di sonno di Gilbert la sottrasse ai suoi pensieri, riportandola nell’infermeria, seduta accanto al letto dove sua cugina riposava.
Il Nightray la fissava, sereno, i segni del sonno in parte perso ancora sul viso.
- Buonasera - esclamò la rossa.
- Buonasera. Dormito bene? -
- Abbastanza -.
La vampira lanciò uno sguardo alla biondina.
- Dici che dovrei svegliarla? - chiese Fiamma.
- Forse dovremmo semplicemente lasciarla riposare - disse lui.
- Sì, forse hai ragione... - convenne l’altra, alzandosi.
Il vampiro la imitò e, assieme, si diressero verso la porta.
- D-dove... andate? -.
Ambedue si girarono di scatto al sentire la flebile voce di Emily, che li fissava dal letto, le palpebre in parte calate sugli occhi ancora gonfi di sonno.
- Sei sveglia! - esclamò Fiamma, avvicinandosi a lei di nuovo - Come ti senti? Tutto okay? -.
- Meglio di... ieri - ammise la biondina, abbassando lo sguardo, improvvisamente triste.
Non c’era motivo di biasimarla: aveva trovato il cadavere di uno studente in un corridoio. Sarebbe stato strano se non ne fosse stata minimamente turbata.
Persino Amethyst si era fermata al vedere la scena, il che era tutto dire.
Cadde un pesante silenzio, che permeò l’atmosfera per alcuni istanti, prima che la rossa si alzasse e si decidesse a romperlo: - Dai, andiamo a lezione... e cerca di non pensarci -.
Tese la mano alla cugina, per aiutarla a rialzarsi.
Quest’ultima la prese con una certa insicurezza e si tirò su.
Gilbert si era già alzato e allontanato di qualche passo.
Le due lo seguirono a poca distanza, mano nella mano.
- Volete andare a far colazione? - chiese, con garbo, il moro.
Ambedue le vampire apprezzarono moltissimo la gentilezza del chiedere: dopo quello che avevano visto la sera antecedente, era stato molto galante da parte del ragazzo chiedere se avevano voglia di mangiare o, nel loro caso, di bere.
La rossa lanciò un’occhiata alla bionda, che pareva a disagio.
- Forse è meglio di no... - concluse la Drakon.
- Sì, hai ragione... nemmeno io ho molta fame... - aggiunse il Nightray, incamminandosi.
Uscirono silenziosamente dall’infermeria e presero la strada che portava ai piani superiori, dove stavano le aule.
Nel guardarsi intorno, notarono una calma generale, in totale discordanza con quello che sentivano agitarsi dentro di loro e ciascuno se ne domandò il perché, anche se tacque il quesito agli altri due.
- Fiamma, Emily! -.
Un richiamo che voleva essere allegro, ma nel quale per le due non fu affatto difficile percepire un che di volutamente fasullo, giunse all’udito del terzetto, che si volse in contemporanea all’indietro.
Scorsero Edward e Oz correr loro incontro, precedendo gli altri.
E con loro c’era pure Pride.
Una fitta di tristezza colpì Emily al petto nel vedere lo sguardo del vampiro così sereno e pacato, mentre in realtà il suo fidanzato era... era...
- Ciao! Come va? - chiese Oz immediatamente, non appena fu davanti alla bionda.
Al notare il suo sguardo triste e accoratamente costernato, il suo impulso primario fu di abbracciarla, ma si contenne e, piuttosto, le sussurrò: - Pride non lo sa ancora. Per favore, fa’ finta di niente... -.
La vampira allora, per quel che poté, cercò di mutare espressione in una più tranquilla, cosa che le riuscì solo in parte: i segni dell’angoscia per l’accaduto erano ancora visibili sul suo viso, anche se solo ad un attento esame.
- Buongiorno! - esclamò, con voce lievemente incerta, quando anche il resto del gruppo arrivato con Edward e Oz li ebbe raggiunti.
Alphonse le sorrise e il fratello maggiore pure.
Pride distese appena un poco le labbra in quello che doveva, o poteva, essere interpretato come un sorriso.
Fiamma tacque e rimase com’era, mentre il suo sguardo si soffermava sui due profili, così diversi eppure, in quel momento, tanto simili, che scorgeva in un esile spazio tra i due fratelli Elric: Amethyst e Vincent parevano essere completamente disinteressati alla discussione, ma molto interessati l’uno agli occhi dell’altra, come pareva dallo sguardo che si stavano rivolgendo.
Era felice che il fatto della sera prima fosse servito ad avvicinarli, anche se pensare una cosa del genere le sembrava in tutto e per tutto un qualcosa di perverso e distorto.
- Andiamo, altrimenti faremo tardi - disse Gilbert, riprendendo a camminare, imitato da tutti gli altri.
Al piano della classe di Fiamma, i due Nightray si divisero dal resto del gruppo e proseguirono verso i piani più alti.
Gli altri andarono in classe, senza accennare minimamente al ritrovamento di Envy e cercando, ciascuno meglio che poté, di celare la tristezza che, chi in misura maggiore e chi minore, tutti provavano in cuor loro.
Le lezioni furono come le due notti addietro: mortalmente noiose ma tranquille e furono un modo, anche se non definitivo, di distrarre l’attenzione dal ricordo della scena osservata all’alba.
Quando terminarono, Oz fu il primo ad alzarsi per dirigersi al banco delle ragazze, che si stavano preparando ad uscire.
- Andiamo a mangiare? - chiese immediatamente.
- Sì, andiamo. Stasera ho un certo appetito... - esclamò Fiamma.
Amethyst parve d’accordo, a giudicare dalla lugubre rapidità con cui si andò a posizionare sulla porta.
Emily, invece, parve titubare.
- C’è... qualcosa che non va? - le chiese Edward, sorpreso.
La biondina parve esitare ed essere sul punto di negare il tutto, quando un caldo rossore le invase il viso e i suoi occhi si spostarono sul pavimento, in cerca di qualcosa su cui fissarsi.
Oz rimase ad osservarla, rapito.
- Ecco, be’... - esordì lei, incerta - ... io preferirei andare all’aula di Musica... -.
Fiamma, senza essere scorta dalla cugina, sorrise dolcemente: sembrava che lo shock dell’alba precedente si fosse dissolto, o almeno, pareva intenzionata a superarlo.
E quale modo migliore di superarlo, per lei specialmente, se non dedicandosi alla cosa che più le piaceva fare?
E poi, chi era lei per impedirglielo?
- Okay, se vuoi va’ pure - acconsentì la rossa - Ma ricorda che devi tornare in dormitorio prima del sorgere del sole - l’ammonì poi, in tono un po’ materno.
Emily annuì, quindi salutò il gruppetto e se ne andò, con grande rammarico del giovane Bezarius, il quale rimase a contemplarne la figura finché non fu scomparsa oltre la soglia.
- Dai, Oz ammettilo: hai una cotta per Emily... -.
La voce di Fiamma lo fece sobbalzare e voltare a un tempo.
- C-che? Ma no...! -
- No...? - ripeté la rossa, inarcando con fare eloquente un sopracciglio - Strano, dal tuo sguardo mi era parso il contrario... va be’, capisco: Emily è una vampira così fragile e dolce che può non piacere ad alcune persone proprio per il suo essere così... -.
- Ehi, non è vero! - esclamò di getto il biondo.
Arrossì violentemente quando si rese conto d’essersi tradito con le sue stesse parole.
- Beccato...! - disse Fiamma - Comunque, non andrò certamente a dirglielo, se è questo che temi: sono dell’opinione che chi è innamorato deve esprimere da solo i propri sentimenti alla persona amata, senza intermediari - aggiunse, incrociando le braccia al petto.
- Ah... grazie - soffiò Oz, sollevato.
- Bene, allora che ne dite se adesso ci avviamo in mensa? - intervenne Alphonse.
- Concordo! - si aggiunse Edward.
- Okay, andiamo - rispose la rossa, seguendo gli altri.

Emily, da sola, si era intanto avviata verso l’aula di Musica.
Camminava con un certo fare sospettoso e timoroso insieme, lo sguardo basso che di tanto in tanto vagava, rapido, all’intorno, come se temesse di veder sbucare la morte stessa da dietro un angolo in qualsiasi momento.
Effettivamente, tutta quella sua paura non era da biasimare: dopo quello che aveva visto l’alba avanti, era da considerarsi un miracolo se osava ancora girare da sola per i corridoi.
I suoi pensieri, nonostante i suoi notevoli sforzi, non si allontanavano molto dai ricordi del ritrovamento di Envy e spaziavano semplicemente tra questi ultimi e sporadici accenni di una triste musica che le ronzava nella mente.
D’un tratto, giunta nelle vicinanze della sua meta, iniziò a sentire una dolce e melanconica nenia che, non ci fu bisogno di molto per capirlo, era suonata da un violino.
La vampira si sentì come rincuorata dall’abilità del violinista: c’era qualcun altro, all’interno dell’istituto, che amava suonare come lei.
D’istinto accelerò, ma giunta davanti alla porta tentennò: non era affatto sicura di voler disturbare l’esecutore.
Rimase lì, ferma, perfettamente immobile, per quelli che le parvero minuti interminabili, finché non sentì una voce provenire dall’interno: - C’è qualcuno al di là della porta -.
Presa dalla sorpresa, non riuscì a spostarsi e la porta si aprì mentre lei era ancora lì.
- Buonasera... - esclamò il vampiro che le aveva aperto, fissandola.
Almeno, era quello che Emily pensava stesse facendo: non riusciva a vedere gli occhi, dato che erano coperti da un grosso paio di occhiali dalle lenti rotonde e spesse.
Aveva i capelli neri che gli arrivavano fin sulle spalle e diversi ciuffi ribelli, ma dal contegno sembrava proprio un bravo ragazzo.
Tuttavia, non era lui l’esecutore di quella bellissima melodia che aveva udito, perché all’interno della stanza c’era un’altra persona, che teneva in una mano un archetto e con l’altra reggeva il violino in posizione.
I capelli erano castani, chiarissimi, con un ciuffo particolarmente buffo che stava dritto sul lato destro della frangia che cadeva trasversalmente sulla sua fronte.
Gli occhi, azzurri, erano sgranati in un’espressione sorpresa ma anche lievemente infastidita e, notò la biondina, sotto il sinistro aveva un punto nero, che contrastava con la carnagione pallidissima in modo molto spiccato.
- Chi è, Reo? - chiese il violinista sconosciuto, in tono irritato.
- È una delle nuove studentesse... - disse semplicemente l’altro, in tono pacato.
- M-mi chiamo Emily... Blaze - si presentò timidamente la vampira, avvampando.
- Che cosa vuoi? - le domandò direttamente il musicista, avvicinandosi alle spalle del compagno.
- Eliot, sii più educato! -
- Non sopporto le persone che mi interrompono! - ribatté Eliot, iniziando ad arrabbiarsi.
La vampira abbassò gli occhi, a disagio, cercando di celare le lacrime che stavano iniziando a pungerle ai lati degli occhi.
- L’hai fatta piangere... - constatò tranquillamente Reo, chinandosi su di lei.
- IO?! Ma che ho fatto?!?! - esclamò l’altro.
- Se fossi più garbato con gli altri... -.
A quell’affermazione, Eliot arrossì e tacque.
- Coraggio, non piangere... che cosa volevi? - chiese, con infinito garbo e dolcezza, Reo, porgendole un fazzoletto, che lei accettò e con il quale si terse le lacrime.
- Ero venuta per... suonare... - mormorò, timorosa.
- Sai suonare?! - esclamò Eliot, aggredendola nuovamente, ma stavolta con sorpresa.
L’effetto su di lei, tuttavia, fu comunque di paura.
- S-sì... suono da tan-tanto tempo... -.
- E cosa? -
- Un po’ t-t-tutto... ma pi-più di tutto i-il violino... - rispose Emily.
Eliot lanciò uno sguardo allo strumento che teneva in mano e poi alla vampira, incontrando successivamente quello del suo compagno, estremamente eloquente.
- C-che c’è? - chiese, a disagio.
Reo tacque, rimanendo in quell’atteggiamento e quel silenzio che volevano dire più cose di migliaia di parole.
- Ehm... - balbettò infine il vampiro, cogliendo finalmente il senso del silenzio dell’altro - ... vorresti... suonare il mio... violino? -.
 
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Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 21/7/2010, 20:00




ELIOT STRADOLCE! TSUNDEREEE!!! XD
E tante grazie per aver fatto apparire Reo, nella mia classifica è salito persino sopra Break! *___*
Adoro gli psicopatici!!
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 31/7/2010, 12:52




CAPITOLO 11 - Secondo incontro





Emily fissò Eliot per alcuni istanti, negli occhi un misto di molte cose che erano indefinibili tant’erano miscelate.
Era una sensazione strana, quella che provava il vampiro nell’osservare quella ragazza: era fragile e dolce. Infinitamente dolce.
Era la prima volta che si riferiva ad un membro dell’altro sesso con quell’aggettivo, ma era vero: non riusciva a descrivere il suo atteggiamento e il suo aspetto in altri termini. Decisamente inusuale per lui.
- S-suonare... il tuo violino...? - ripeté la vampira, perplessa.
L’idea l’allettava in modo esagerato, ma ancor di più le piaceva lo sguardo imbarazzato, visibilmente a disagio, che le stava rivolgendo lo studente: lo faceva somigliare in maniera incredibile ad un bambino che facesse qualcosa contro ogni aspettativa.
Era adorabile.
Reo passò lo sguardo dall’uno all’altra: avvertiva un certo feeling nell’aria. Molto più forte e presente di quello che, tacito, legava lui al suo padrone.
O almeno, che li aveva legati. Adesso sembrava stranamente troppo preso dalla vampira per pensare alla loro pseudo-relazione. Be’, un sacrificio del genere era pur disposto a farlo, se Eliot lo voleva tanto e, soprattutto, se avrebbe contribuito a farlo crescere un po’.
Ci fu del silenzio, imbarazzato, da parte di entrambi.
Era la prima volta che Eliot trovava una femmina seriamente interessata alla prospettiva di suonare con lui: tutte le donne che aveva conosciuto, al di fuori dell’istituto, s’intende, non facevano altro che pensare all’aspetto fisico.
Estremamente deprimente.
Una ragazza appassionata di musica, per giunta in quella scuola, era una novità che per lui sapeva d’eccezionale addirittura.
- Allora? Accetti? - s’intromise il moro, sorridendo ad Emily.
Questa rimase immobile e muta alcuni attimi, a disagio, tesa e imbarazzata.
- ... va bene... - rispose infine, con un fil di voce.
Reo la invitò all’interno con un garbato cenno della mano, quindi la fece avvicinare ad Eliot, che attendeva poco più in là, anche lui fortemente a disagio. Era intuibile dal pallido rossore che gli tingeva le guance.
Si fermò dirimpetto a lui e attese, in silenzio, senza sapere che cosa aspettarsi da quel ragazzo appena conosciuto. Abbassò lo sguardo, incapace di lasciarlo vagare senza meta per la stanza.
Eliot spostò invece il proprio sul servitore, cercando un qualsivoglia aiuto per quella situazione così nuova e orribilmente imbarazzante per lui.
Reo mimò il gesto di porgerle lo strumento, senza riuscire a fare a meno di sorridere: era così adorabilmente impacciato con le femmine...
Il vampiro arrossì un po’, quindi fece come suggeritogli.
- T-tieni... - disse, porgendole il violino.
Emily s’illuminò lievemente, troppo a disagio per farlo in modo più aperto.
Lo prese con cura infinita tra le sue mani e se lo portò alla spalla.
- Grazie... - mormorò debolmente.
Lui si mosse e attraversò la stanza, diretto al pianoforte a coda sistemato nell’angolo opposto, innanzi al quale prese posto.
Sollevò il coperchio, rivelando i tasti, lucidi e senza polvere, che sfiorò con delicatezza.
Altro silenzio. Reo iniziava ad esserne un po’ stufo, ma doveva ammettere che gli sguardi che quei due si scambiavano erano pieni di faville.
- Ehm... comincia tu - esordì Eliot, abbassando lo sguardo, concentrandosi sullo strumento musicale davanti a sé.
Emily esitò alcuni attimi, poi posizionò il violino sulla propria spalla e posò lentamente l’archetto sulle sue corde.
Iniziò a suonare una melodia lenta, vagamente melanconica, alla quale poco dopo l’altro vampiro si aggiunse con il piano.
La musica si fece sempre più forte e veloce, intensa, un rincorrersi frenetico di note di violino e di pianoforte, una danza leggiadra di musica intensa, passionale, fino alla nota estrema, che decretò la fine del pezzo.
All’unisono, Eliot ed Emily alzarono gli occhi e li concentrarono in quelli dell’altro.
Reo applaudì, mettendoli ambedue a disagio.
- È stato bello... - commentò lei.
- Per essere un’improvvisazione... - proseguì lui.
Poi, osò aggiugere un rapido: - Sei molto brava -.
L’appunto fece arrossire la vampira, che replicò: - Grazie... anche tu sei bravo -.
- Ti piacerebbe provare di nuovo a suonare con me? - si gettò Eliot, sorprendendo il suo servo con tutta quell’audacia.
Emily venne presa un po’ alla sprovvista da quella proposta, comunque gli sorrise e annuì.
- Mi piacerebbe tanto...! -.

Fiamma stava tornando in dormitorio da sola. Gli altri erano già arrivati al loro dormitorio, Emily era ancora, con ogni probabilità, all’aula di Musica e Amethyst era uscita con Vincent subito dopo aver mangiato per andare chissà dove. Probabilmente in un luogo appartato, romantico e inevitabilmente macabro, dato il peculiare carattere di entrambi.
Così, procedeva da sola verso il dormitorio femminile, avvolta dal silenzio e sovrastata dalla volta celeste che iniziava a schiarire per lasciar posto all’alba.
Non aveva paura delle ombre che vedeva sotto gli alberi, ma andare da sola le metteva un po’ di soggezione. Cercò con tutta sé stessa di neutralizzare quel timore, di farlo svanire dal suo inconcio, ma era praticamente impossibile: persisteva, come una sottile foschia che aleggiava dentro di lei, sempre e comunque.
Era estremamente fastidioso e indesiderato: lei era Fiamma Drakon. Non poteva avere paura di girare per il giardino da sola! Era semplicemente inammissibile!
Accelerò involontariamente il passo: iniziava a vedere il profilo del dormitorio.
All’improvviso venne colta da una fitta alla testa che la fece barcollare, ma riuscì a rimanere in piedi.
Si guardò intorno: avvertiva qualcosa di insolito in giro, qualcosa che non doveva esserci.
Qualcosa di innaturale.
Spostò lo sguardo attorno a sé, senza riuscire a distinguere alcunché, poi...
- Fiamma...! -.
Un richiamo a metà tra il pronunciato e il pensato raggiunse il suo cervello e il suo udito, facendola rabbrividire: che cos’era stato a chiamarla?
Quella voce era strozzata, inquietante, qualcosa che non avrebbe potuto esistere se non in gola a qualcuno che stava soffrendo in modo allucinante.
Si guardò ancora intorno, cercando di capire da dove provenisse, ma non c’era niente.
Una fitta più acuta le trapassò le tempie, strappandole un gemito e facendola crollare in ginocchio.
- Fiamma... Drakon... -.
Era più vicina, incredibilmente... era... era...
Alzò gli occhi e il suo cuore si fermò: sopra di lei c’era quella donna, quella che aveva visto nel corridoio e che Emily ed Oz non erano, a loro detta, riusciti a scorgere.
Torreggiava su di lei con portamento quasi regale, gli occhi iniettati di sangue fissi su di lei.
Le venne improvvisamente voglia di gridare, lacerare l’aria con un urlo agghiacciante tale da lasciarla senza voce, ma questa pareva già essere sparita.
Un forte vento prese a turbinarle intorno, scuotendo la sua folta chioma rossa, alzandole la gonna e facendola rabbrividire.
Fu costretta a socchiudere gli occhi per poter guardare ancora la sconosciuta, immobile come una statua nonostante i suoi capelli vibrassero poderosi e maestosi attorno a lei, come il suo vestito.
Notò un bagliore istantaneo baluginarle nello sguardo, prima che si chinasse su di lei.
- Devi aiutarmi... siete... siete...! -.
Ma non riuscì a terminare: con un grido dilaniante, la donna si rialzò, tenendosi la testa come se stesse per esplodere.
Fiamma chiuse gli occhi, cercando di distogliere l’attenzione da quella vista e dimenticarsi di quell’urlo, seppellirlo dove non l’avrebbe più potuto trovare, ma la circondava. Le grida di quella donna ignota erano tutt’intorno a lei, ululavano nel vento che sembrava divenuto estremamente più forte, quasi tempestoso, penetrandole fino nelle viscere.
- Che cosa succede? Cosa vuole questa donna da me?! Basta, basta! - gridò tra sé, presa dal panico.
- ... in pericolo... -.
Alzò di scatto la testa.
Il vento era cessato. Della donna, nessuna traccia.
Si rialzò, cercando di scacciare l’impellente bisogno di sciogliersi in lacrime, girando la testa a guardarsi intorno.
Aveva detto “in pericolo”? Perché? Che genere di pericolo correvano? E perché aveva parlato al plurale?
Quella storia non le piaceva. Puzzava di scabro e di mistero.
Si guardò intorno ancora un paio di volte. Una volta appurato che la donna non era nei paraggi, si mosse velocemente verso il dormitorio, decisa.
Voleva andare a dormire, riposarsi e preoccuparsi dell’avvertimento solo al risveglio, quando il suo cervello fosse stato senz’altro più pronto a ragionare su certe trame oscure e sinistre.

Edited by Fiamma Drakon - 26/9/2010, 15:28
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 15/8/2010, 16:44




CAPITOLO 12 - L'impalato, la vampira e il mistero





- Fiamma! Fiamma svegliati! -.
Il suo sonno, estremamente sensibile alle influenze esterne, venne spezzato da quel richiamo così pieno di foga e allarmismo, anche se non aprì subito gli occhi.
- Fiamma, per favore, apri gli occhi! È un’emergenza!! -.
Riconobbe la voce per quella di Emily. Che ricordasse, non l’aveva mai sentita così forte e così spaventata da quando erano là dentro, anche se non poteva certo dire che fossero nella scuola da chissà quanto.
Quando la cugina iniziò a scuoterla per le spalle, continuando a chiamarla per nome, finalmente si decise ad ascoltarla ed aprì gli occhi.
Si ritrovò a fissare le iridi cristalline della bionda da pochissimi centimetri di distanza, fatto che la indusse, come un riflesso condizionato, a distanziarsi un poco.
- E-Emily... che c’è da essere così agitati? - domandò, perplessa.
Quando vide quelle che innegabilmente erano lacrime far capolino ai lati dei suoi occhi, capì che era successo qualcosa. Qualcosa di estremamente grave.
Si mise seduta e afferrò la più piccola per le spalle, sorreggendola, dato che le sue ginocchia parevano sul punto di cedere.
- Cos’è successo, Emily? Perché piangi?! - esclamò la rossa con voce potente.
- In mensa... i-in mensa... - singhiozzò l’altra, lasciandosi poi andare in un pianto dirotto senza riuscire né a contenersi né a proseguire.
- Hanno trovato un altro cadavere - sentenziò apatica Amethyst.
Solo allora Fiamma si rese conto della sua presenza: stava appoggiata contro lo stipite della porta, lo sguardo serio fisso su di lei, le braccia incrociate al petto.
Fiamma saltò su, dimenticandosi di reggere Emily, che cadde in ginocchio, travolta dal dolore.
- Come?! N-non è possibile! -.
Dallo sguardo dell’altra vampira però, capì che era possibile, anzi, che era accaduto.
Amethyst non accennò altre spiegazioni: attraversò silenziosamente la stanza e andò ad accovacciarsi vicino ad Emily, per poi tirarla su e sorreggerla.
Fiamma corse all’armadio, né estrasse l’uniforme e la infilò in tutta fretta. Nel risollevarsi dopo essersi allacciata le stringhe, raccolse un gommino per capelli dal comò e vi racchiuse la chioma in una coda alta, quindi si alzò.
- Emily, puoi rimanere da sola? Ho bisogno di Amethyst... - chiese la rossa, già sulla porta.
La piccola Blaze annuì, tirando su col naso.
- V-vai pure. P-p-posso riman-nere anche d-da s-so-sola... - rispose, tra un singhiozzo e l’altro.
A quel punto, l’altra si alzò e raggiunse velocemente la cugina.
Uscirono di corsa e si diressero velocemente verso l’edificio principale. Sull’orizzonte, il crepuscolo stava rapidamente lasciando il posto alla notte.
Fiamma aveva il cuore in gola e le pulsazioni a mille: un altro era stato ucciso? La notte non era neppure arrivata del tutto. Chi poteva aver fatto una cosa del genere, alla luce del giorno per giunta?
Mentre ragionava su quell’interrogativo, una domanda fece violentemente irruzione nel suo cervello, gelandole il sangue nelle vene, facendola fermare di botto.
- Amethyst... - chiamò, gli occhi sgranati e vacui.
La vampira si fermò e si volse verso di lei, senza tradire alcuna emozione.
- C-chi è... morto? - domandò, deglutendo nervosamente.
Gli occhi di Amethyst incrociarono i suoi: vi lesse freddezza e apatia, niente di più.
Poi lei riprese a correre, lasciando la rossa indietro senza una risposta.
Infine, questa decise di riprendere la corsa, nonostante la paura fosse tanta e la stesse per sovrastare. Chi era stata la vittima? Qualcuno che conosceva?
Pregava che non fosse così: aveva legato con poche persone, era vero, ma le sarebbe dispiaciuto moltissimo se qualcuno di loro fosse... fosse...
Non riusciva nemmeno a trovare il coraggio di formulare quel pensiero: per lei era semplicemente troppo crudele.
Dopo dieci minuti, giunsero finalmente in vista della meta.
Attorno alla porta, un nugolo di studenti spintonava per farsi largo all’interno, ovviamente senza risultati.
Amethyst, la più veloce delle due, precedette l’altra e si fermò alle spalle del gruppo. Molti ragazzi, al vederla arrivare, si fecero da parte, lasciandole un varco, nel quale Fiamma s’infilò.
- F-Fiamma! Fiamma! -.
Una voce, familiare.
La ragazza girò il capo e incrociò il profilo di Oz, che sventolava in aria una mano per farsi vedere. La rossa si allungò a prenderla e lo tirò a sé, estraendo sia lui che Edward dalla calca.
- Avete già visto, voi? - chiese immediatamente lei, scura in volto.
- No, ma ci siamo precipitati appena abbiamo saputo - rispose Edward.
- Amethyst ci ha trovato dei posti in prima fila, a quanto pare... - commentò Oz.
Gli altri due si voltarono: l’altra vampira era ferma a qualche metro da loro, circondata da uno spazio vuoto laddove i ragazzi si erano spostati per farla passare.
La raggiunsero e, immediatamente, la loro attenzione fu attirata da ciò che c’era davanti a loro.
Fiamma temette che le ginocchia le cedessero per il sollievo: non era stato ucciso Vincent, o Alphonse, o Pride... o Gilbert. Era sollevata che nessuno di loro fosse la vittima, ma una punta di dolore s’insinuò nel suo petto comunque, a quella vista a dir poco riprovevole: sul muro davanti a loro era stato impalato uno studente. Il suo sangue era schizzato tutt’attorno a lui, a corona, le braccia inchiodate alla parete da chiodi fissati nei suoi polsi sanguinanti. Ma la cosa peggiore, era che la testa non c’era, almeno, non era sulle sue spalle, bensì ai suoi piedi, sul pavimento. Gli occhi erano rivoltati e l’espressione era una smorfia di puro dolore.
Riconobbe quel viso per quello del bulletto a cui aveva dato una lezione appena arrivata. Se non ricordava male, il suo nome era Greed.
Non le era stato particolarmente simpatico, né lui aveva più tentato di avvicinarla o essere gentile con lei, però non avrebbe augurato quella fine orribile nemmeno al suo peggior nemico.
Era tante cose, ma non malvagia. Almeno, non fino a quel punto: quello era vero e proprio sadismo.
- È assolutamente orribile... - osservò Edward, turbato.
- No, è peggio - aggiunse Oz, indietreggiando di un passo.
Fiamma, al contrario, ne fece uno avanti, assorta nell’analisi di quel cadavere e nei suoi pensieri.
Prima avevano trovato Envy, ora Greed... era da escludere che fosse uno studente a fare tutto ciò: nessuno, là dentro, avrebbe potuto girare con un paletto senza essere visto, oltretutto di quelle dimensioni. Sembrava più un grosso ramo troncato e rozzamente intagliato a mo’ d’arma.
No, quell’idea era da escludere.
Gli insegnanti? Fuori discussione anche quello: loro mangiavano in una mensa a parte ed era risaputo che non mettevano piede fuori dei loro appartamenti prima dell’inizio delle lezioni.
Che altre ipotesi poteva contemplare...? Non ne rimanevano molte plausibili, e tutte non erano possibili.
Infine, come per uno strano scherzo del destino, la sua mente le ripresentò il raccapricciante incontro della sera prima e le parole di quella donna le riecheggiarono dentro terribilmente vere, facendole sprofondare il cuore in un abisso ghiacciato.
“Fiamma... devi aiutarmi...! Siete... siete... in pericolo”.
Si stava riferendo a quello? Agli omicidi? A quelle trucidazioni di cui, ne era più che sicura, quella non sarebbe stata l’ultima?
Abbassò gli occhi, mentre una nuova consapevolezza le scivolava come un macigno nello stomaco: quella donna sapeva qualcosa ed era intenzionata ad aiutarla.
Voleva essere d’aiuto... per questo era andata a cercarla! Per questo continuava a perseguitarla!
Un groppo le ostruì la gola, mentre iniziava letteralmente a sudare freddo.
C’era qualcosa che stava ammazzando gli studenti, là dentro, e quella cosa, qualsiasi essa fosse, non era né umana né vampira. Tutti loro erano papabili vittime di quel carnefice ignoto e spietato. Quella sconosciuta, però, sembrava essere a conoscenza della sua identità, o almeno del suo piano. Così, cercava di mettersi in comunicazione con lei, per cercare di far luce sulla questione.
Però quella spiegazione, per quanto macabra e in un certo senso esauriente fosse, lasciava un sacco di falle: perché cercava proprio lei? Perché non gli insegnanti? O altri studenti...?
E poi, chi era quella donna? Perché era così bianca e sporca di sangue? Perché i suoi occhi erano così rossi e sembrava soffrire terribilmente? E come mai ogni volta che le era vicina le scoppiava un tremendo mal di testa?
No, decisamente: quella non era la miglior spiegazione che potesse trovare ai fatti recenti, però era la migliore che il suo cervello riusciva a partorire con quelle scarse informazioni e una buona dose d’intuito.
Come un dardo incendiario, un altro ricordo riapparve nella sua memoria: era in infermeria, e Gilbert le stava davanti, lo sguardo fisso su di lei e la voce totalmente irriconoscibile.
“Sento che nel profondo, tu hai qualcosa che a me e a noi tutti manca, qualcosa di arcano e potente, ma anche inquietante e pericoloso. È un qualcosa che è sepolto nel tuo inconscio, di cui tu non riesci a percepire la reale esistenza, un potere che va al di là di tutti gli altri poteri”.
Che pure quella specie di “predizione” fosse inclusa nella faccenda?
- Se non altro si spiegherebbe perché quella donna cerchi sempre e solo me - si disse, in un impeto di logica ferrea, ma solo in un secondo momento si rese conto del pensiero appena formulato: aveva ipotizzato che lei possedesse sul serio dei poteri!
No, non era possibile! Lei era una vampira comune, non c’era niente di eccezionale in lei, niente di così eclatante da attirare addirittura a lei una perfetta sconosciuta.
- Una perfetta sconosciuta dall’aspetto inquietante - si corresse, tra sé.
- Qualcuno ha chiamato i professori? - domandò ad alta voce, rientrando nella realtà dalla quale si era estraniata.
Oz fece per risponderle, quando l’arrivo di Barma, seguito a ruota da Xerxes e da un altro docente ancora a lei sconosciuto le diede la risposta che cercava.
Il professore di Filosofia la spostò bruscamente da parte come se lei non fosse niente più che un intralcio sul cammino di Dio.
Accidenti, quanto le dava suoi nervi quello!
- Faccia attenzione, signorina Dra~kon! - esclamò il professor Break, sorreggendola prima che andasse a sbattere contro quelli che le stavano dietro.
L’aiutò a rimettersi in piedi e le sorrise in quel suo classico modo affettato, mettendola un po’ a disagio.
- Grazie, professore -
- Niente! - fece quello in risposta, raggiungendo poi il docente dai capelli rossi.
Il terzo insegnante, lo sconosciuto, la stava fissando con sguardo severo e arrogante.
Lei rimase a fissare quegli occhi con la medesima espressione scura, finché il vampiro desisté con un mezzo ghigno e raggiunse i colleghi. Solo allora la ragazza si concesse il lusso di dargli una bella occhiata da capo a piedi: i capelli gli scendevano fin sulle spalle ed erano neri, folti e sembravano incapaci di stare al loro posto, come evidenziavano dei ciuffi scarmigliati qua e là. I suoi occhi erano nerissimi.
Aveva una corporatura imponente che avrebbe potuto mettere in soggezione chiunque tranne lei: al momento, era concentrata su ben altri pensieri e l’inquietante presenza fisica di quello sconosciuto era relegata a livelli di priorità troppo bassi perché potesse anche solo prenderla in considerazione.
Dopo alcuni minuti, Barma si pronunciò: - Con questo sono già due i corpi di studenti ritrovati senza vita, e a distanza di tempo così breve. L’autore di questi delitti è pericoloso, pertanto nessuno deve uscire dal dormitorio dopo il coprifuoco... e nessuno deve andare in giro da solo -.
Gli occhi del docente, che fino ad allora avevano vagato sulla folla di studenti, si soffermarono infine su Fiamma, la quale vi lesse uno scintillio alquanto sinistro.
Fu solo un attimo, poi se ne andò.
Nel seguirlo con lo sguardo mentre usciva, la vampira ebbe come l’impressione che l’ultima frase fosse rivolta solo a lei, e non a tutti gli studenti. Ma perché Rufus Barma avrebbe dovuto rivolgere solo a lei un simile avvertimento?
E perché nei suoi occhi aveva avuto la sensazione di vedere... una scintilla di tacito trionfo?
- Ehi, Fiamma, tutto okay? -.
Era la voce di Edward.
- Sì, va tutto bene - mentì, con spontaneità, rivolgendogli uno sguardo sereno, che non rispecchiava affatto il suo stato d’animo.
- Amethyst! Ti stavo cercando! -.
Vincent sbucò dalla folla e si avvicinò alla bionda, che ricambiò la sua attenzione con uno sguardo che lasciava trapelare un briciolo di sentimento, mentre gli prendeva la mano e vi intrecciava le dita.
- Spero che questo spettacolo non ti abbia traumatizzata troppo... -
- Eccitata, piuttosto - replicò lei.
Lui le baciò le mani.
- Ah, Amethyst... - sospirò il biondo, quindi la scortò via.
- Ah~ah...! Ragazzi! -.
Il richiamo di Xerxes Break giunse forte e chiaro a tutti, che si zittirono e gli prestarono massima attenzione.
- Oggi le lezioni sono sospese - annunciò, prima di eclissarsi oltre la porta.
La folla iniziò a scemare.
- Dove andiamo? - chiese Oz agli altri due.
Fiamma notò qualcuno di estremamente familiare fermarsi fuori della porta e, prima che Edward potesse aggiungere qualcosa, disse: - Mi spiace, non posso rimanere con voi. Ho un impegno -.
E, prima che le rispondessero, corse via, uscendo dalla mensa e fermandosi in mezzo al corridoio, dirimpetto alla persona che, a braccia conserte e sguardo serio, la fissava.
- Gilbert... - esclamò, gettandosi contro il suo petto.
Lui l’abbracciò forte, stringendola a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
Il Nightray era così vero, così reale che tutto quello che aveva in mente l’abbandonò per alcuni minuti, il tempo in cui stette stretta a farsi coccolare da lui.
Però dovette poi sottrarsi.
- Gilbert... ti va di fare una passeggiata fuori, io e te da soli? -.
Lui parve sorpreso, ma assentì e la seguì.
Le dispiaceva immensamente usarlo, ma doveva riuscire a trovare il modo di farlo cadere di nuovo in quella strana trance dell’altra sera. Aveva bisogno di informazioni e lui era l’unico che, al momento, potesse fornirgliele.
Era accaduto quando erano soli, in intimità, per cui se avesse ricreato l’atmosfera...
Una morsa le serrò il petto, mentre un pensiero le si formava nella testa: sfruttare il suo amore in quella maniera per delle informazioni.
Era una persona orribile.
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 30/8/2010, 11:51




CAPITOLO 13 - Non voglio, amore mio, ma devo





Fiamma non aveva mai ancora avuto il piacere di contemplare il cielo nero trapunto di stelle nel pieno della notte da quando era arrivata nella scuola, men che meno mano nella mano con il vampiro di cui era innamorata, il giovane, gentile e dannatamente sexy Gilbert Nightray.
Passeggiavano lentamente, osservando a tratti il cielo e a tratti gli occhi dell’altro, in un silenzio carico d’amore.
Però, la vampira sapeva bene che, prima o poi, avrebbe dovuto interrompere quel silenzio per cercare di far materializzare il “Gilbert-in-trance”, quello che sembrava avere tutte le risposte che lei cercava su se stessa e su cosa poteva celarsi nei recessi più oscuri e reconditi del suo essere. Eppure si sentiva schifosamente male solo pensando di dover rovinare tutto quanto: non voleva sfruttarlo per quella strana dote di cui neppure lui sembrava essere a conoscenza.
Non voleva farlo, ma doveva. La questione degli omicidi e le spaventose apparizioni di quella donna di bianco vestita la stavano angosciando molto più di quanto dava a vedere. Se c’era un ipotetico collegamento con qualche suo strano potere nascosto, lei doveva saperlo. Forse sarebbe stato d’aiuto alla risoluzione di tutta quanta la faccenda.
- Fiamma... - la chiamò il moro, distogliendola dai suoi orribili sensi di colpa.
- Sì...? -
- Hai visto... com’è bella la luna, stasera? -.
Gli occhi della vampira si alzarono, seguendo quelli del vampiro, incontrando la luna, una bellissima falce d’argento dal sapore di favola e amore.
- Sì, è meravigliosa... - commentò.
Era alla luce di quella splendida falce che avrebbe dovuto sfruttare tutto il suo fascino per ricreare l’atmosfera necessaria al suo scopo.
Dio, si faceva sempre più schifo ogni istante che passava...
- Come te -.
Ecco, il primo commento, quello che dava il via alla sua orribile, riprovevole, meschina messinscena.
Se l’avesse scoperto e l’avesse lasciata? Se si fosse accorto dei suoi propositi? Se l’avesse scacciata in malo modo gridandole contro di odiarla e di non volerla vedere mai più?
Niente, ne sarebbe semplicemente uscita con dignità. Distrutta, ma con dignità, o almeno quel briciolo che le sarebbe potuta rimanere in corpo.
Gli strinse la mano, sorridendogli, ma lui si fece scuro tutto d’un tratto.
- Quello che è successo stasera è stato orribile... - disse.
- Sì, è vero... -.
Ma io potrei arrivare a capire chi è stato, se tu ti decidessi a entrare in trance! aggiunse mentalmente, frustrata e disgustata ad un tempo.
- Non immaginavo che si sarebbe giunti a questo. Non credevo esistessero persone capaci di fare un simile scempio... - proseguì il Nightray, pensieroso.
- Forse... chi ha fatto tutto questo non è propriamente... umano... né vampiro - osservò lei.
Gilbert si fermò e così l’altra.
- Stai dicendo che c’è... qualcos’altro dietro a tutto questo? -.
Il tono con cui lo disse era palesemente stupito e spaventato.
Che cosa doveva fare? Parlargli dei suoi sospetti, delle sue congetture? Dirgli cosa le stava passando per la mente?
Più fissava quelle iridi dorate, più ne veniva assorbita e il desiderio di rivelargli tutto cresceva a dismisura, divenendo un vero e proprio bisogno di sfogarsi con qualcuno, di caricare di quel fardello anche le spalle di qualcun altro.
Poi, all’improvviso, mentre stava per aprire bocca e parlargli di tutto, notò che il suo sguardo si stava spegnendo e le iridi stavano scomparendo, inghiottite dal biancore circostante.
- Gilbert? - lo chiamò, preoccupata - Gil...? -.
- Sta cercando te -.
Fiamma trasalì al sentir uscire dalle sue labbra la stessa voce con cui le si era rivolta in infermeria. Un brivido le corse lungo la schiena, un misto di paura ed eccitazione: era caduto in trance.
Però, quelle non erano le parole che avrebbe voluto sentirsi rivolgere. Lo afferrò per le spalle e lo scosse.
- Gilbert! Devi dirmi cosa intendevi dire in infermeria, l’altra sera! Che potere ho? - esclamò, in preda ad un’urgenza e un allarmismo sconcertanti.
Doveva sapere, prima che fosse troppo tardi.
Lui continuava a fissarla con occhi vacui, non suoi.
- Quella cosa sta cercando te... vuole la tua vita... -.
Era una minaccia? Una premonizione? Non lo sapeva, ma la stava spaventando. Tuttavia, non era intenzionata a desistere.
- Dimmelo, Gil! Chi mi cerca? -
- Vuole... te... -.
Lo scosse ancora, poi crollò in ginocchio a terra, assieme a lui, stringendolo con tale forza che le unghie le si conficcarono nelle sue spalle. Era sul punto di piangere.
- Gil... ti prego, rispondimi! Che potere... ho?! - ripeté, sull’orlo di una crisi isterica.
Lui la fissò alcuni momenti senza apparentemente vederla, poi un sorriso gli increspò le labbra, ma era inquietante, vuoto, freddo... e carico di scherno.
Lo scherno di un pazzo. Così somigliava a suo fratello Vincent, anche se quell’espressione faceva più paura.
- Fiamma è strana... - disse, cogliendola completamente di sorpresa - ... Fiamma non è come le altre due vampire. Loro non possono vedere quella donna. Oh, noi non possiamo vedere quella donna... ma lei può, perché lei è strana. È diversa. Lei può... - s’interruppe.
- ... può? Cosa posso?! - lo incalzò lei, illuminandosi, nonostante lacrime di dolore le solcassero le guance: l’aveva chiamata strana. Faceva così male sentirlo dire proprio da lui, in quelle condizioni, con quella voce che sembrava fatta su misura per prenderla in giro.
Sembrava quasi divertirsi.
- Non è il vero Gilbert. Non devo prendermela, non devo... - si ripeteva, ma era inutile: ci soffriva comunque.
- ... cosa può? - ripeté lui, sempre guardandola con occhi assenti.
Una risatina sommessa gli sfuggì dalle labbra, mentre il suo sguardo assumeva un cipiglio vagamente cattivo, poi ritornò com’era all’inizio.
- Lei è così strana perché... sente i morti... -.
Proferì quell’affermazione con la mistica voce solenne che aveva avuto anche in infermeria.
Fiamma sgranò gli occhi, allibita da ciò che aveva appena detto.
Sentì le forze abbandonare ogni muscolo del suo corpo e una voglia matta di scoppiare in un pianto isterico ricolmarla da capo a piedi.
Sentiva i morti...? Come poteva sentire i morti?! Era quello il suo potere, parlare con le persone morte?!
Se l’avesse posseduto davvero, avrebbe potuto vedere o sentire Envy e Greed, ma quando aveva ritrovato i corpi non aveva percepito niente di anomalo. Solo dolore e tristezza.
- Fiamma! Fiamma, cosa c’è? Perché piangi? -.
Si era ripreso: sentiva le sue mani cercare di allentare la presa ferrea e dolorosa delle sue dita sulle sue spalle, dove erano ancora conficcate, ma non le importava.
Non le importava più di niente, neppure della preoccupazione che poteva causargli piangendo in quel modo.
Alla fine abbandonò la stretta su di lui e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, chinando il capo.
- Fiamma...? - la chiamò ancora Gilbert, dolorosamente in ansia: che cosa le era successo? E perché adesso erano inginocchiati a terra? Che fossero caduti?
Eppure, non lo ricordava.
Lei scosse la testa e si gettò contro il suo petto, cercando disperatamente di non affogare in un mare di angoscia e incredulità.
Mentre lui la circondava con le sue braccia e le accarezzava i capelli, mormorandole dolci stupidaggini nel tentativo di calmarla, la vampira non poté fare a meno di pensare che il Gilbert-in-trance aveva ragione. Lei era strana ed era diversa, non era né come lui, né come Emily o Amethyst, non era come Edward, Oz e Alphonse, né come Break o Barma.
Nessuno era come lei, lì dentro, forse nemmeno al di fuori di quelle mura, perché lei possedeva quel potere.
Si costrinse a calmarsi, o almeno a calmare i singhiozzi, a cercare di tranquillizzarsi e di guardare la cosa oggettivamente, dato che, a seguito di quella traumatizzante rivelazione, una cosa era divenuta ormai più che lampante: quella donna che aveva già incontrato due volte era morta. Anche il Gilbert-in-trance l’aveva detto. Solo lei poteva vederla, lei e nessun altro.
In più, e a pensar ciò si sentì le spalle improvvisamente pesanti, come se caricate con un immenso macigno invisibile, lei era l’unica capace di fermare le aggressioni. La donna voleva collaborare, ma poteva farlo solo con lei.
Per questo, era una prescelta, La Prescelta.
Doveva andare avanti, doveva accettare cos’era e il dono che possedeva e passare oltre, impiegando quel potere per fermare le aggressioni.
Tanto per cominciare, doveva saperne di più, ed era certa che in biblioteca ci fosse qualcosa che potesse fare al caso suo.
Obbligò le sue gambe a rialzarsi, sottraendosi alla dolce presa di Gilbert, che la fissava, ancora confuso e preoccupato.
- Sto meglio, grazie... - disse, asciugandosi le guance - Scusami, Gilbert, ma devo andare -.
- A-aspetta! È troppo... -.
Ma lei lo interruppe con un bacio, un contatto intimo e prolungato che sapeva ancora di disperazione e di lacrime.
- Farò attenzione, promesso -.
Detto ciò, si volse e corse via, diretta verso l’edificio principale.
 
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Fiamma Drakon
CAT_IMG Posted on 14/9/2010, 14:42




CAPITOLO 14 - Una Emily decisamente contesa





Emily si acquattò dietro uno scaffale della libreria, cercando nei ripiani più bassi qualcosa che facesse al caso suo: non aveva intenzione di sprecare una nottata in dolce far nulla. Oltretutto, stare senza niente da fare era il peggior modo che avesse d’impiegare il tempo e, soprattutto, la mente, che sapeva per certo sarebbe ritornata a ciò che era accaduto in mensa, subito dopo il tramonto.
Scosse con violenza il capo, chiudendo con forza gli occhi.
- Non devo pensarci, non devo pensarci...! - si ripeté con forza, riprendendo la sua ricerca di qualche libro interessante.
Sfiorò un tomo dalla copertina ruvida e ne lesse il titolo: “Alchimia di un delitto”. No, decisamente, non era adatto a lei. Passò avanti.
“Tramonto di sangue”... “Little Bloody Town”... “Tre amiche e un cadavere”... “Darker than night”... “Zombie City”...
- Certi titoli sarebbero piaciuti tanto ad Amethyst... - commentò tra sé, stizzita, rialzandosi: non c’era qualche libro un po’ più “solare” là dentro?
Passò ad un altro scaffale, più alto.
Lì c’era già qualcosa di meglio, anche se non proprio di suo gusto, come mostrava in modo estremamente lampante il primo titolo che adocchiò: “Skeleton Life - Diario di un morto vivente”.
- Uff... ma proprio niente per me...? - osservò, un po’ amareggiata, alzando ancor di più gli occhi.
Un titolo che l’attirava particolarmente spiccava a vivi caratteri rossi su una copertina bianca: “Run away from me”.
Sembrava interessante, peccato che non era esattamente a portata di mano.
Si guardò intorno: non c’erano scale da nessuna parte, per cui dovette improvvisare. Benché l’idea non le piacesse particolarmente, afferrò il bordo di un ripiano più in alto e si tirò su, appoggiando i piedi su uno più basso. Iniziò quindi una sorta di buffa e alquanto precaria scalata verso il libro che le interessava.
- Ehi, Emily... ti serve una mano? -.
La ragazza sobbalzò al sentirsi richiamare e si voltò.
- Ah... Fiamma, sei tu - sospirò, palesemente sollevata.
- Certo... chi pensavi che fosse, scusa? - chiese la rossa, inarcando con fare perplesso un sopracciglio.
Emily arrossì lievemente, scuotendo la testa.
- Nessuno in particolare! - si affrettò a rispondere - Comunque, no grazie. Faccio da sola - aggiunse, in risposta alla sua domanda iniziale.
- Sicura? -
- Sì, sì, tranquilla! Tu piuttosto... che ci fai qui? -
- Ricerche - replicò sinteticamente Fiamma - Allora... a dopo! - disse, come se avesse all’improvviso fretta, quindi si allontanò.
- Okay... ciao! - disse la biondina, ma l’altra era già lontana.
Riprese ad inerpicarsi coraggiosamente sullo scaffale, decisa a non arrendersi.
Aveva appena afferrato la costola del libro che cercava, quando...
- Emily...? Che cosa stai facendo? -.
La voce che più avrebbe voluto udire in ogni momento dalla sera prima tranne quello la fece sussultare. Per la sorpresa si sbilanciò e cadde all’indietro, ma la persona appena sopraggiunta l’afferrò prontamente prima che toccasse terra.
Dietro di lei cadde pure il suo libro, che le atterrò sul ventre.
- S-stavo... sì, cioè... stavo cercando di... - tentò di spiegarsi, fissando le proprie iridi negli occhi del suo salvatore.
- ... volevi questo libro? - chiese semplicemente lui, lanciando una rapida occhiata al volume dalla copertina bianca.
- Sì... - rispose Emily, imbarazzata, rimettendosi in piedi - Ehm... grazie per avermi presa, Eliot... -.
Il vampiro distolse lo sguardo, a disagio anche lui.
- Figurati - replicò soltanto, con fare un po’ burbero.
La vampira notò che anche lui teneva un libro in mano, rilegato in nero.
- Anche tu eri venuto per un libro? - chiese di getto, senza pensare a quanto fosse stupida quella domanda.
- Ero venuto a restituirlo... - spiegò lui, ben lieto di cambiare argomento.
Emily allora si aprì in un timido quanto mai solare sorriso, che una certa persona, nascosta dietro uno scaffale, colse in modo eccessivamente nitido.
Il giovane Bezarius ardeva di gelosia, quasi fosse un’aura che gli permeava la pelle e arroventava l’aria attorno a lui: non riusciva a sopportare di vederla sorridere così a uno come Eliot. Come poteva piacerle un essere del genere?! Era così presuntuoso, arrogante, pieno di sé, maleducato...
L’elenco di difetti che trovava in quello studente era pressocché infinita, mentre quella dei pregi era nulla.
Se avesse iniziato a dare di matto lì, di certo Emily se ne sarebbe accorta e non voleva sfigurare con lei, anzi, al contrario.
Ma non riusciva a sopportare di vederla con lui! Non ci riusciva per niente!!!
Quando lei iniziò a ridere, le guance lievemente rosse, una furia cieca divampò in lui, bruciando completamente ogni suo buon proposito e briciolo di dignità e discrezione.
Prima che il suo cervello riuscisse a frenarlo, uscì allo scoperto e si diresse a passi veloci e decisi verso i due. Spalle dritte, petto in fuori, espressione seria e composta. Pareva più un militare che uno studente deciso a fare colpo, ma per lui conquistare Emily era la priorità assoluta.
- Ehilà, Emily! - esclamò, appena fu vicino.
Eliot gli rivolse un’occhiata fulminante.
- Ciao, Oz - rispose semplicemente la biondina, sorridendogli, provocandogli un vero e proprio scombussolamento completo.
- Ti va di andare a fare un giro? - le chiese subito, senza perdere un attimo.
Prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, l’altro vampiro gli ringhiò contro, mostrandogli un paio di affilati e davvero ben tenuto canini dall’aria poco raccomandabile.
- Sparisci, Bezarius! Non lo vedi che è occupata? -
- A dir la verità mi sembra più che libera! - ribatté Oz, prendendolo palesemente per i fondelli.
L’altro si sporse sul biondo, incombendo su di lui come una minacciosa presenza.
- Non osare parlarmi con quel tono, Bezarius -
- E tu impara a stare al posto tuo, Nightray -.
Emily batté le palpebre, perplessa: Nightray? Ma non era il cognome di Gilbert e Vincent, quello? Significava forse che pure lui era imparentato con loro...?
Lo esaminò: non somigliava affatto agli altri due, ma adesso che ci faceva caso emanava un’aura d’autorità e forza che, segretamente, aveva percepito pure in Gilbert, durante il loro primo incontro.
I due vampiri si fissarono in cagnesco per lunghi attimi, durante i quali la povera sfortunata poté sentire la tensione del momento come un velo palpabile attorno a lei.
Era quasi inquietante.
- Emily, allora? Vieni? - disse Oz, rivolgendole un fugace sguardo felice.
Eliot lo spinse.
- È impegnata con me. Dobbiamo suonare insieme... - si rivolse a lei - vero? -.
Iniziava a sentirsi troppo... schiacciata, in mezzo a loro.
- Verrà a fare una passeggiata con me! -
- Verrà a suonare con me! -
- B... BASTA! -.
Non seppe nemmeno lei dove riuscì a trovare il coraggio e la voce per urlare così, fatto stava che aveva attirato la loro attenzione.
A disagio, iniziò a piangere.
- N-non... devo a-andare... - disse, correndo via.
- Emily, aspetta...! - la richiamò Oz, affranto, ma la vampira non si fermò né si volse indietro.
- È colpa tua! - ringhiò poi, rivolgendosi al suo nemico.
- Mia?! Sei tu che ti sei messo in mezzo! -
- Ti avverto, Nightray: non sono disposto a lasciarti campo libero con lei, per nessuna cosa al mondo! -
- Lo stesso vale per me! -.
E si voltarono, allontanandosi a passi pesanti, in direzioni opposte.
 
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Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 23/9/2010, 19:50




Fiamma, chiedo umilmente perdono...causa vacanze e altro non sono riuscita a leggere le tue fanfic! ç__ç
Per ora ho letto solo il capitolo 11, un po' alla volta andrò avanti!
La scena di Eliot è PUCCIOSA! *__* Non avresti una musica da suggerire per la scena, per caso?E la scena di Fiamma e quella donna mi ha fatto venire i brividi, è agghiacciante! °_°
 
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50 replies since 29/1/2010, 17:18   280 views
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