" Un cuore indomito è come un masso che rotola giù da una montagna, forse si schianterà a valle e finirà in pezzi, ma non si fermerà mai"
IL DIGIMON
Una gigantesca esplosione squassò la montagna.
Il ghiacciaio esplose in migliaia di frammenti e enormi blocchi di ghiaccio si staccarono, schiantandosi a terra. File e file di alberi vennero travolti come fuscelli e la neve si sciolse sotto l’improvviso aumento di temperatura,mentre l’intero versante si trasformava in una massa di fanghiglia fusa.
Kotemon si aggrappò allo sperone di roccia su cui si era rifugiato per non venir spazzato via. Il calore lo aggredì con violenza, arroventandogli la leggera armatura e un sottile filo di fumo iniziò a uscire dalla spada di bambù che teneva alla cintura.
Le raffiche di vento minacciavano di farlo volare via come una foglia, ma in quel momento la propria incolumità era l’ultimo dei pensieri del piccolo Digimon di livello Rookie.
Con ansia crescente, i suoi due piccoli occhi a palla percorsero velocemente la distesa di fango ribollente che si estendeva sotto di lui alla disperata ricerca del suo maestro.
In alto, fra le nuvole nere spezzate dai lampi, un enorme Digimon nero rideva trionfante e la sua roca risata riecheggiava al di sopra del rombo della tempesta, risuonando come dolore lancinante nelle orecchie del piccolo Digimon.
Improvvisamente, un punto della marea fangosa esplose e Kotemon si lasciò scappare un sorriso sollevato nel vedere KendoAgemon librarsi di nuovo in volo, indenne, ma il battito accelerato del suo cuore non si placò.
Lo seguì con lo sguardo, mentre si scagliava di nuovo contro il Digimon dalla pelle nera, affrontando con coraggio la furia della tempesta e della raffica battente della pioggia.
Un rumore di ferro contro ferro risuonò con tanta violenza che Kotemon dovette tapparsi le orecchie per il dolore e per un attimo il cielo tempestoso si illuminò a giorno.
KendoAgemon era uno spettacolo in combattimento: parava, schivava e colpiva con una grazia che sembrava quasi stesse danzando tanto erano precisi e perfetti i suoi movimenti in confronto a cui la forza bruta dell’avversario sembrava del tutto inutile.
Kotemon vide il suo maestro colpire la pelle corazzata del Digimon una, due, tre volte, e aprirvi altrettanti squarci da cui fuoriuscivano veloci i dati, eppure la risata del nemico non accennava ad interrompersi.
Poi, ad un certo punto, l’artiglio del Digimon dalla pelle nera scattò in avanti e afferrò KendoAgemon per il collo. Kotemon sussultò.
Il Digimon di livello Mega tentò di liberarsi, ma la forza innaturale dell’avversario glielo impediva. Lo trafisse al fianco, al petto, allo stomaco, ma l’altro continuava a ridere, insensibile a tutti i colpi, e strinse ulteriormente la presa.
Kendo Agemon cominciò a perdere le forze e i suoi movimenti si fecero più frenetici.
Un ghigno crudele apparve sul grugno del Digmon nero. Stava già pregustando la vittoria, quando un globo elettrico gli si infranse contro il fianco, sul punto in cui la spada di KendoAgemon era penetrato più in profondità.
Per un attimo, l’espressione di vittoria del Nero venne sostituita da una smorfia di dolore e la sua presa si allentò.
Di questo KendoAgemon ne approfittò subito per sferrargli un calcio al fianco e liberarsi.
Il Digimon nero digrignò i denti e con furia rabbiosa si voltò bruscamente verso la direzione da cui era giunto l’attacco alla ricerca di chi aveva osato colpirlo quando si vedeva già la vittoria tra le mani.
Puntando il piede sulla punta dello sperone di roccia Kotemon gli agitò la spada di bambù contro, ancora satura di energia elettrica.
“ Ehi, tu, lascia stare subito il mio maestro, prenditela con me se ne hai il coraggio” gli urlò contro il piccolo e coraggioso Rookie.
Il Nero rise a quella dimostrazione di totale incoscienza e decise di accontentarla.
Kendo Agemon capì cosa avesse intenzione di fare, ma non fece in tempo a fermarlo che già si era scagliato a tutta velocità contro Kotemon.
“ No! Kotemon, scappa!” Urlò, gettandosi all’inseguimento.
Kotemon scosse testardamente la testa e non si mosse. Puntò invece un piede a terra e impugnò la spada di bambù a due mani, preparandosi a colpire.
“ Kotemon!” Urlò ancora KendoAgemon, accelerando e contemporaneamente maledicendo la stupida testardaggine del uso allievo.
Il Nero rise sguaiatamente. “ Bene! Allora sarai tu il primo a morire! Gridò e le sue parole vennero accompagnate da un fulmine che sembrò spezzare in due il cielo. Mentre si avvicinava a folle velocità, spalancò la bocca in modo abnorme, abbastanza da poter ingoiare Kotemon in sol boccone, e una formidabile chiostra di denti affilati come pugnali brillò sinistramente al suo interno.
“ Dannazione! Kotemon! Togliti di lì!”
Kotemon sembrava quasi non sentire il suo maestro, completamente concentrato sull’enorme massa nera che stava per piombargli addosso.
“ Sei finito!” rise il Nero, poco prima dell’impatto.
Con violenza, chiuse le mascelle sullo sperone di roccia, strappandolo dalla terra e spezzandolo in tanti piccoli frammenti, prima di gettarlo nell’inferno ribollente di fango che aveva scatenato lui stesso. Quindi si risollevò in aria per ammirare il risultato della sua opera. Osservò con soddisfazione gli ultimi pezzi di pietra svanire inghiottiti dalla fanghiglia, ma con grande sorpresa, condivisa anche da KendoAgemon, nessun dato venne fuori ad indicare il decesso del Rookie.
“ Credevi di poterti liberare cosi facilmente di me?” gli disse una voce alle spalle.
Il Nero si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere una spada di bambù avventarsi su di lui, prima che lo colpisse in mezzo agli occhi.
“ Maledetto!” gridò furioso e in preda più che al dolore all’ira di essersi fatto giocare in quel modo, cercando di togliersi Kotemon di dosso con violenti strattoni.
Il Rookie si aggrappò a una delle punte ossee che uscivano dalla schiena dell’avversario e riuscì, anche se per poco, a non farsi sbalzare via, il che avrebbe comportato una veloce caduta nel fango ribollente.
Cieco di rabbia, il Nero volò verso un grosso spuntone di roccia appuntita, deciso a schiantarvi contro la piccola pulce che non voleva saperne di staccarsi da lui, ma prima che potesse farlo KendoAgemon lo intercettò, travolgendolo con una spallata.
Kotemon fu sbalzato via dal contraccolpo e cadde giù dalla spalla del Nero. Per sua fortuna il suo maestro aveva fatto innalzare una piccola piattaforma dal fango e fu su questa che atterrò pesantemente, rischiando quasi di battere la testa, mentre i due avversari si aggrovigliavano in un serrato corpo a corpo.
Con le ultime forze che gli restavano si rimise in piedi per assistere a quella lotta ormai degenerata in un confronto all’ultimo sangue.
KendoAgemon schivò un colpo di artigli e affondò la spada nella spalla del Nero con tanta forza che la punta dell‘arma eruppe dal lato opposto, rimanendo incastrata. Grugnì di dolore, quando gli artigli dell’avversario sfondarono la corazza che lo proteggeva e gli affondarono nello stomaco, ma non mollò la presa né indietreggiò.
Furibondo, il Nero si sporse in avanti e gli affondò i denti nella spalliera, spezzandola e ferendolo. KendoAgemon strinse i denti e afferrò la testa del suo avversario con entrambe le mani. Subito le una luce dorata iniziò ad uscire dalle dita del Mega e avvolse la testa del Digimon nero. Il Nero gridò e lo colpì con pugni violenti, cercando freneticamente di scampare alla sua presa, ma KendoAgemon non vacillò.
Kotemon osservava meravigliato il compiersi di quella tecnica che sapeva essere letale.
Poi di colpo la luce che si dipanava dalle mani del suo maestro si intensificò di colpo e brillò
Intensamente e Kendo Agemon pronunciò la prima parte della tecnica.
“ FinalJudgement!”
Il Nero gridò, in preda al dolore. Si agitò convulsamente nel vano tentativo di liberarsi e fiumi di dati iniziarono ad uscire dall‘oscurità che lo avvolgeva.
La pioggia, il vento, tutto sembrava essersi fermato ed essere in attesa.
Infine, KendoAgemon pronunciò l‘ultima parola, che risuonò come una condanna.
“ Guilty!”
Il Nero gridò un ultima volta ed esplose in una miriade di frammenti scuri che si sparsero volteggiando e svanirono uno dopo l‘altro.
Mentre la tempesta tornava a far sentire la propria voce, Kendo Agemon rimase qualche istante in piedi, la splendente armatura ammaccata e sporca, il fiato veloce e spezzato, poi si accasciò nel fango e rimase immobile.
“ Maestro!” Kotemon si riprese appena vide il suo maestro crollare a terra e, senza neanche guardare a dove metteva i piedi, balzò giù dalla piattaforma e corse da lui. Gran parte della fanghiglia era colata via e cosi non ebbe difficoltà nel superare gli ostacoli che gli presentavano davanti e in breve raggiunse lo sfinito Digimon.
Preoccupato, come non mai si inginocchiò al suo fianco e controllò le sue condizioni.
Il petto di KendoAgemon si abbassava e si alzava velocemente, segno che era ancora vivo, ma a parte questo il Mega era in pessime condizioni.
“ Kotemon” la voce di KendoAgemon lo riscosse dalle sue riflessioni.
“ Si, maestro?” chiese preoccupato, poco prima che un pugno gli si abbattesse sulla testa.
“ Non fare mai più cose del genere” lo rimproverò debolmente il Mega, ritirando il braccio.
Kotemon gli riservò uno sguardo a metà tra l‘incredulo e l‘offeso.
“ Ma…ma..io volevo…”
“ Tu mi hai visto in difficoltà e volevi aiutarmi” lo interruppe KendoAgemon “ Ma hai pensato a cosa sarebbe successo se ti fosse successo qualcosa?”
Kotemon abbassò la testa. No, non ci aveva pensato.
“ Te l’ho insegnato, a volte occorre mettere da parte i propri interessi se si vuole perseguire un ben più grande” Il tono di voce del Mega era calmo e pacato, eppure ogni parola feriva Kotemon come una spada.
“ Anche i sentimenti?” mormorò, come se non volesse farsi sentire.
KendoAgemon annuì e tentò di risollevarsi.
“ Si, anche i sentimenti, se necessario” disse solenne “ Potrà sembrarti cinico, ma non dimenticare mai questo, molte volte la verità è cinica, per questo esistono le bugie”
“ Si, maestro” rispose Kotemon, accorrendo a sostenerlo. In cuor suo non era certo di poter credere a quelle parole. Erano…erano troppo per accettate! Troppo e basta.
“ Beh, a quanto pare, ormai Digiworld non è più un posto sicuro, almeno per te” disse KendoAgemon, cambiando improvvisamente discorso.
Kotemon si immobilizzò, lo sguardo fisso sul suo maestro.
“ Maestro, questo vuoldire che….”
“ Già” sospirò il Mega, stanco. Rivolse al Rookie uno sguardo triste “ In fondo immagino di averlo sempre saputo che sarebbe giunto questo giorno”
Lentamente fece salire la mano a stringersi sul medaglione che portava al collo e lo strappò con un gesto secco.
“ Tieni, questa è la chiave per la tua salvezza” disse, porgendolo a Kotemon “ Che poi potremmo dire essere di tutti” aggiunse con un tono stranamente divertito.
Kotemon prese l’oggetto che gli veniva offerto con una specie di timore reverenziale. Mentre ne osservava le sottili e complicate linee, la mente gli si affollò di dubbi.
“ Maestro, perché devo essere proprio io ad andarmene?” Chiese, dando voce ai timori che lo attanagliavano.
“ Perché tu sei l’unico rimasto, lo sai bene, gli altri ormai non sono in grado di fare nient‘altro” La voce di Kendo Agemon si affievolì man mano che parlava, come se pronunciare quelle paorle gli costasse un grand edolore.
“ Si, però io…” Kotemon si bloccò quando una mano gli afferrò la testa.
“ Smettila di piagnucolare!” Il comando imperioso di KendoAgemon lo fece saltare sull’attenti “ Sei un guerriero, ricordatelo, il migliore allievo che io abbia mai avuto e adesso è giunto per te il momento di affrontare una prova più impegnativa delle altre, ma non per questo significa che non possa essere superata”
Kotemon si sentì rinvigorire dalle parole del suo mentore. Si diede del vigliacco. Come poteva lasciarsi prendere dallo sconforto in un momento del genere?
“ D’accordo, maestro, lo farò!” disse, stringendo determinato il medaglione.
KendoAgemon sorrise. “ Questo è il mio allievo” annuì con una punta di orgoglio per quel piccolo Digimon cosi caparbio.
“ Ah, maestro, vorrei sapere un’ultima cosa”
“ Cosa?” KendoAgemon sperò non si trattasse di altri dubbi.
“ Com’è il Mondo degli Umani di preciso?” chiese Kotemon curioso.
KendoAgemon lo squadrò per un istante. Da quanto tempo non lo vedeva cosi ansioso di sapere qualcosa? Non per paura o per prepararsi, o meglio, forse anche per quello, ma quella che sentiva in quel momento nel suo allievo era una semplice voglia di sapere.
Sorrise. Almeno un cambiamento positivo c‘era.
“ Non c’è molto da dire, sicuramente è molto meno vario e pericoloso del nostro, ma anche lì ci sono notevoli pericoli”
Kotemon ascoltò la risposta, perplesso. Decisamente non era molto precisa né di aiuto. Ma se lo diceva il maestro, forse quello gli sarebbe bastato.
“ D’accordo, allora, vado” disse, ancora non del tutto convinto, e premette la pietra al centro del medaglione. Un fulmine azzurro scaturì dall’oggetto e dopo aver percorsa una breve distanza si infranse in un piccolo portale rotondo dai contorni in continuo movimento.
Kotemon deglutì nel osservare il buio totale che si estendeva al suo interno, apparentemente senza fine. Una forte determinazione, però, lo sosteneva e avanzò di un passo verso quel portale che dava su un altro mondo.
“ Un ultima cosa” KendoAgemon lo richiamò, quando era già sulla soglia.
“ Cosa c’è, maestro?” chiese, voltandosi indietro.
“ Stai sempre attento a chi apri il tuo cuore, nel mondo degli Umani come qui a Digiworld, non dimenticarlo” Il potente Digimon di livello Mega sorrise al suo allievo prediletto, certo che sarebbe riuscito nella sua missione.
Kotemon stava per chiedere ulteriori spiegazioni, quando una forza iniziò a trascinarlo all’interno del portale. Tentò di resistere, ma alla fine si dimostrò troppo per lui e si lasciò andare.
L’ultima cosa che riuscì a vedere fu il suo maestro che lo salutava con un cenno della mano.
“ Arrivederci, maestro” pensò, un attimo prima che l’oscurità si chiudesse su di lui.
" Un cuore senza aspirazioni equivale a un fuoco spento, a un uccello senza ali, a una nave sena bussola"
IL RAGAZZO
“ Svegliati, Shinichi”
Si mosse nel sonno, infastidito da quella voce che gli arrivava lontana come un eco. Chi lo stava chiamando?
Ma lui stava cosi bene.
Un tepore piacevole lo riscaldava dolcemente e sentiva tutte le preoccupazioni svanire sotto la calda cappa del torpore. Un brusio confuso in sottofondo lo cullava.
Aveva l’impressione di sprofondare in un oblio rilassante con nulla intorno che potesse disturbarlo.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile e nascose la testa tra le braccia.
Non aveva voglia di muoversi.
“ Svegliati, Shinichi”
Di nuovo quella voce sgradevole. Ma perché non lo lasciavano dormire in pace? Lui voleva soltanto rimanere lì, fermo e immobile, lontano da tutto e da tutti.
Che male c’era?
“ Mi hai sentito? Svegliati immediatamente!”
“ Mmmh, ancora cinque minuti” mugugnò, rigirandosi nel dormiveglia.
Le orecchie gli si riempirono del suono di rumori sguaiati, tutti superati da una specie di ringhio minaccioso sopra di lui.
Non gli importò più di tanto: finalmente poteva tornare a dormire.
Si appoggiò sulla superficie fredda del banco e sospirò, soddisfatto.
Un pugno irsuto calò con la violenza di un martello a un centimetro dal punto in cui si trovava la sua testa e il piccolo limbo che si era creato si infranse in una miriade di immagini confuse e macchie colorate.
Fu cosi che Shinichi Yoshizawa, studente delle Medie Hayashiba, tornò bruscamente alla realtà.
Scattò a sedere, battendo le palpebre nel tentativo di capire dove si trovasse. Immagini confuse gli vorticarono davanti agli occhi, mentre tutto intorno sentiva che parecchie persone stavano ridendo sguaiatamente.
Alla fine, quando riuscì a rimettere di nuovo a fuoco, un faccione incarognito irto di una barba villosa si ergeva su di lui.
“ P-professor T-Toubu” balbettò il ragazzo terrorizzato, rendendosi conto solo in quel momento che si era addormentato di nuovo in classe.
Il corpulento professore si sporse minacciosamente verso di lui e Shinichi non potè fare a meno di notare l’impressionante fila di denti giallastri che gli riempiva la bocca.
“ Yoshizawa, che stavi facendo?” gli domandò, inondandolo con una zaffata d’alito che sapeva fortemente di sukombu andato a male e di muffa. Benchè non alzasse affatto la voce, Shinichi sentì chiaramente il tono minaccioso della domanda nel fragore delle risate degli altri studenti.
“ Ehm, dormivo?” rispose, titubante.
Shinichi capì di aver sbagliato, non appena vide il professore aggrottare la fronte e n vivido colore rosso spargergli per la faccia e le guance ispide, mentre una nuova ondata di risate invadeva la classe. I pugni dell’uomo si strinsero convulsamente e per un attimo Shinichi temette fortemente che volesse prenderlo a cazzotti. Quando sembrò essere sul punto di esplodere, si raddrizzò di colpo in tutta la sua considerevole altezza e iniziò a passeggiare velocemente avanti e indietro per la classe.
Quel gesto fece calare il silenzio e fece spostare l’attenzione generale sulla figura massiccia del professore.
“ Yoshizawa, tu conosci il regolamento, vero?” chiese, improvvisamente calmo.
Deglutì. “ Si, signore”
“ E allora, potresti cortesemente dirmi qual è la sesta regola del regolamento scolastico?”
Shinichi sussultò e cominciò a sudare copiosamente. La sesta regola? Il regolamento ne conteneva almeno duemila, come faceva a ricordarsela?? Mosse lo sguardo di qua e di là in cerca di aiuto, ma tutti gli studenti abbastanza vicini da potergli suggerire lo guardavano divertiti, in attesa, probabilmente, di un altro motivo per rimettersi a ridere.
“ Allora?” Il richiamo brusco del professore lo fece agitare più di quanto non fosse già.
In panico, notò che, a due banchi di distanza, Kisana cercava di suggerirgli qualcosa. Tese le orecchie al massimo per capire cosa dicesse e c’era quasi riuscito, quando un paio di ragazzi si frapposero tra lui e la ragazza, bloccandogli la visuale. Gli rivolsero delle espressioni strafottenti e lui tornò bruscamente a concentrarsi sulla figura sempre più impaziente del professore.
Fece lavorare freneticamente il cervello alla ricerca di una soluzione. La prima e la seconda regola parlavano delle regole generali da tenere all’interno della scuola, ma la sesta? Forse….
“ Forse è una domanda troppo difficile per te” disse il professore, fermandosi spazientito davanti alla finestra e mollando un pugno in testa a un ragazzo che ridacchiava tra sè e si era fatto sentire.
Shinichi sussultò di nuovo. Di sicuro la sorte che lo aspettava sarebbe stata molto peggiore se non avesse risposto. Tentò disperatamente di ricordare l’enorme foglio pieno di lettere piccole e nere che gli avevano messo davanti a inizio anno, perché lo leggesse fino alla nausea, ma neanche una parola gli affiorò in mente. Eppure lo aveva studiato giorno e notte.
“ Non portare in classe animali”
Ascoltò sorpreso quella voce sussurrargli all’orecchio e istintivamente si voltò. Con la coda dell’occhio vide Toshiro che annuiva e sorrideva freddo. Si rimise a posto gli occhiali che minacciavano di scivolargli e lo ringraziò con un cenno della testa. Allora era vero che i miracoli succedevano ogni tanto.
“ Ehm, non portare in classe animali” scandì, speranzoso. Forse poteva ancora salvarsi.
Il professor Toubu si irrigidì, le braccia incrociate sul petto.
“ Buona risposta, Yoshizawa” commentò, portandosi lentamente dietro la cattedra. Shinichi sospirò di sollievo e si rilassò impercettibilmente. Il cuore tornò a saltargli in gola, quando Toubu sbattè le mani sulla cattedra “Peccato che sia assolutamente sbagliata!” esclamò furioso. “ Regola numero 6 del regolamento scolastico: E’ assolutamente vietato per professori, alunni e personale scolastico addormentarsi o sostare in classe dopo la fine dell’orario senza precisa autorizzazione, ti ricorda niente?”
Shinichi si appiattì contro la sedia, mentre la rabbia del professore gli si riversava addosso. Sperò ardentemente che un buco gli si aprisse sotto il banco e lo inghiottisse per sempre, ma non credeva di poter essere cosi fortunato.
“ Non portare in classe animali è la regola numero 43, lo sanno anche i muri ormai dopo tutte le volte che lo abbiamo ripetuto, pensavo che fosse entrato anche in quella testaccia che ti ritrovi, ma a quanto pare mi sbagliavo” fece una pausa per riprendere fiato, la faccia cosi rossa da sembrare che un fuoco la bruciasse dall‘interno.
“ E’ già la terza volta che succede, Yoshizawa, i tuoi genitori mi sentiranno per questo” aggiunse dopo qualche istante e senza aggiungere altro né aspettare risposta si sedette bruscamente al proprio posto dietro alla cattedra e aprì con rabbia il libro per iniziare la lezione.
La classe si riempì di mormorii e di commenti divertiti sulla quotidiana figuraccia del ragazzo.
Shinichi abbassò la testa, sconsolato. Ma perché capitavano tutte a lui?
Vide a poca distanza, Kisana scuotere la testa nella sua direzione. Senza poterle dare torto, tirò fuori il libro e lo aprì per far vedere che seguiva, anche se i suoi pensieri erano rivolti ben altrove.
Dietro di lui sentì Toshiro dire: “ Avresti fatto meglio a studiare, Yoshizawa”, ma non si voltò né replicò, concentrandosi sulla lezione.
A quella vista, un espressione compiaciuta comparve sul volto di Toshiro.
“ Ma guarda che ingiustizia”
Shinichi assentì, appena presente, mentre attraversava la porta della classe, panino incartato alla mano, per godersi l’intervallo annunciato dal suono stridente della campanella.
Accanto a lui, Kisana Hattori, ragazza conosciuta in tutta la scuola per il carattere combattivo, campionessa di karate, studente con ottimi voti e unica persona nella scuola che poteva definire amica, stava esprimendo a gran voce tutta la sua rabbia contro “quel tricheco puzzone di Toubu” e “ “quel infame traditore di Toshiro” con improperi ed altri epiteti non troppo gentili e che probabilmente le avrebbero portato come minimo una sospensione se qualcuno li avesse sentiti.
Era una ragazza molto carina per la sua età. Aveva un fisico snello e slanciato e l’uniforme scolastica le calzava a pennello. Le sue iridi color rubino sembravano mandare fulmini per quanto era arrabbiata e la lunga chioma rossiccia le ricadeva sulla schiena in una lunga coda da cui spuntavano parecchi ciuffi ribelli.
“ Eddai, Hana, non è successo niente” cercò di calmarla con poca convinzione Shinichi. Kisana permetteva solo ai suoi amici di chiamarla in quel modo e lui era felice di poterlo fare.
Kisana lo guardò come se fosse impazzito “ Non è successo niente? Non è successo niente?” lo incalzò, arrabbiatissima con il tono di voce che si alzava sempre di più.
“ Ehm, si?” tentò Shinichi, arretrando di qualche passo da quella furia scatenata.
“ Ma se quel brutto idiota ti ha fatto fare la figura del teppista davanti a tutti!” sbottò “ Non è giusto! Non è affatto giusto!”
” Però aveva ragione” Shinichi abbassò la testa “ Non mi sarei dovuto addormentare”
Kisana sbuffò “ Bah, storie, a chi non è mai capitato di addormentarsi in classe? E poi, vorrei vedere, la lezione di Toubu è cosi noiosa che pure le sedie si addormenterebbero se potessero”
Shinichi sorrise tristemente a quel tentativo di consolarlo “ Tu, però, non mi sembravi cosi poco interessata, Hana” disse, cercando di cambiare argomento. Alludeva ai voti perennemente sopra all’eccellenza dell’amica.
“ Mph, ho una media da difendere, io” disse la ragazza, facendo la finta schizzinosa.
Shinichi rise. Le piaceva Kisana, era una brava ragazza, sempre allegra e mai disposta ad arrendersi.
Cercava sempre di tirarlo su, quando si sentiva il morale a terra e se serviva e con la sua determinazione lo spingeva sempre a cercare di migliorarsi e anche se i suoi sforzi finivano per essere vani, non si perdeva mai d’animo. Forse le stava simpatica, perché aspirava a diventare come lei o forse perché la invidiava e basta, chissà.
“ Beata te che stai sempre sui libri” rise, divertito.
Un pugno lo centrò in piena fronte, mettendo immediatamente fine alla sua ilarità.
“ Pensa alla tua di media scolastica, piuttosto, somaro” lo redarguì Kisana con un espressione a metà tra il tombale e lo spaventoso.
“ Ahia, mi hai fatto male” si lamentò il ragazzo, tenendosi il punto colpito, da cui cominciava già a spuntare un grosso bernoccolo. Certo, non gli sarebbe dispiaciuto che Kisana avesse un carattere un po’ meno permaloso.
“ Te lo meriti” sibilò la ragazza “ Guai a te se riprovi a fare commenti del genere, se pensa a studiare, invece, e i buoni voti li avrai anche tu”
“ Ma è difficile” protestò debolmente.
Kisana incrociò le braccia con cipiglio severo “No, è impossibile, se non ti impegni”
“ Ecco, io…” cominciò a dire il ragazzo, ma una voce fin troppo conosciuta lo interruppe.
“ Proprio cosi, Hattori, per Yoshizawa è del tutto impossibile”
Shinichi vide un’espressione stizzita comparire sul viso di Kisana e capì al volo che la ragazza non doveva essere molto contenta di sentire quella voce. Entrambi si voltarono nella direzione da cui proveniva. Un gruppetto di sei ragazzi grossi e robusti si era schierato a bloccare per il corridoio e bloccava loro la strada. Tutti sfoggiavano dei ghigni arroganti e ben poco rassicuranti, ma non preoccuparono Shinichi quanto il ragazzo leggermente più basso che stava a capo della piccola banda e che aveva parlato.
Toshiro Uemeza si fece avanti con un espressione impassibile in viso, ma non per questo meno minacciosa.
“ Yoshizawa, Hattori” salutò educatamente, chinando appena il capo verso entrambi.
Anche se in confronto con i suoi scagnozzi sembrava un nano, era un ragazzo abbastanza alto, magro e dal fisico atletico e allenato di un assiduo frequentatore di sport. Aveva corti capelli neri che dalla nuca terminavano in una miriade di punte dritte come spilli, tenute insieme da una quantità esagerata di gel. A mettere in soggezione Shinichi erano i suoi glaciali occhi neri, cosi scuri da sembrare pozzi di pece.
Gli facevano paura.
“ Uemeza” rispose Kisana, glaciale.
Shinichi le gettò uno sguardo veloce. Sperava con tutto il cuore che non facesse idiozie.
“ Sentivo che parlavate di te, Yoshizawa” cominciò Toshiro, accennando al ragazzo. “ In effetti sarebbe strano non farlo dopo quello che ha combinato oggi, vero Yoshizawa?” chiese retoricamente, mentre l’ombra di un sorriso gli si distendeva in volto. Dietro di lui i suoi scagnozzi risero sguaiatamente, confermando le parole del loro capo.
Shinichi abbassò lo sguardo nel tentativo di sfuggire a quei due ostili pozzi neri. Come poteva dargli torto?
“ E parli proprio tu” sibilò Kisana, fulminandolo con lo sguardo.
Toshiro le rivolse appena un’occhiata distratta, come se fosse solo una mosca fastidiosa, per poi tornare a concentrarsi sul ragazzo.
“ Beh, non mi sei sembrato il massimo dell’attenzione, oggi, Yoshizawa, hai dormito poco?” chiese, poi vedendo che Shinichi non rispondeva, disse: “ O forse ti sei dimenticato di leggere il regolamento per stare dietro a tuo padre”
“ Adesso basta” Kisana si frappose tra i due. “ Sparisci immediatamente, Uemeza, non sai nemmeno di cosa stai parlando” disse, fissando furiosa il moro, che non battè ciglio. “ Perchè dovrei, Hattori?” chiese, rivolgendosi a lei per la prima volta. Il suo tono si era fatto, freddo, indifferente.
“ Sei stato tu a suggerirgli la cosa sbagliata, ti ho sentito” sibilò la ragazza in tono accusatorio..
A quella affermazione Toshiro sorrise: “ Devo ammetterlo, è cosi” ammise, suscitando la sorpresa e l’indignazione di Kisana.
“ E lo ammetti anche?” chiese incredula, scandendo ogni parola con la rabbia più profonda. Sembrava veramente sul punto di perdere le staffe di saltargli addosso e prenderlo a sberle.
“ Si, certo, però mi chiedo se sarebbe cambiato qualcosa” Disse, grattandosi il mento, come se stesse riflettendo “ Tu che ne pensi, Yoshizawa?”
Shinichi aveva ascoltato tutto il discorso in silenzio, senza mai intervenire, e quando gli sguardi generali si posarono su di lui, abbassò la testa, imbarazzato.
“ E’ colpa mia” mormorò. “ E’ tutta colpa mia che non ho studiato il regolamento se Toubu-sensei si è arrabbiato”
“ Ma che cavolo dici?” Kisana era incredula a sentire quelle parole.
“ Avete sentito tutti, Shinichi-kun ha ammesso il suo errore, non è ammirabile?”
Una nuova ondata di risate risuonò nel corridoio.
“ Te lo dico per l’ultima volta, Uemazu, sparisci” lo minacciò Kisana tra i denti, stringendo i pugni.
Lentamente i ragazzi rimasti fino a quel momento in disparte si avvicinarono, per essere sicuri di poter difendere velocemente il loro capo in caso di necessità.
Lo sguardo di Kisana si spostò rapidamente su ognuno di loro, come se si stesse chiedendo quanto ci avrebbe messo a stenderli tutti. Shinichi sperò vivamente che non avesse in mente di fare gesti inconsulti. Non si sarebbe perdonato se per colpa sua si fosse scatenata una rissa nella scuola.
“ Sarò lieto di accontentarti quanto prima, Hattori” sogghignò Toshiro, intimamente soddisfatto di quella situazione che lo vedeva in una posizione di assoluto vantaggio. “ Ma, vedi, oggi ho dimenticato la merenda a casa e mi farebbe piacere se Yoshizawa mi desse la sua”
“ Cosa?” Kisana fece un passo avanti, decisa a prendere quel arrogante e fargli ingoiare tutte le sue parole una per una. Il suo movimento provocò la reazione immediata di tutti i bulletti, ma prima che potesse scatenarsi una rissa, Shinichi superò velocemente la sua amica, mettendosi in mezzo.
“ Ecco” disse semplicemente, tendendo la mano. Sul palmo c’era la sua merenda ancora incartata.
“ Ma non devi…” cominciò Kisana, indispettita e stupita nello stesso tempo, ma Shinichi la interruppe.
“ Non ti preoccupare, Hana, tanto non ho fame” disse a voce un po’ troppo alta. “Ecco, prenditela pure” disse cortesemente, offrendola a Toshiro.
Il moro osservava la scena con un ghigno compiaciuto sul volto, imitato dai suoi scagnozzi, anche se questi ultimi erano un po’ dispiaciuti di non poter menare le mani.
“ Torosuke, prendila” ordinò sempre sorridendo. Shinichi cominciò a sudare freddo, quando un ragazzo molto più alto e robusto degli altri si staccò dal gruppetto e gli si avvicinò a passi da gigante. Lo riconobbe immediatamente: era Torosuke, detto il “toro”, uno degli studenti più temuti dell’intera scuola per la sua enorme stazza e per la sua incredibile forza.
Giravano molti voci su di lui e se si considerava vera solo la metà, allora si poteva dire che era una specie di Terminator intrappolato in un corpo di studente.
Quando gli fu davanti e lo squadrò da capo a piedi in silenzio, Shinichi temette di farsela sotto per la paura. Deglutì e tentò di sorridere in modo conciliante, anche se non credeva potesse servire a molto se quel colosso avesse deciso di non gradire i suoi connotati.
Senza dire una parola né cambiare la sua espressione impassibile, Torosuke allungò una delle sue mani da orso verso Shinichi. Il ragazzo chiuse istintivamente gli occhi, ma tutto quello che gli fu tolto fu la merenda dalle mani. Quando li riaprì, pochi istanti dopo, Torosuke la stava consegnando al suo capo, per poi tornare nei ranghi della piccola banda.
Sospirò intimamente di sollievo per essere ancora vivo, indeciso se essere sorpreso o solo riconoscente.
Nel frattempo, Toshiro aveva preso in mano la merenda e, sotto lo sguardo di fuoco di Kisana, la stava scartando lentamente.
Osservò pensieroso lo striminzito panino imbottito che aveva tra le mani per qualche istante, squadrandolo come se potesse nascondere dei ragni velenosi, poi di colpo, suscitando un’esclamazione da parte di Kisana, lo spezzò e lo gettò a terra.
“ Robaccia, non fa per me” commentò, schiacciandolo sotto il piede.
“ Tu…tu…” balbettò Kisana, furibonda.
Shinichi la fermò con il braccio e, quando lei gli rivolse uno sguardo interrogativo, lui le concesse un sorriso luminoso: “Glielo regalato, perciò poteva farci quello che voleva” spiegò tristemente.
“ Shinichi…..” Kisana non continuò la frase, ma la tristezza nei suoi occhi scarlatti parlava da sé.
Un battito di mani li fece voltare, Toshiro stava applaudendo.
“ Commovente, Yoshizawa, davvero commovente, ma ora se volete scusarmi, io e i miei amici, abbiamo ben altro da fare che perdere tempo con voi” disse, ridendo, e lui e i suoi scagnozzi si allontanarono lungo il corridoio in direzione dell’uscita.
Quando furono lontani, Kisana tirò un calcio a Shinichi.
“ Ahia” gridò il ragazzo, mettendosi a saltellare. Si fermò in ginocchio, con le lacrime agli occhi “ Ma perché l’hai fatto?”
Kisana lo trafisse con lo sguardo, facendolo ammutolire all’istante.
“ Sei uno stupido” disse e, voltati i tacchi, se ne andò anche lei, impettita e furiosa, sotto gli occhi increduli di Shinichi.
Mentre la osservava allontanarsi, lo sguardo gli cadde sui resti di quella che era la sua merenda. Rimase da solo nel corridoio deserto a fissare in silenzio quel panino calpestato. Era ignaro dello sguardo di profonda scusa che Torosuke gli aveva rivolto di sfuggita.
ANGOLO DELL'AUTORE
Come richiesto posto anche qui questo piccolo esperimento di storia. Come poete vedere non è niente di che, una cosettina che mi sono ritrovato a scrivere in un momento libero, dopo aver visto una puntata di Savers
Vi avverto fin da ora che molto probabilmente la magio parte, se non tutti, dei personaggi sarà originale e ideata dal sottoscritto, questo perchè non mi ricordo un fico secco delle vecchie serie
Si, comincio ad invecchiare.
Spero comunque che vi piaccia e che, dopo averla letta, non vi prenda l'impulso di prendermi a tonni in faccia o scaravntarmi addosso una colata lavica o cose del genere.
Parliamone.
Beh, è tutto, dato che voglio fare il perfezionista, ecco a voi il nostro Kotemon nel suo profilo migliore
Non è un figurino?
Ditemi che ne pensate, vi aspetto, eh.