† Crossovers Revolution † - FanFictions, FanArts, Progetto Hagaren Revolution, Immagini, Video

Fullmetal Alchemist Reload: Capitolo 28

« Older   Newer »
  Share  
GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 24/12/2010, 21:09




Auguri di BUON NATALE!
Scusate per i disguidi, il capitolo è qui a vostra completa disposizione! Se ci sono errori, ditemelo che li sistemo appena possibile! :-)

SPOILER (click to view)
CAPITOLO 28 - Dante della selva oscura
Al quartier generale del sud, Fye schivò un paio di operai con le carriole intenti a portare via le macerie e alcuni Alchimisti di Stato incaricati di sistemare i danni. Nessuno di loro sapeva dove fosse il tenente colonnello T’ylhanhem, e il vampiro stava cominciando a stufarsi di girare a vuoto. Finalmente la vide in fondo ad un corridoio e corse da lei agitando la mano.
“Tara! Volevo dire, tenente colonnello...”
“Alchimista di Ghiaccio! Bentornato...” disse lei, con un sorriso.
Fye stava per chiederle dove fossero gli altri, ma si tappò la bocca in tempo: alle spalle di Tara si stava avvicinando il tenente colonnello Archer.
“Cercavo proprio voi due” disse con un sorrisetto. “Visto che siete le guardie del corpo dei fratelli Elric, immagino che possiate esservi fatti un’idea di dove potrebbero essere quei due...”
“Perché le interessa?” chiese Tara, tornando inespressiva come al solito.
“Edward ed Alphonse Elric sono accusati di aver agevolato la fuga di Izumi Curtis, la donna responsabile di questo scempio” disse, agitando una mano ad indicare le mura crollate del quartier generale. “È stato emanato un ordine di cattura per tutti e tre. Ora, non posso dare ordini ad un militare del mio stesso grado, nonché Alchimista di Stato” disse, accennando a Tara, “ma posso chiedere ad Ice Alchemist di collaborare con me per mettere fine quanto prima alla fuga dei fratelli Elric...”
Tara stava per ribattere, ma Fye alzò una mano e lei si zittì.
“La ringrazio per avermi dato la possibilità di mettere in chiaro anche con lei la mia fedeltà” disse sorridendo. Poi puntò il suo unico occhio azzurro in quello troppo chiaro dell’uomo. “Non sono incline ad ottemperare alla sua richiesta: io ubbidisco solo al tenente colonnello T’ylhanhem e a me stesso. Se capisce questo, ha capito tutto di me.”
“Basta così, Fye D. Flowright” lo interruppe Tara. “Stai mancando di rispetto ad un tuo superiore.”
L’occhio di Fye lampeggiò per un attimo, ma poi chinò la testa.
“Chiedo scusa” disse, e fece un passo indietro.
Per evitare ulteriori discorsi, Tara si mise in mezzo tra i due.
“Tenente colonnello Archer, sono sicura di poter mettere a posto le cose coi fratelli Elric, perché è tutto un grande malinteso. Se può farla sentire più sicuro, li faccia sorvegliare da qualcuno, ma per il resto le prometto che, se lei me lo permette, me ne occuperò personalmente.”
Archer le scoccò un’occhiata neutra.
-
Edward era seduto a terra, incapace di muoversi, in grado solamente di fissare la figura del ragazzino Homunculus che aveva appena tentato di ucciderlo con un misto di stupore e rabbia. Il pugno di Alphonse, accorso ad aiutarlo, fu così potente da sfondare il terreno, ma andò a vuoto: Izumi si era gettata addosso al bambino, spostandolo e proteggendolo.
“Maestra!” esclamò Al, incredulo. Dopo tutto quello che era successo, la loro insegnante voleva ancora proteggerlo?!
Per alcuni secondi sembrò che Wrath si sarebbe fermato, ma era solo una finta: fissò Izumi con odio, mentre lei fissava colui che avrebbe potuto essere il suo bambino con un’espressione triste e rassegnata, e fece partire una reazione alchemica
“Maestra!” gridò Edward, finalmente ripresosi, correndo verso i due. Ma prima che potesse raggiungerli, Izumi fu sollevata in aria: Wrath aveva incorporato nel suo braccio sinistro la stoffa che componeva il vestito della donna. La sbatté da un lato e usò quella stoffa per infilarsi nell’armatura di Al, il quale tentò di opporre resistenza, ma senza successo: il ragazzino era troppo forte. Wrath manovrò il braccio dell’armatura in modo che afferrasse Edward per l’automail e lo sollevasse in aria, stringendolo con forza.
““Quel braccio destro è una vera seccatura!”” rifletté Wrath ad alta voce, facendo dondolare Edward davanti a sé. ““È meglio che togliamo tutte le parti inutili... E quello che rimane… Beh, lo prenderò io!”” concluse, mentre la pupilla dei suoi occhi si assottigliava sempre di più.
“Maledetto!” inveì Alphonse, che con la mano libera riuscì a strappare la stoffa che si infilava nell’armatura; l’homunculus arretrò barcollando e Al ne approfittò per correre verso di lui, pronto a colpirlo mentre era a terra, incapace di difendersi.
Izumi gli gridò di fermarsi, ma Al non badò alle parole dell’insegnante e sferrò un pugno che avrebbe fracassato il cranio di un uomo.
Solo all’ultimo momento Al si accorse che il suo colpo era stato parato: il braccio e la mano del ragazzino erano diventati uno spuntone di roccia, che aveva letteralmente infilzato il guanto di stoffa e metallo dell’armatura.
“Fratellone…” disse Al, con espressione neutra. “Gli homunculus hanno detto che non possono usare l’alchimia, giusto? Però… lui è diverso e adesso ho capito perché: creando un cerchio alchemico con il braccio e la gamba è in grado di trasmutare il proprio corpo in una materia differente… E ci riesce per un motivo molto semplice: il suo corpo è artificiale e non ha l’ostacolo di un anima che caratterizza la ‘trasmutazione umana’.” Wrath ghignò, mentre Al continuava. “Il motivo per cui riesce ad usare l’alchimia invece…”
“…È che lui possiede un braccio e una gamba di Edward” concluse Izumi, tenendo lo sguardo basso.
Ed fissava il fratello e il ragazzino con un’espressione attonita: se prima non aveva che dei sospetti, ora era certo che quelli fossero il suo braccio e la sua gamba, persi in quella tragica notte in cui aveva cercato di riportare in vita la loro madre.
“Ridaglieli!” gridò Al. “Quelli sono di mio fratello, ridaglieli!”
Con la mano libera spezzò lo spuntone di roccia, ma un attimo prima che potesse sferrare un nuovo colpo, fu il ragazzino a colpire, con una nuova trasmutazione che allungò lo spuntone di roccia e scaraventò Al lontano.
“Al!” chiamò il fratello maggiore, finalmente ripresosi dallo shock.
Battè i palmi delle mani e trasmutò dal terreno una lancia. Imitandolo, Wrath fece lo stesso e i due cominciarono a combattere. Wrath poteva anche essere un homunculus ma aveva certamente meno esperienza di combattimento di Ed, per questo forse aveva cercato di evitare lo scontro diretto fino a quel momento: Edward infatti lo disarmò facilmente e lo sbattè a terra. Trasmutò l’automail in una lama e la infilzò nel terreno appena sopra la spalla destra del bambino. Ma Wrath non si scompose.
““Vuoi davvero così tanto questo braccio? Eppure l’hai perso per ottenere l’anima di tuo fratello… E anche questa gamba… l’hai persa per qualcosa, vero?””
Edward rivide davanti agli occhi l’immagina spaventosa del mostro che avevano creato nel tentativo di riportare in vita la madre.
“Stai zitto…” mormorò tra i denti.
““Se davvero vuoi togliermeli, devi darmi qualcos’altro…””
“Silenzio…”
““Scambio equivalente.””
“BASTA!” gridò Edward.
Tra lo sconvolgimento e l’esasperazione, sollevò la lama, pronto ad affondarla nella spalla di Wrath, ma un rombo scosse il terreno. Izumi, ancora in ginocchio, era riuscita a riprendere abbastanza forze da effettuare una trasmutazione: la terra si spaccò in due e Edward fu costretto ad allontanarsi dal bambino che, terrorizzato, fissava il baratro che si era aperto davanti ai suoi piedi.
“Edward! Alphonse!” esclamò Izumi, seppur ansimante. “Vi proibisco di alzare le mani su quel bambino! Lui è il frutto del mio peccato, perciò sarò io a…” la donna fu interrotta da un violento attacco di tosse e vomitò sangue.
“Maestra!” esclamò Al, che si trovava più vicino alla donna.
Wrath in quel momento, si alzò da terra e fuggì verso il bosco alle sue spalle.
“Fermati!” esclamò Al, accortosi del fatto. Con un salto superò la voragine e corse dietro al bambino.
Edward rivolse uno sguardo all’insegnante, che lo guardava con un’espressione tra la rabbia e la disperazione.
“Mi scusi…” disse solo, forse troppo piano per essere sentito.
-
Da dietro alcuni cespugli, Reina, che si era rannicchiata per al paura quando quella specie di terremoto artificiale aveva scosso tutta l’isola, alzò la testa per guardare Envy, che aveva osservato il tutto con espressione accigliata da quando Izumi aveva fatto quella trasmutazione sproporzionatamente grande. Come al solito, non gli piaceva quando la sua alchimia veniva usata da altre persone, ma dopotutto Izumi era stata allieva di Dante della Selva Oscura, era qualcosa che avrebbe dovuto aspettarsi.
“Dove sono… Ed… e Al?” disse Reina, ancora leggermente shockata.
“Hanno seguito il bambino” rispose Envy, lanciandole un’occhiata, poi si alzò, tendendole una mano. “Vieni, dovrebbero essere andati in direzione della spiaggia…”
Reina esitò un attimo, poi annuì e prese la mano dell’amico.
-
I fratelli Elric avevano inseguito il ragazzino per il bosco, ma presto lo avevano perso di vista: seguendo la strada che pensavano potesse aver preso, arrivarono alla spiaggia, ma anche qui di lui non c’era traccia. Videro invece una figura familiare sulla spiaggia, accanto ad una barca: era Juliet Douglas, la segretaria del comandante supremo.
Non si domandarono a lungo cosa potesse farci la donna in quel luogo: probabilmente, pensarono, era venuta con il Comandante Supremo.
Tuttavia Edward non poté fare a meno di pensare al momento in cui aveva incontrato per la prima volta quella donna e a quello a cui aveva pensato: che fosse molto somigliante alla loro madre.
+++++++
““Stupidi umani come voi provano la trasmutazione umana per pura e semplice curiosità, e quello che nasce da quegli esperimenti sono degli esseri imperfetti che hanno ricevuto un corpo e una mente, ma non possiedono un’anima. E questi esseri imperfetti li avete chiamati Homunculus!””
+++++++
“Fratellone, quella donna…” mormorò Al, probabilmente anche lui aveva pensato alla stessa cosa.
“Alchimista d’Acciaio” cominciò la Douglas. “Sono qui per conto del Comandante Supremo King Bradley. Ho ricevuto ordine di occuparmi dei nemici chiamati Homunculus. Penso che anche voi ormai siate a conoscenza di come vengono al mondo… quelle creature”
Edward strinse gli occhi.
“Lo sappiamo…”
“Qualunque sia il motivo, la trasmutazione umana è sempre un crimine. Se quel bambino catturato dal Tenente Colonnello Archer è davvero un Homunculus, come pare che sia, allora è nato da una trasmutazione umana. Voi avete idea di chi possa essere stato ad eseguirla?”
“Ma dov’è andato l’Homunculus che è scappato?” domandò Al.
“Lo stanno inseguendo alcuni dei nostri uomini…” liquidò la domanda la donna, aspettando ancora una risposta da parte dei due.
Al sospirò.
“Sono spiacente, non so si chi sia stato” rispose Edward, accigliato. “Scusate, ora siamo di fretta.” Finito di parlare, le voltò le spalle per tornare nella foresta: la loro maestra era rimasta da sola per troppo tempo.
La donna guardò i due allontanarsi con sguardo neutro. Quando fu sicura che i fratelli Elric non potevano più vederla, la massa del suo corpo divenne appena trasparente, svelando la sagoma di Wrath, sospeso al sue interno come in una bolla d’acqua e privo di sensi.
“Su…” disse la donna con dolcezza. “Ora andiamo… da Quella Persona.”
-
“Perché?!” esclamò Scar prendendo il vecchio eretico per il bavero. “Perché hai insegnato quelle cose a mio fratello?!”
Il vecchio fece un sorriso sghembo.
“Figliolo, guarda che lui capiva alla perfezione tutto ciò che gli dicevo: il suo era un talento naturale, tanto speciale che sarebbe stato sprecato non insegnargli le antiche tradizioni del popolo di Ishbar.”
Scar non si calmò per quelle parole.
“È per colpa tua che mio fratello ha…” Non riuscì a finire la frase: ricordava fin troppo bene il giorno tragico in cui lo aveva trovato sanguinante davanti ad un cerchio alchemico, al cui centro sussultava una massa informe di sangue e carne.
Il vecchio gli toccò il braccio destro, distogliendolo da quegli orribili ricordi.
“Non devi dimenticartelo, ragazzo: qui dentro sono ancora vivi tutti quanti… Ci sono racchiuse innumerevoli vite.”
Il giovane lo guardò, senza afferrare pienamente il senso di quelle parole; per uno strano motivo, però, sentiva che erano drammaticamente vere.

Era di nuovo il tramonto. Al negozio Meat, Izumi si era appena svegliata: Ed e Al l’avevano riportata a casa in stato di incoscienza, qui aveva ricevuto le cure del marito. Ora era ancora molto debole persino per alzarsi dal letto, ma aveva fatto entrare Ed e Al per parlargli.
“Che vergogna” furono le prime parole che disse loro. “Sia io come maestra che voi come allievi.”
I due ragazzi non ebbero parole di difesa.
“Ed, Al... Mi devo prendere le mie responsabilità” ricominciò la donna. Fece una pausa e chiuse gli occhi, poi li riaprì e fissò prima Al e poi Ed. “Vi rinnego come allievi.” Quelle parole rimasero sospese nell’aria della stanza neanche fossero una sentenza di morte.
“Ma…” cercò di obiettare Ed.
“Non vi ho insegnato l’alchimia perché riduceste a quel modo i vostri corpi. Non voglio più vedere orribili combattimenti come quello di prima…”
Ed e Al rimasero in silenzio; solo quando capirono che Izumi non avrebbe aggiunto altro, Al si alzò in piedi e fece per allontanarsi, ma Ed rimase in ginocchio e battè il pugno destro a terra.
“Maestra, se siamo qui è perché vogliamo ottenere qualche indizio per riavere indietro i nostri corpi! E non ce ne andremo a mani vuote!”
Izumi lo fissò accigliata. Dopo alcuni decimi di secondo, un coltello da cucina, comparso da chissà dove (La solita, vecchia tasca della Quarta Dimensione... NdGreen), si infilzò nel muro accanto alla testa di Ed, accompagnato da un sonoro: “Sparite!”
“No, non ce ne andiamo…”
Anche Al tornò a sedersi.
“Non vogliamo usare un metodo che sacrifichi le persone, vogliamo ottenere la vera Pietra Filosofale.”
“Sparite!” ripetè la donna.
“No.”
“Vi faccio a pezzi!”
“Non ci importa.”
Le urla e il rumore dei coltelli lanciati attirarono l’attenzione di Reina, che rimase però cautamente ad origliare fuori dalla porta. Quando vide Envy in fondo al corridoio, gli fece segno di avvicinarsi in silenzio.
“Sicuramente potremo riuscire a rimandare indietro anche quel bambino” stava dicendo Al.
“Quel bambino è il mio peccato… e per il resto, non posso più essere la vostra insegnante.”
“Anche noi portiamo il peso dello stesso peccato!” esclamò Ed.
Lui e la donna si fissarono a lungo e nessuno dei due era deciso a cedere, finche lei, nello sguardo di Ed, rivide quei due bambini pieni di determinazione a cui non aveva saputo dire di no, anni prima. Izumi sospirò: neanche stavolta poteva tradire le loro aspettative.
“E va bene, stupidi.”
Ed sorrise e guardò il fratellino.
-
“I due fratelli sono ancora sorvegliati?” domandò Archer a Tara, nel suo ufficio.
La donna aveva in mano i rapporti dei soldati che il Tenente Colonnello le aveva affidato: questi si erano appostati attorno alla casa di Izumi per controllare i movimenti dei fratelli Elric. Alle sue spalle c’era Fye, mentre dietro la sedia dell’uomo c’era il maggiore Armstrong.
“Sì, come aveva chiesto.”
Archer annuì.
“Bene. Non perdeteli di vista. E se succede qualcosa, mi avverta.”
“Certo.”
Dopo una pausa, l’uomo aggiunse:
“Da Central City ci hanno detto che il Comandante Supremo non è mai venuto qui al Sud, eppure abbiamo diverse prove della sua presenza qui, per prima il nostro diretto incontro.”
“E dunque?” domandò la Celes, senza capire dove volesse arrivare l’uomo con quel cambio di discorso.
“Nulla, mi chiedevo giusto se lei ha qualche sospetto sull’identità dell’impostore…”
Tara rifletté per un po’: non era sicura che parlarne ad Archer fosse la cosa giusta, ma doveva fare di tutto perché il suo piano andasse a buon fine, e perché succedesse aveva bisogno che Archer si fidasse di lei.
“Ho sentito parlare da Edward Elric di un Homunculus che si fa chiamare Envy, capace di cambiare aspetto” disse con tono tranquillo, evitando di guardare Fye.
Il mago la guardò sorpreso, mentre Armstrong, che era in piedi accanto ad Archer, assunse una espressione stupita.
“Possibile?”
“Non saprei dirlo, comunque… mi sembrerebbe strano se non lo fosse. E poi ha senso che un Homunculus intenda aiutare un proprio simile.” No, non avrebbe detto loro che l’Homunculus viaggiava con i fratelli Elric, ma intanto questo era sufficiente.
Archer si sedette appoggiandosi alla scrivania, ma restando in silenzio.
“Cosa ha intenzione di fare?” chiese ancora la donna, visto che nessuno replicava.
“Per ora… proseguiremo con il piano originario, cioè scopriremo quello che sanno i fratelli Elric” disse Archer. “Per quanto riguarda l’Homunculus… affiderei il caso ad Ice Alchemist, che, se non sbaglio, ha già avuto un contatto con quegli esseri.”
“Non sbaglia” commentò gelido Fye, poi guardò Tara.
“Hai la mia autorizzazione” disse la donna. “Per il resto, agisci come ritieni opportuno.”
Fye fece un sorriso sornione e uscì dalla stanza.
-
Una bizzarra carovana si muoveva attraverso la foresta umida che portava a Dublith: la maggior parte erano uomini, ma altri si faticava a definirli tali: chi aveva denti da squalo e chi un cranio calvo ricoperto di squame. Al capo della strana compagnia si muoveva quello che poteva sembrare il più normale di tutti, anche se di fatto non lo era: si trattava di Greed, l’Homunculus fuggito dalla prigione nel laboratorio numero cinque. In fondo alla carovana, si trovavano con loro anche Tucker, imbacuccato in un impermeabile e con un cappello che lasciavano scoperti solo gli occhi, e Kimbly, l’ex-Alchimista di Stato.
Greed improvvisamente si fermò, guardandosi intorno con aria seccata.
““Neanche a farlo apposta, sono di nuovo in questo maledetto postaccio”” mormorò tra sé e sé, con lo sguardo rivolto verso una costruzione che si intravedeva tra le piante.
-Chissà se...-
Il resto del gruppo si arrestò poco più avanti.
“Signor Greed?” domandò l’uomo con stazza maggiore del gruppo.
““Roa...”” disse Greed. ““Voi tornate pure al Devil’s Nest.””
“Come?” domandò un ometto basso e calvo. “Vuole andare da solo?”
“C’è una cosa che voglio controllare di persona!” esclamò.
Spiccò un balzo, arrivò su un ramo di un albero e da lì si allontanò, in direzione della costruzione.
-
“Allora…” cominciò Izumi. “Mi avete detto che Al non ricorda niente di quello che ha visto nel Portale.”
“Niente” confermò il ragazzino.
“Può darsi che ci sia la possibilità che il suo corpo, così come i suoi ricordi di quel luogo, siano ancora lì…”
“D’accordo, ma come facciamo ad andare a riprenderlo?!” sbottò Edward.
“Vorrei tanto sapere dove sono andati Fye e Tara, loro saprebbero dirci come aprirlo, no?” domandò Al. Il fratello lo guardò annuendo. “Ma non basta. Sicuramente aprire il Portale richiederà pagare un prezzo e non avremmo guadagnato niente. Con la Pietra Filosofale invece non dovremmo preoccuparci dello scambio equivalente!”
“Lo scambio equivalente…” disse Izumi in un tono tanto basso da sembrare che si stesse rivolgendo a se stessa, poi invece guardò Edward negli occhi. “Ed, tu ci credi veramente?”
Ed rimase in silenzio, poi spalancò gli occhi, come se avesse capito qualcosa.
Al invece rispose al posto suo.
“Ma certo che ci crediamo! Per ottenere qualcosa bisogna dare in cambio qualcos’altro dello stesso valore. È una legge basilare non solo dell’alchimia ma di tutto il nostro mondo!”
“Poniamo che sia vero” disse tranquillamente la donna. “Il mio bambino ha perso la vita prima di avere la possibilità di vedere la luce… Voi sapete dirmi che cos’ha ottenuto in cambio?”
I fratelli Elric abbassarono lo sguardo.
“Comunque sia, non sono più la maestra giusta per voi.” Sospirò. “Domani mattina vi sveglierete presto per andare a prendermi le medicine…” spiegò. “Vi indicherà la strada chi si diverte ad origliare qua fuori.”
Ed e Al si voltarono verso la porta alle loro spalle, che si aprì lasciando entrare Matthew.
“Ancora tu?!” sbottò Edward. “Ma lo sai che esiste anche la privacy?! Come fai ad essere sempre tra i piedi?!”
“Matthew…” gli disse Izumi ignorando bellamente Ed. “Vorrei che tu li guidassi alla villa di Dante.”
Envy storse la bocca.
“Devo proprio?”
“Consideralo un pagamento per quello che hai cercato di fare a quel bambino…” disse alzando un coltello affilato che teneva chissà dove.
Il ragazzo alzò le braccia convinto.
“Accetto, accetto…”
Reina, fuori dalla stanza, si allontanò con aria inquieta.

La notte, tutti dormivano, compresi Ed e Al. Reina invece, aggirandosi furtivamente per la casa, raggiunse la camera di Envy ed entrò. Il ragazzo era nella sua forma Homunculus e guardava fuori dalla finestra seduto sul davanzale, da cui scese appena la vide.
““Dovresti dormire… Domani ci aspetta una giornata impegnativa”” le disse.
“Non ho sonno…” rispose lei. Lui la guardò, aspettando il resto della frase, che non tardò ad arrivare. “Il fatto è che… voglio stare un po’ con te” disse infatti la ragazza.
““Ora Quella Persona ha anche quel bambino dalla sua parte. E Sloth mi ha riconosciuto… Ora, qualunque cosa io faccia, non posso tornare indietro.””
“Meglio così, no?” fece lei con un’alzata di spalle. “Lo so che non saresti comunque tornato da loro…”
Envy scosse la testa, nervoso.
““Non è solo questo: non voglio che tu sia messa in pericolo per colpa mia!””
“Perché desideri proteggermi a tal punto? Io non sono così importante…”
Envy non rispose e tornò a guardare fuori dalla finestra.
““Ho intenzione di dire a Ed chi sono…”” disse dopo un po’.
“Envy…”
““Una volta che avrà accettato il fatto che sono un Homunculus, potrò contare anche sul suo aiuto, seppur minimo, per…””
“No!” lo interruppe lei. “Non puoi farlo!”
Envy la guardò, le sopracciglia alzate.
““E perché di grazia? Non posso scegliere io cosa fare?””
“È che io… ho paura”
““Paura? E di cosa?””
“Se lo fai… se dici a Edward chi sei... tu e lui finireste sicuramente per combattere… e se uno di voi due morisse… Ed è un mio amico, e tu…” si interruppe, mentre una lacrima le scorreva sulla guancia.
Sospirando, Envy le si avvicinò e la strinse tra le braccia.
““Allora per il momento starò in silenzio, va bene?””
Reina annuì debolmente.
“Grazie” sussurrò.
““Non ringraziarmi. Ho detto “per il momento”. Non potrò mantenere il segreto per sempre.””

Dublith era circondata da verdi colline boscose: all’alba, poco fuori dalla città, Matthew guidò Ed, Al e Reina per una strada di terra battuta che si inerpicava su per una di esse. Il posto non era raggiunto né da corriere né da occasionali contadini.
Presto Ed e Al rimasero indietro di alcuni metri, più che altro per parlare senza essere ascoltati.
“Fratellone, c’è una cosa che un po’ mi preoccupa” disse infatti Al dopo un po’. “Se davvero gli Homunculus nascono da una trasmutazione umana ho pensato che for…”
“Sbrigati” lo interruppe Edward accelerando il passo e raggiungendo i due davanti a loro, per poi superarli. Al gli corse dietro.
“Ehi, non andate per conto vostro, che vi perdete!” chiamò Reina. Al le fece un cenno affermativo, così lei si tranquillizzò. “Chissà che tipo di persona è questa Dante… Secondo Mason è una brava farmacista…” disse poi la ragazza ad Envy.
“Non ho intenzione di vederla, né tantomeno di parlarle, quindi io ne sto fuori. Se vuoi incontrarla, vai con il Piccoletto.”
“Posso sapere perché?” fece lei, perplessa.
“Perché mi sta sulle palle, punto…” liquidò il discorso con veemenza.
Presto il gruppetto arrivò finalmente in una radura che si apriva in mezzo al bosco. Ed, Al e Reina rimasero esterrefatti: al centro della radura sorgeva una villa maestosa, del tutto diversa a quello che si sarebbe potuto aspettare da un’eremita. Era un edificio di forma esagonale, di tre piani, con grandi finestre e graziosi balconi arrotondati.
Matthew non perse tempo ad aspettare i tre e andò verso il portone principale, dove cominciò a scuotere con insistenza il battente.
“Ehi! Calmati!” fece Edward raggiungendolo. “Che cosa stai facendo?!”
In quel momento al porta si aprì: era una ragazza sui 25 anni vestita da cameriera.
“Lyra...” salutò Matthew.
“Ciao, Matthew, bentornato” disse lei. Envy storse la bocca, quasi disgustato, poi indicò i fratelli Elric alle sue spalle. “Vengono da parte di Izumi Curtis, portali da Dante.”
La ragazza di nome Lyra annuì.
“La signora vi stava aspettando” disse, per poi avviarsi all’interno della villa.
Ed e Al la seguirono, Reina rimase a fianco a Matthew.
“Tu non vai?” le chiese lui, ma, invece di rispondere, lei gli fece un’altra domanda:
“Che legame hai con questo posto?”
Envy sospirò, poi chiuse la porta e si incamminò in un'altra direzione rispetto a quella presa da Lyra con Ed e Al. Reina lo seguì in silenzio, aspettando ancora la risposta.
I due salirono al primo piano e, oltre una grossa porta, imboccarono un corridoio molto particolare: alla loro destra, grosse vetrate davano sul bosco e su di un piccolo giardino, alla loro sinistra invece il muro era percorso da specchi della stessa forma e dimensione delle vetrate, con false colonne tra l’uno e l’altro, che davano l’illusione di ingrandire ulteriormente il corridoio. Il soffitto a volta era verniciato di giallo chiaro, mentre il pavimento era in legno levigato. A decorare il corridoio stavano diversi mobili e divani. Reina si guardò intorno meravigliata, poi corse di nuovo verso Matthew, che nel frattempo si era allontanato verso la parte opposta del corridoio.
Nella parete di uscita, accanto ad un portone simile a quello da cui erano entrati, stava una porta più piccola. Qui davanti Matthew si fermò affinché Reina lo raggiungesse.
“Io ho vissuto qui” le rispose finalmente.
Reina non replicò, ma sorrise, mentre lui apriva la porta piccola: la stanza al di là era non molto grande e sembrava uno studio, visto che era pieno di carte e di libri sull’alchimia. Uno dei muri era occupato da una libreria e una scrivania: qui stava un libro aperto, mentre la sedia era appena scostata, nell’aria aleggiava ancora il sentore di un vago profumo.
Envy diede un’occhiata al libro aperto e assottigliò gli occhi, dopodiché lo chiuse con violenza.
“Non ci sono io e quella stronza viene a ficcare il naso dove non dovrebbe!” esclamò. Poi cominciò ad aprire ante e cassetti e a rovistare in cerca di qualcosa.
“Posso sapere cosa…?” cominciò Reina, ma prima che potesse finire, Envy aveva già trovato quello che cercava: era una busta chiusa con la ceralacca, ma era già stata aperta e la cera rotta.
“Tieni” disse porgendola a Reina. “La portiamo con noi.”
La ragazza fece per sfilare i fogli dalla busta, ma Envy li spinse di nuovo dentro lanciandole un’occhiata eloquente. Reina aveva fatto solo in tempo a notare dei fogli scritti a mano e un titolo.
Heliogene.
Reina aveva già sentito quella parole, ma anche se non ricordava cosa volesse dire, la associava comunque a qualcosa di oscuro e pericoloso che la fece rabbrividire.
“Vieni, voglio mostrarti una cosa” disse poi Envy, uscendo dallo studio e aprendo la porta grande. La ragazza lo seguì e rimase a bocca aperta non appena mise piede nella nuova stanza.
“Wah! Cos’è? Una collezione?” esclamò Reina guardandosi intorno meravigliata: arpe, archi, tamburi, corni, fiati di ogni genere facevano bella mostra di sé appesi alle pareti, insieme a parecchi strumenti che la stessa Reina non seppe identificare. La stanza non era enorme, e quella moltitudine di strumenti sembrava rimpicciolirla ancora di più. Al centro di essa, aperto, stava un pianoforte a coda verniciato di nero.
“Mannaggia a lei…” esclamò Envy, avvicinandosi e sporgendosi nella cassa del piano. “Non si lascia così aperto per niente! Si riempie di polvere e la meccanica va a farsi fottere!” Prese un respiro e ci soffiò dentro, alzando una nuvoletta di polvere. “Ecco, guarda qui che roba! Maledetta vecchiaccia...”
Reina lo fissava divertita.
“Sembra che ti importi molto di quel piano.”
Matthew alzò la testa, infastidito.
“Certo! È mio!”
Il divertimento della ragazza si trasformò in sorpresa ed Envy si pentì immediatamente di aver pronunciato quelle parole.
“Come tuo? Tu… suoni il piano?!” chiese lei, sbalordita, ma con il sorriso sulle labbra. “Ah, ecco perché facevi quella roba sul treno!”
“Quella roba…?”
“Muovevi le dita come se stessi suonando, avevo già visto farlo a un mio amico: cercavi le note! Fammi vedere le tue mani!” La ragazza si allungò verso di lui afferrandogli una mano, che lui però ritrasse subito, bruscamente. “Cosa c’è? Voglio solo vedere se hai le mani da pianista!”
“Lascia stare.”
“Perché? Ah, ho capito: ora che non hai il tuo vero aspetto anche le tue mani sono diverse...”
Lui abbassò lo sguardo.
“Non è per questo... Il fatto è che... non ho più suonato da quando sono diventato…” Il ragazzo s’interruppe.
“…Un Homunculus” completò lei smettendo di sorridere. Aveva capito di aver fatto un passo falso, di aver toccato un argomento che era meglio non toccare. “Scusami” disse soltanto, per poi voltarsi di nuovo verso la porta. “Meglio andare via da qui, non pensi? Aspettiamo Ed e Al fuori o li raggiungiamo?” Matthew non si mosse. “Envy?”
Il ragazzo fece un passo verso il pianoforte. Passò una mano sul rivestimento lucido perfettamente pulito, al contrario della cassa, come se lo stesse accarezzando. Senza accorgersene, la sua bocca si distese in un sorriso.
“Forse…” cominciò, ma s’interruppe. Aprì il copri-tasti con un movimento pieno di rispetto. “Forse ricordo ancora qualcosa…” Si sedette e stese le mani sui tasti, premendo una sequenza lenta di note con la destra, mentre con la sinistra eseguiva un accordo. S’interruppe quasi subito. “Sì…” mormorò sorridendo. Subito dopo, cominciò ad eseguire una melodia veloce, mentre le sue dita sembravano quasi danzare sui tasti.
Reina, sorpresa, gli si avvicinò, e dopo un po’ gli si sedette accanto. Matthew sorrideva mentre suonava: non aveva nessuno spartito davanti ma aveva l’impressione che fossero le sue mani a ricordare i tasti che andavano bene. Quasi non fosse il cervello a guidarle, ma fossero le mani stesse a dare istruzioni alla sua mente.
Mente…
“Ma tu… chi sei?”
Matthew aprì gli occhi di scatto, smettendo di suonare e fissando a sua volta Reina, che lo guardava turbata.
“…Eh?”
“Sai cosa intendo” disse lei, abbassando lo sguardo. “Già a Rush Valley ti avevo chiesto perché cambiavi atteggiamento tutto d’un tratto. A volte... tu non sembri tu, tutto qui… So che può sembrarti un discorso fuori di testa, ma…”
“No” la interruppe lui. “Hai ragione. Io a volte non sono…” s’interruppe, non sapendo come continuare. Sbuffò, chiuse il copri tasti e si appoggiò su di esso a braccia incrociate. “Ora sai come nasciamo noi Homunculus” buttò lì.
“…Sì…”
“Quindi?”
“Quindi cosa?”
“Pensi ancora che io sia Matthew Elric?”
Reina rimase in silenzio alcuni secondi prima di rispondere, aveva già una risposta a quella domanda da un po’, ma esprimerla a parole era tutt’altra faccenda.
“Tu… sei il risultato di una trasmutazione umana fallita… Quindi… non sei il vero Matthew…” disse piano, senza guardarlo.
Matthew rise.
“È vero. Ma allo stesso tempo non è vero.” La ragazza rimase in silenzio, perplessa. “Perché io…” s’interruppe. Poi, sospirando, riprese. “L’uomo che mi diede la vita… non si limitò a tentare la trasmutazione umana… Fece anche altro. Diciamo che eseguì la stessa trasmutazione che Ed ha compiuto con suo fratello, con la differenza che aveva a disposizione un corpo quasi completamente umano… e vivo.” Reina strinse i pugni, fissando il ragazzo ad occhi spalancati. “Envy… e Matthew... erano due entità distinte, che quell’uomo ha fatto convivere a forza nello stesso corpo. Puoi vederla sotto questo punto di vista: mente e anima discordanti. Ci convivo da 400 anni a questa parte.”

Ed e Al avevano seguito Lyra per un altro corridoio.
“Ti chiamo Lyra, vero?” cercò di attaccare discorso Al. “Sei l’aiutante di Dante?”
Lyra sorrise voltandosi verso di loro.
“No, sono la sua allieva.”
“Allieva? Come farmacista?” domandò Ed.
Lyra scoppiò a ridere: aveva una risata squillante ed allegra.
“Come alchimista” precisò. “È vero che la Signora si mantiene vendendo erbe mediche, ma è principalmente un’abilissima alchimista.”
Ed e Al si guardarono: ora capivano perché Izumi li aveva mandati da questa donna, forse era la persona giusta a cui fare domande!
Lyra li guidò in una stanza che somigliava ad una cucina, ma senza fornelli, con invece molti armadi e scaffali di libri.
“Sono arrivati, signora” disse Lyra ad una figura che dava loro le spalle, poi uscì dalla stanza chiudendo la porta.
Dante si voltò verso di loro. Era una donna anziana, dai capelli candidi raccolti in una crocchia e avvolta in uno scialle.
“Bene, vi stavo aspettando, fratelli Elric” disse con un sorriso. Aveva l’aria di essere una persona cordiale e simpatica, ma anche molto saggia.
“Lei è la signora Dante?” chiese Ed.
“Esatto” rispose l’anziana donna. “E immagino che voi siate gli allievi di Izumi: ho sentito molto parlare di voi. Vi preparo subito i medicinali che vi servono” concluse indicando il tavolo verso il quale era indaffarata fino a poco prima, dove erano allineati diversi ciuffi di erbe diverse.
“Non mi dica che anche la nostra insegnante è stata qui a…” esclamò sbalordito Edward, quando capì che tipo di rapporto intercorreva tra le due donne.
Lei annuì.
“È passato parecchio tempo da quando Izumi ha studiato alchimia con me...”
“In poche parole… lei è la maestra della nostra maestra!” disse Al, entusiasta.
Dante gli sorrise calorosamente.
“Sì, possiamo dire di sì.”
Ed e Al furono invitati ad accomodarsi, ignari che, fuori dall’edificio, qualcuno li spiava dalla finestra: si trattava di Greed, nascosto tra le fronde degli alberi.
“Aaah, ma pensa un po’…” disse tra sé e sé. “Ragazzi, oggi sono davvero fortunato! E pensare che ero venuto solo per vedere un vecchio volto noto… E lei non c’è neanche più, come volevasi dimostrare. Però… Beh, non sprecherò di sicuro quest’occasione!”
Intanto, all’interno, mentre Dante si era messa al lavoro, Al le rivolse una domanda particolare.
“Signora, cosa l’ha spinta a diventare alchimista?” chiese infatti.
“Ragazzi miei, forse sarà banale…” esordì la donna, senza smettere di lavorare. “Ma il motivo è che volevo rendermi utile alle altre persone: l’alchimia è qualcosa di cui la gente ha bisogno. Anche se comunque non è sufficiente di per sé, l’alchimia permette di dare un aiuto in più a chi già si impegna con le proprie forze. Vorrei che chi si dà da fare per essere felice possa esserlo almeno in quantità pari allo sforzo che ci ha messo. Ecco quello che ho pensato.”
“Uno scambio equivalente...” mormorò Ed.
“Esatto. Soltanto con la fatica gli uomini posso sperare di ottenere qualcosa. E questa è una verità assoluta.”
I fratelli si guardarono con un sorriso: quella signora era davvero saggia come avevano pensato e forse era la persona giusta a cui fare affidamento per continuare le loro ricerche.
“Signora Dante!” esclamò quindi Edward senza perdere troppo tempo. “Lei sa qualcosa della Pietra Filosofale?”
Dante si incupì e si voltò verso di loro.
“Non mi direte che anche voi siete alla ricerca di quella Pietra…”
“Ah...” I due fratelli si guardarono: forse avevano fatto il passo più lungo della gamba. “No…noi…” cercarono di giustificarsi, ma l’anziana donna li interruppe.
“Coloro che cercano la Pietra Filosofale trovano soltanto tristezza e sfortuna” disse. “Forse gli esseri umani non sono ancora pronti per averla, non pensate?” I fratelli non seppero risponderle. “Però in questo gli somigliate tantissimo” disse con un tono meno serio ma velato di malinconia. “Mio figlio aveva la stessa vostra curiosità. Nemmeno quelli che erano chiamati tabù erano un limite alla sua passione per l’alchimia.”
“Lei ha figli, signora Dante?” chiese Al, curioso.
La donna si fece triste.
“Avevo un bambino ma… ora non c’è più.”
“Come la maestra… Anche la maestra Izumi ha avuto un figlio che…” Ed fu interrotto da una gomitata del fratello, e tacque.
Tutto ad un tratto si sentirono per la villa le note di un pianoforte.
“Chi è che suona?” domandò Al incuriosito.
La vecchia alchimista alzò la testa.
“Dovrebbe essere Lyra, ma questa melodia…” mormorò chiudendo gli occhi. “Matthew?”
“È probabile, lui e Reina sono venuti con noi ma sono rimasti indietro…” rifletté Ed, senza accorgersi che Dante lo guardava stupita.
“Chi?” domandò la signora.
“Reina: lei e Matthew sono nostri amici” rispose lui, senza capire.
Dante tremò impercettibilmente e si sedette.
“Oh, da quanto non udivo questa musica…” mormorò, poi si alzò. “Venite, vi porto nella sala musicale.”
-
Reina continuava a fissare il ragazzo, che non incontrava il suo sguardo, ma continuava a guardare avanti a se, impassibile. Dopo un po’ la ragazza abbassò la testa, mentre gli occhi le diventavano lucidi.
“Io… non sapevo… Non immaginavo…”
Matthew, accorgendosene, si voltò verso di lei.
“Stupida! Non metterti a piangere adesso!” esclamò, ma le guance della ragazza erano già rigate di lacrime.
“Ora smetto” singhiozzò lei, asciugandosi malamente gli occhi con l’orlo della manica, ma con scarsi risultati.
Il ragazzo sbuffò, e con un lembo della propria giacca le asciugò il viso.
“Non sai nemmeno asciugarti in modo decente...”
Reina accennò un sorriso.
“Già. Però non sono stupida!”
“No…” disse lui in tono di scusa, poi sorrise a sua volta. “...Forse.”
“No affatto!” rise lei, accennandogli una spinta. Il ragazzo, colto alla sprovvista, quasi cadde dallo sgabello, ma rimettendosi dritto trovò il viso di Reina a pochi centimetri dal proprio.
“Grazie di avermelo detto… Matthew” sussurrò lei, mentre le loro labbra si avvicinavano.
“Allora eravate davvero qui!” esclamò Edward entrando all’improvviso. Matthew e Reina si diedero le spalle in una frazione di secondo, entrambi rossi in viso come peperoni. Alphonse li vide e sospirò all’indirizzo del fratello maggiore che, al contrario di lui, non aveva capito nulla dell’atmosfera ed era entrato a capofitto. “Wow! Guarda quanti strumenti!” stava infatti dicendo il biondo, guardandosi attorno, mentre Envy lo stava mentalmente e ripetutamente minacciando di morte. “Ohi, Matthew!” fece Ed, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza. “Eri tu che suonavi, prima?”
“Uh? Sì, perché?”
“No, niente... Sei bravo! Che musica era? Hubert? Canvash?”
L’altro agitò una mano.
“Niente del genere. Era solo un motivetto.” Fece per alzarsi, ma Al lo bloccò.
“Dai, già che siamo qui, facci sentire qualcosa!” chiese l’armatura.
L’Homunculus si bloccò a metà del movimento e si risedette sullo sgabello.
“Se proprio insisti…” fece, alzando le spalle. Poggiò nuovamente le mani sui tasti.
Nella stanza si diffuse una melodia dolce e nostalgica, che sembrava provenire da un altro tempo, troppo lontano per essere ricordato. Tutti i presenti rimasero immobili ad ascoltare, affascinati da quella melodia. Ad un tratto le dita del ragazzo danzarono più veloci sulla tastiera, suonando diverse scale più veloci, che poi si acquietarono improvvisamente, per poi riprendere la melodia principale.
Da dietro la porta, Dante guardava Matthew con un’espressione dolce, che si trasformò in stupore quando vide Reina.
“E così sei proprio tornata…” mormorò. Rimase ancora qualche istante ad ascoltare la canzone, poi entrò nella stanza.
Matthew la vide con la coda dell’occhio, e improvvisamente la musica si trasformò in una melodia più pressante. Dante si avvicinò.
“Sono notevolmente stupita, Matthew…” disse. Lui sussultò, ma non smise di suonare, solo la melodia si fece ancora più pesante. “Sono tanti anni che non suoni e sei ancora così bravo… Sono davvero orgogliosa…” continuò lei. Envy non rispose, ma ancora una volta la musica prese un timbro aggressivo. La dolcezza se n’era andata mentre le note si facevano sempre più veloci.
“Adesso, basta, Matthew…” mormorò Reina, ma lui non l’ascoltò. “Basta!” ripeté più forte, ma lui continuò, sempre più forte, sempre più veloce. Allora lei gli prese i polsi, interrompendo bruscamente la musica. “Basta” disse un’ultima volta, piano.
Lui le lanciò un’occhiata per poi abbassare la testa, poi chiuse il pianoforte e si alzò dallo sgabello.
“Non mi saluti neanche?” chiese Dante. Lui si bloccò e le lanciò un occhiata ostile, poi prese Reina per un braccio ed uscì con lei nel giardino attraverso una porta-finestra.
“Io… non capisco…” balbettò Ed. “Matthew è un po’ lunatico, ma sembrerebbe che voi due non siate in buoni rapporti… Signora Dante…?”
“Non preoccupatevi, è fatto così…” rispose la donna. “Ultimamente, però, è vero: non andiamo molto d’accordo…”
“Signora Dante?” fece Al improvvisamente, riscuotendosi dai suoi pensieri. “Per caso... anche il nome di suo figlio era Matthew?”
“Sì… È così…”
Al sussultò.
-No… Possibile?-
“Lui… e anche io… stimavamo molto vostro padre, Hohenheim. A proposito, sapete per caso dove si trovi ora?” domandò la donna.
“Non ho voglia di parlarne” sbottò Edward. “E ora, se vuole scusarmi...” disse, voltandosi e uscendo dalla stanza.
“Fratellone!” chiamò Al, ma non lo rincorse.

Envy aveva fatto il giro della villa, con Reina che lo seguiva in silenzio, finché non erano giunti vicino ad un piccolo orto dove crescevano diverse piante medicinali. Alzando lo sguardo, Reina vide le finestre della sala degli specchi. Proprio perché teneva la testa alta non si accorse che, davanti a lei, Matthew si era improvvisamente fermato e lei ci andò a sbattere addosso.
“Che cosa…?” cominciò, ma s’interruppe: gli occhi del ragazzo erano viola con la pupilla verticale.
Senza dire una parola, le afferrò il braccio e la trascinò dietro una siepe. Lei fece per protestare, ma lui le tappò la bocca.
Attraverso le foglie, videro alcuni uomini avvicinarsi alla villa: si trattava di Greed e dei suoi scagnozzi, e c’era anche Zolf J. Kimbly.
In quel momento, dal portone uscì anche Edward. Prese un grosso respiro e cominciò a camminare costeggiando il muro per scaricare i nervi, ignaro che poco lontano Greed e il suo gruppo lo guardavano.
““Bene, si sono divisi…”” mormorò Greed. ““Procedete secondo il piano e niente sgarri. Andate!”” ordinò a tre dei suoi uomini: un uomo grande e grosso, uno con una spada al fianco e una giovane donna con un tatuaggio sul volto. I tre andarono verso la villa, mentre con Greed rimase Kimbly.
All’interno, Dante e Al erano tornati nella stanza dove lei stava lavorando. Qui Dante raccolse in un sacchetto di stoffa le erbe che aveva sminuzzato e mescolato.
“Ecco, sono le solite che mando a Izumi. Mi raccomando, salutatela tanto da parte mia.”
“La ringra…” cominciò Al, ma fu interrotto da un grido proveniente dal corridoio.
Il ragazzino si precipitò fuori e fece solo in tempo a vedere Lyra accasciarsi a terra. Quando rientrò nella stanza, vide due uomini poco raccomandabili: uno di loro, calvo e con una profonda cicatrice sul cranio, teneva ferma Dante puntandole un coltello alla gola e un secondo, più basso e con una spada al fianco, lo fissava.
All’esterno, Edward continuava a camminare ignaro di tutto, finché non vide un sassolino cadere davanti ai suoi piedi ed esplodere subito dopo. Sorpreso, il ragazzo alzò la testa e vide Kimbly, che giocava con un altro sassolino in mano.
“Chi…” cominciò, ma senza riuscire a finire, perche dovette scansarsi immediatamente per evitare il colpo che Greed stava per assestargli da dietro con i pugni uniti.
Saltando con agilità si portò a distanza di sicurezza, ma questa volta non perse tempo a chiedersi chi fossero, ma partì all’attacco assestando un pugno con il braccio meccanico dritto in faccia a Greed. Purtroppo il colpo non sembrò scalfire minimamente l’Homunculus, anzi, le dita di metallo dell’automail si piegarono leggermente. Edward tornò a distanza di sicurezza e fissò Greed, che lo guardava di rimando con un sorriso di scherno.
““Sorprendente, vero?”” gli disse, indicandosi il punto dove era stato colpito, che non presentava la minima traccia del pugno. ““Sono lo scudo perfetto!”” esclamò, e subito tornò all’attacco, colpendo Ed alla testa con un pugno tanto violento da fargli perdere i sensi.
Reina fece per alzarsi in piedi, ma Envy la tenne ferma.
“No… Non ti permetterò di cacciarti nei guai!” le sussurrò.
Reina si sottrasse alla stretta del ragazzo con un gesto stizzito.
“Ma Edward è un mio amico!” disse piano a sua volta.
“Se Greed avesse voluto ucciderlo, lo avrebbe già fatto, ma non è una persona del genere: avrà qualcos’altro in mente!”
Reina rimase in silenzio per qualche istante.
“Lo conosci? Conosci quell’uomo?!”
Envy roteò gli occhi.
“Buongiorno, Reina! Greed, Greed, è un Homunculus!”
“Pensavo che non cercassero più di usare Ed e Al…”
“No…” Envy guardò Greed, che, lasciando Edward steso sul terreno, si stava per allontanare. “Lui non sta con loro. Greed è come me, un traditore di Quella Persona…”
Intanto due uomini e una donna del gruppo di Greed erano riusciti a legare Al con delle catene: la donna si era infilata dentro di lui e sorprendentemente aveva mostrato di saper allungare gli arti, il che le aveva permesso di rallentare Al, che a quel punto era stato facilmente atterrato. Caricatoselo in spalla, l’uomo più massiccio si era allontanato, seguito dagli altri.
Envy entrò da una finestra poco dopo il loro passaggio e corse verso la stanza, dove però ora era rimasta solo Dante.
“Dov’è Alphonse?!” gridò.
Dante lo guardò e scosse la testa.
Envy maledisse se stesso: Reina aveva intuito che se non avevano fatto quasi niente a Ed, il loro obiettivo era Al, ma Al non c’era più e probabilmente anche Greed e le chimere si erano dileguati. Senza fretta, tornò fuori, dove Edward si stava appena riprendendo e subito si rese conto di una cosa che lo fece bloccare di colpo: il nascondiglio era vuoto. Reina era scomparsa.


Edited by GreenArcherAlchemist - 27/12/2010, 15:26
 
Top
Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 1/1/2011, 20:36




CITAZIONE
Una bizzarra carovana si muoveva attraverso la foresta umida che portava a Dublith: la maggior parte erano uomini, ma altri si faticava a definirli tali: chi aveva denti da squalo e chi un cranio calvo ricoperto di squame. Al capo della strana compagnia si muoveva quello che poteva sembrare il più normale di tutti, anche se di fatto non lo era: si trattava di Greed, l’Homunculus fuggito dalla prigione nel laboratorio numero cinque. In fondo alla carovana, si trovavano con loro anche Tucker, imbacuccato in un impermeabile e con un cappello che lasciavano scoperti solo gli occhi, e Kimbly, l’ex-Alchimista di Stato.
Greed improvvisamente si fermò, guardandosi intorno con aria seccata.
““Neanche a farlo apposta, sono di nuovo in questo maledetto postaccio”” mormorò tra sé e sé, con lo sguardo rivolto verso una costruzione che si intravedeva tra le piante.
-Chissà se...-
Il resto del gruppo si arrestò poco più avanti.
“Signor Greed?” domandò l’uomo con stazza maggiore del gruppo.
““Roa...”” disse Greed. ““Voi tornate pure al Devil’s Nest.””
“Come?” domandò un ometto basso e calvo. “Vuole andare da solo?”
“C’è una cosa che voglio controllare di persona!” esclamò.
Spiccò un balzo, arrivò su un ramo di un albero e da lì si allontanò, in direzione della costruzione.

Greed...
CITAZIONE
“Comunque sia, non sono più la maestra giusta per voi.” Sospirò. “Domani mattina vi sveglierete presto per andare a prendermi le medicine…” spiegò. “Vi indicherà la strada chi si diverte ad origliare qua fuori.”
Ed e Al si voltarono verso la porta alle loro spalle, che si aprì lasciando entrare Matthew.

Peggio di una vecchia comare...
CITAZIONE
“Consideralo un pagamento per quello che hai cercato di fare a quel bambino…” disse alzando un coltello affilato che teneva chissà dove.

La tasca della quarta dimensione!!!
CITAZIONE
““Ora Quella Persona ha anche quel bambino dalla sua parte. E Sloth mi ha riconosciuto… Ora, qualunque cosa io faccia, non posso tornare indietro.””
“Meglio così, no?” fece lei con un’alzata di spalle. “Lo so che non saresti comunque tornato da loro…”
Envy scosse la testa, nervoso.
““Non è solo questo: non voglio che tu sia messa in pericolo per colpa mia!””
“Perché desideri proteggermi a tal punto? Io non sono così importante…”
Envy non rispose e tornò a guardare fuori dalla finestra.
““Ho intenzione di dire a Ed chi sono…”” disse dopo un po’.
“Envy…”
““Una volta che avrà accettato il fatto che sono un Homunculus, potrò contare anche sul suo aiuto, seppur minimo, per…””
“No!” lo interruppe lei. “Non puoi farlo!”
Envy la guardò, le sopracciglia alzate.
““E perché di grazia? Non posso scegliere io cosa fare?””
“È che io… ho paura”
““Paura? E di cosa?””
“Se lo fai… se dici a Edward chi sei... tu e lui finireste sicuramente per combattere… e se uno di voi due morisse… Ed è un mio amico, e tu…” si interruppe, mentre una lacrima le scorreva sulla guancia.
Sospirando, Envy le si avvicinò e la strinse tra le braccia.
““Allora per il momento starò in silenzio, va bene?””
Reina annuì debolmente.
“Grazie” sussurrò.
““Non ringraziarmi. Ho detto “per il momento”. Non potrò mantenere il segreto per sempre.””

Ho appena avuto uno sgradevole flash alla Twlight....
 
Top
GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 6/1/2011, 15:33




...Un flash alla Twilight? Se storci l'occhio e giri la testa, in effetti, alla lontana potrebbe ricordarlo (soprattutto per "colpa" di Edward)... O_O
 
Top
Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 7/1/2011, 20:41




Il nostro Edward a sentire una cosa del genere potrebbe anche offendersi...
 
Top
Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 8/1/2011, 23:22




Non centra niente ma..a febbraio finisce xxxHoLiC.
Tristezzaaaaaaaaaaaaaaaa...ç___ç
 
Top
GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 9/1/2011, 23:01




Spero finisca bene U_U
 
Top
Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 14/1/2011, 15:47




Non ce la faranno mai a finire bene in UN SOLO CAPITOLO...<_<
 
Top
GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 14/1/2011, 22:06




metti che dura 100 pagine... :-D
 
Top
Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 24/1/2011, 17:38




FA NIENTE
ç___ç
 
Top
8 replies since 24/12/2010, 21:09   46 views
  Share