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Fullmetal Alchemist Reload: Capitolo 32

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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 25/4/2011, 13:17




Buon Lunedì dell'Angelo e buona Festa della Liberazione.
Inoltre, buona lettura!
Come al solito, i commenti sono graditissimi.

SPOILER (click to view)
CAPITOLO 32 – Eis Korakas! (Ai Corvi!)
Il treno arrivò ad East City nel primo pomeriggio, dopo una ventina di ore di viaggio. Il confine con Aerugo era ancora lontano, ma nessun mezzo di trasporto pubblico vi arrivava, perciò i ragazzi furono costretti a noleggiare un’auto. Al era rimasto incantato davanti ad una moto con sidecar, ma Ed lo trascinò via. Su consiglio del proprietario dell’autonoleggio, optarono per una jeep color ocra col tettuccio di stoffa. Envy si offrì di guidare e nessuno ebbe da ribattere: oltre ad essere l’unico a sapere la strada, non c’era il rischio che si addormentasse al volante. Secondo lui ci volevano tre o quattro ore per raggiungere il confine, perciò i quattro si misero in marcia prima di sera, dopo aver ripreso fiato e mangiato un boccone in una locanda. Reina si mise sul sedile di fianco al guidatore, mentre Ed e Al si sistemarono dietro.
Presto la jeep abbandonò le strade segnate e si inoltrò nel deserto: le piante scomparvero velocemente e anche le rocce diventavano sempre più piccole man mano che si spostavano verso sud. Calò la notte, ma la jeep proseguiva senza problemi a fari spenti: per Envy le condizioni di luce erano poco importanti, e in questo modo non avrebbero rischiato di farsi vedere da guardie o spie. Dopo un po’, Reina e Edward si addormentarono. La ragazza aveva la testa ciondolante abbassata sul petto in una posizione che al risveglio le avrebbe sicuramente causato un gran mal di collo. Matthew se ne accorse: tenendo il volante con una mano sola, con l’altra sistemò meglio la ragazza contro il sedile.
“È crollato anche il Piccoletto?” chiese poi, rivolto ad Alphonse.
“Già...” rispose il ragazzino, lanciando un’occhiata al fratello.
L’Homunculus ridacchiò.
“Alla fine rimaniamo sempre svegli solo noi due.”
“Anche tu non puoi dormire?”
“Non proprio” rispose Envy. Fece una pausa. “Non è che non posso dormire, ma posso non farlo.”
“Oh...” fece Al, con tono lievemente triste. “Quindi, se tu volessi, potresti farlo?”
“Certo. È che non mi piace dormire.”
Alphonse rimase in silenzio per qualche istante.
“Se io potessi dormire, lo farei” disse piano. “Da quando sono in questo corpo, la notte è così lunga...” Sospirò con la sua voce metallica. “Quando eravamo bambini, io e mio fratello restavamo svegli fino a tardi a leggere libri di alchimia, e spesso ci addormentavamo sulle pagine.” Rise. “Una mattina il mio fratellone si è svegliato con le lettere stampate su tutta la guancia e si vergognava tanto che non voleva andare a scuola. Zia Pinako allora lo ha pulito con sapone e olio di gomito, e per tre giorni gli è rimasta la guancia rossa e gonfia!” Poi s’interruppe. “Scusa, sono proprio un gran chiacchierone...”
Matthew, inaspettatamente, scoppiò a ridere.
“Ma no, va bene così. Avrei voluto esserci per prenderlo in giro anch’io.”
Poco dopo la jeep superò una duna, oltre la quale comparvero le luci di una città. Envy le indicò ad Al.
“Quella è Reole. Siamo quasi arrivati al confine.”
Al rimase ad osservare la città finché le luci non scomparvero dietro ad altre dune.
“Chissà come sta Rose...” disse tra sé e sé.
“Rose?” ripeté l’Homunculus.
“Una ragazza di quella città” spiegò il ragazzino. “Cornello, un prete da strapazzo che...” S’interruppe. “Ma certo, lo sai già. Siete stati voi a dargli la Pietra Filosofale, vero?”
Matthew s’incupì.
“Già” rispose a mezza voce.
Al abbassò la testa.
“Mi chiedo se le cose siano andate meglio dopo che lo abbiamo smascherato” disse.
L’altro non rispose.
-Non hanno idea di quello che è successo dopo... Chissà perché l’esercito gliel’ha tenuto nascosto...- rifletté.
“...Eh, Matthew?”
L’Homunculus si rese conto che Alphonse aveva continuato a parlare mentre lui pensava.
“Scusami, stavo riflettendo... Cosa hai detto?”
“Dicevo, da quanto tempo ci tenevi d’occhio? Voglio dire, quando stavi ancora con gli altri Homunculus...”
Envy strinse gli occhi: perché quella domanda così improvvisa proprio in quel momento? Poi si rilassò: i fratelli Elric non erano più suoi nemici, non doveva dimenticarlo. E forse era meglio così: sebbene Edward fosse un genio nel campo dell’alchimia, Alphonse era molto più sveglio. E cominciava a stargli simpatico. Perciò prese un bel respiro e cominciò a parlare.
“Personalmente vi tengo d’occhio da prima della morte di vostra madre. Quella Persona, invece, ha messo gli occhi su di voi dal giorno in cui il Piccoletto ha superato l’esame da Alchimista di Stato. Quando me ne sono andato, aveva già perso interesse nei vostri confronti...”
“...Oppure te ne sei andato per suo ordine e sei venuto a spiarci ancora più da vicino” esordì all’improvviso Edward, aprendo gli occhi.
“Fratellone!” esclamò Al, con un tono a metà tra la sorpresa e il rimprovero.
“Eri sveglio, Piccoletto...” commentò Envy, sbirciandolo dallo specchietto retrovisore.
“Ovvio” ribatté lui, incrociando le braccia. “Le cose migliori si ascoltano quando la gente ti crede addormentato.”
“È come origliare!” lo rimproverò Al.
“No che non lo è!” ribatté lui. Poi tornò a rivolgersi ad Envy. “Se stai mentendo, sappi che non te la farò passare liscia.”
Matthew gli lanciò un’occhiata di sbieco.
“Ci siamo stretti la mano, o sbaglio?”
Edward non rispose, limitandosi a restituirgli l’occhiata.
“Hai detto di essere già stato ad Aerugo” disse dopo un po’. “Cosa sai dei Nightray?”
“I Nightray...” cominciò Envy, pensieroso. “Sono una famiglia nobile di Aerugo, una delle quattro più importanti. Anzi, la più importante, visto che da diversi decenni a questa parte sono loro a detenere la corona. Sono stati decimati dalla Tragedia di Sablier, ma che siano loro la famiglia più potente è fuori discussione.”
“Strano...” s’intromise Al. “Dici che sono tanto importanti, ma noi non abbiamo trovato altro che accenni alla Tragedia di Sablier.”
Envy rise.
“Non è un segreto che la famiglia sia sempre stata in aperto contrasto con Amestris, perciò non c’è da meravigliarsi se non ci sono notizie su di loro” spiegò. Poi rise di nuovo. “‘Se Amestris è la Luce, Aerugo rappresenta le Tenebre’, ho sentito dire una volta.” Fece una pausa. “I Nightray hanno fornito le armi alla vicina Ishbar durante la Guerra Civile dell’Est, e c’è chi dice che abbiano anche procurato una via di fuga ai Celes. A tutt’oggi, ancora rifugiano persone di queste due razze.”
“Per questo siamo diretti lì” annuì Edward. “Non vogliamo combattere, ma scoprire qualcosa di più sulla Pietra Filosofale che si dice sia stata creata a Ishbar... E anche sul braccio di Scar.”
“Scar?” ripeté Matthew. “Il serial killer di Ishbar?”
Alphonse annuì.
“Mentre fuggivamo con il dottor Marcoh, abbiamo visto il suo braccio assorbire la Pietra del dottore...”
Envy non disse nulla, ma un sospetto cominciava ad affacciarglisi alla mente e non riuscì a non pensare a Quell’Uomo. I suoi occhi diventarono viola con la pupilla verticale e strinse di più la presa sul volante.
Sentì che al suo fianco Reina mormorava qualcosa nel sonno, rigirandosi. Nel movimento, le scivolò di dosso la giacca che l’Homunculus le aveva messo perché non prendesse freddo. Envy rilassò lentamente le mani, quindi le risistemò addosso la giacca.
“Credo di sapere di cosa si tratta, ma non ne sono certo” disse poi, tornando a guardare la strada. “Quello che so di quell’uomo è che conosceva Lust quando ancora era umana, punto. Ah, e che se ne andava in giro ad uccidere Alchimisti di Stato. E poi... PUF! Sparito da Amestris come se non fosse mai arrivato!”
“Dici che potrebbe essere ad Aerugo?” chiese Al.
“Non l’ho detto. Ma è probabile.”
Procedettero per un po’ in silenzio, finché finalmente, da dietro una duna, videro spuntare il confine, più vicino di quanto pensassero. Era delimitato da una recinzione di metallo apparentemente senza ingressi, illuminata a giorno da fari di luce bianca.
Envy fece attenzione a non farsi né vedere né sentire, quindi portò la jeep dietro una duna di sabbia, nascondendola. Mentre Ed e Al scendevano, scosse Reina con gentilezza.
“Svegliati, Piccola Regina” le sussurrò. “Siamo arrivati.”
La ragazza sbatté un paio di volte le palpebre, si diede degli schiaffetti sulle guance per riprendersi, poi aprì la portiera e uscì, seguita da Matthew.
“Ci sei?” le chiese Ed, vedendola chiudere gli occhi e riaprirli di scatto.
“Ci sono, ci sono...” borbottò la ragazza.
Matthew scosse la testa.
“Facciamo che entriamo in Aerugo, troviamo una locanda e poi tu te ne torni a dormire, ok?”
“Aha...” fece lei.
I due raggiunsero Ed e Al, che si erano avvicinati il più possibile alla recinzione, sempre rimanendo nascosti. Non c’erano cancelli, solo due guardie che camminavano avanti e indietro.
“Perché non possiamo andare lì, presentarci come Alchimisti di Stato ed entrare?” chiese Ed.
“Perché gli Alchimisti di Stato, ad Aerugo, sono considerati tutti spie di Amestris. Non hanno nulla contro i turisti, ma se vengono a sapere che occupate una carica del genere, vi arresteranno e vi tratterranno finché non verrà il Comandante Supremo in persona a recuperarvi” rispose Matthew.
“Allora perché non entriamo senza dire di essere Alchimisti?” chiese Al.
“Perché vorranno vedere i nostri documenti e ci smaschereranno comunque. Voglio dire, vi smaschereranno. Io posso sempre trasformarmi in una mosca e non farmi notare.”
“Bene... Allora che facciamo?” chiese Reina, guardando i fratelli Elric.
I due si guardarono smarriti.
“Potrei pensarci io” intervenne Envy. “Piccoletto, se tramortisco le guardie tu riesci a nasconderle sotto la sabbia prima che ne arrivino altre?”
“Non chiamarmi Piccoletto!” sbraitò Ed. “E comunque, certo che ci riesco!”
“Allora vado.”
Matthew scavalcò la duna e sembrò scomparire nel nulla. I tre ci misero un po’ ad accorgersi della piccola serpe che si avvicinava strisciando al confine. Le guardie s’incrociarono e si diedero le spalle senza accorgersi dell’Homunculus. Questi riprese sembianze umane appena dietro una di loro e la tramortì con un colpo alla nuca. Immediatamente il corpo affondò nella sabbia fino al collo, solo la testa rimase fuori. Presto anche la seconda guardia fece la stessa fine. Solo allora Ed, Al e Reina raggiunsero la recinzione. Ed tolse ad una delle due guardie l’elmetto e lo gettò contro la recinzione. Questo fu attraversato da una scarica elettrica e poi cadde nella sabbia.
“È elettrificata” constatò Ed. “Al, ci pensi tu?”
Il fratellino annuì. Si chinò e disegnò sulla sabbia un cerchio alchemico, che poi attivò. La rete si arricciò verso l’alto sfrigolando, aprendo un passaggio abbastanza grande per far passare tutti. Uno alla volta attraversarono il passaggio con attenzione. Quando furono dentro, ripararono la rete, poi sgattaiolarono tra le case della città di confine.
“Ora cosa facciamo?” chiese Al.
“Cerchiamo un posto per dormire, giusto?” sbadigliò Reina.
“Sì, ma prima nascondete tutto ciò che potrebbe far pensare che siete di Amestris” disse Matthew. “Gli orologi d’argento, il simbolo del caduceo... e anche quello, Rei” aggiunse, indicando lo scettro della ragazza.
“Ma...” protestò la ragazza.
“Niente storie” tagliò corto l’Homunculus.
“Ok, ok...” rispose lei, troppo stanca per ribattere.
Tutti gli oggetti furono avvolti nello spolverino rosso di Edward che fu cacciato nell’armatura di Al. In ultimo, Ed cancellò il simbolo del caduceo dipinto sulla spalla del fratello. Matthew li squadrò con aria critica, poi annuì.
“Sembrate a posto...” commentò. “Lasciate parlare me: qui qualcuno sa la lingua di Amestris, ma è meglio evitare di attirare l’attenzione in qualsiasi modo.”
“Così puoi dire loro quando attaccarci senza che noi capiamo?” fece Ed, scettico.
“Fratellone, piantala!” esclamò Al, tirandogli la treccia.
“Ahia! Al, accidenti, hai la mano pesante!”
Reina sorrise, troppo stanca per fare di più. Con la coda dell’occhio registrò un movimento alla sua destra, e si voltò.
“Edward!” riuscì solo ad esclamare, quando vide una figura umana piombare dritta verso l’amico, girato di spalle.
Il ragazzo, fortunatamente, si scansò appena prima che qualcuno piombasse nel punto in cui si trovava. La figura si alzò in piedi sotto gli occhi esterrefatti dei quattro: si trattava di una ragazzina, quasi una bambina. Aveva gli occhi grigio-blu e i capelli argentati, indossava uno strano vestito bianco e blu con le maniche larghissime che poteva essere un abitino da bambola come un’uniforme.
“Siete spie, giusto?” chiese, con lo stesso tono che avrebbe usato per chiedere il loro nome. La sua espressione era vuota.
“E tu chi diavolo sei?” fece Edward.
“Echo” rispose semplicemente la bambina.
Dalle lunghe maniche col pizzo spuntò fuori una lama.
“Aspetta, Echo!” esclamò Ed, alzando le mani. “Non abbiamo cattive intenzioni, vogliamo solo...”
La ragazzina sembrò non sentirlo, perché gli corse incontro, attaccandolo. Alphonse si mise in mezzo e deviò il colpo senza difficoltà, con l’intenzione di scaraventarla via, ma lei non perse l’equilibrio, anzi, sfruttò la spinta ricevuta per cambiare direzione e avventarsi contro Reina. La ragazza estrasse uno stiletto dallo stivale, col quale riuscì a malapena a intercettare la lama di Echo. Matthew le balzò addosso, l’afferrò sotto le ascelle per immobilizzarla, quindi le cinse il collo con la mano e la sbatté contro il muro. Intervenne Edward, che trasmutò i mattoni in modo che le imprigionassero le braccia e le gambe.
“Bel lavoro” fece Envy.
“Che fai, sfotti?” replicò Ed.
“Stavo dicendo sul serio, idiota...”
“Ragazzi, per favore” intervenne Reina. “Abbiamo altro a cui pensare.”
Tutti fissarono Echo, la quale si dimenava per cercare di liberarsi. Improvvisamente la ragazzina s’immobilizzò, guardò sorpresa i presenti e poi, senza preavviso, chinò la testa e scoppiò a piangere.
“Ecco, piangi... Te lo meriti!” le disse Edward, incrociando le braccia.
“Ma fratellone, è solo una bambina!” esclamò Al.
“Anche l’Homunculus di Dublith era ‘solo un bambino’, e anche lui ha tentato di ammazzarci!” si giustificò il ragazzo.
“D’accordo, ma lei sembra che stia solo facendo il suo lavoro” disse Reina. “Ci ha chiesto se siamo spie, no? Forse, se glielo chiediamo con gentilezza, non ci attacca più. In fondo, noi non siamo spie, non ha motivo di esserci ostile...”
“Se sempre la solita ingenua, Rei!” sbuffò Edward. “Se la liberi, scapperà chissà dove!”
La ragazza, che aveva ancora in mano il pugnale, lo impugnò al contrario e colpì Ed nello stomaco con il manico. Il ragazzo si piegò in due dal dolore.
“Perché lo hai fatto?!” boccheggiò.
“Perché... perché sei un piccoletto e un deficiente!” sbraitò lei.
Envy guardò Ed con un sorriso di puro godimento stampato in faccia. Quanto avrebbe voluto spingere il biondo a terra col piede e fargli mangiare la sabbia! Ma non lo fece. Non voleva che Reina vedesse che i suoi sentimenti nei confronti di Edward, sebbene ora fossero alleati, non erano cambiati: era pur sempre il figlio di quel maledettissimo bastardo.
Reina si avvicinò ad Echo, ma la bambina tirò su improvvisamente la testa e le lanciò una strana occhiata che la indusse a fermarsi.
“Ehi, tranquilla, piccola” disse con voce amichevole. “Non voglio farti del male. Noi vorremmo solo avere delle informazioni sulla Tragedia di Sablier, per caso puoi aiutarci?”
A quelle parole, la bambina trattenne il fiato. Poi si rimise ad agitarsi con ancora più forza di prima. Dalle maniche comparvero di nuovo le lame, che con un movimento fluido tagliarono di netto i mattoni che le imprigionavano le braccia e le gambe. La bambina corse via, più veloce di una scheggia, mentre Ed, Al e Reina la seguivano con lo sguardo, troppo scioccati da ciò che avevano visto.
“Ha... tagliato i mattoni...” disse Al.
“Che branco d’incapaci...” sibilò Envy, lanciandosi al suo inseguimento.
I tre lo seguirono con lo sguardo finché non scomparve tra le case.
“Beh... per lo meno non ci ha più attaccati” disse Reina.
Ed le tirò uno scappellotto sulla nuca.
“Come no! Sarà andata a chiamare i rinforzi, ecco cosa! Lei e il suo amico Homunculus!”
“Non fare lo stupido, Matthew non è in combutta con nessuno...” cominciò Reina, ma Ed la interruppe.
“Sei tu la stupida! Ti comporti sempre come se tutto questo mondo fosse il tuo parco giochi in cui le persone non sono che comparse messe lì apposta per farti vivere la tua avventura!” Reina si morse il labbro e chinò la testa. “Ma non è così! La gente è cattiva e falsa! Come hai potuto pensare che un Homunculus fosse diverso?” Si mise una mano tra i capelli e prese a camminare avanti e indietro sotto lo sguardo di Al. “Ad ogni modo, sebbene non mi vada a genio l’idea di tornarcene a casa a mani vuote, dobbiamo andarcene da qui...” disse dopo un po’. “Il piano è saltato per aria come un fuoco d’artificio, cerchiamo almeno di raggiungere il confine senza farci sparare addosso... Ehi, dove diavolo stai andando?” gridò poi, rivolto a Reina, che si stava incamminando lungo la strada principale.
“A cercare una locanda. Ho sonno” disse la ragazza senza smettere di camminare.
Edward incrociò le braccia.
“Vai, vai pure, ficcati nella tana del lupo! Io di certo non ti seguo!”
“Adesso basta, fratellone” lo rimproverò Alphonse. “Anche tu hai bisogno di dormire come si deve. Basterà non dare nell’occhio.”
Ed alzò gli occhi al cielo.
“Buongiorno, fratellino! Sei un’armatura alta due metri, non sei esattamente invisibile!” ribatté.
“Se vuoi, io posso rimanere fuori...”
Ed lanciò un’occhiata a Reina, ormai lontana, e sospirò.
“O tutti, o nessuno. Forza, seguiamo quella stupida...”
-
“Presa!” esclamò Envy quando afferrò il braccio di Echo e la costrinse a fermarsi. Erano arrivati nei pressi di una villa. “Non attaccarmi, ascoltami un attimo. Tu servi i Nightray, giusto?” La ragazzina annuì. “Perciò conosci un uomo di nome Vincent... giusto?”
La bambina spalancò gli occhi, poi annuì.
“Echo serve il signor Vincent.”
Il ragazzo sorrise e le lasciò il braccio.
“Portami da lui. Sono... un suo vecchio amico.”
Echo lo guardò ancora per qualche secondo, esitante, poi annuì e si incamminò verso la villa. Le luci erano quasi tutte spente, e fu la stessa Echo ad aprire la porta. Fece strada lungo i corridoio deserti, dove incrociarono solamente alcuni servitori, e arrivarono di fronte a una porta. Qui la ragazzina si fermò e, dopo una fugace occhiata a Matthew, la aprì. C’erano solo due persone, sedute ad un tavolino e intente a giocare a scacchi: una di loro era il Raven che Scar aveva visto al campo, l’altro era un uomo dai lunghi capelli biondi che gli cadevano sciolti e scompigliati sulle spalle. Entrambi alzarono lo sguardo dalla scacchiera: mentre gli occhi del primo erano color dell’oro, il secondo aveva solo l’occhio sinistro di quel colore, il destro era color rosso sangue.
“Bentornata, Echo” disse quest’ultimo, sorridendo. “Chi c’è con te?” chiese, osservando Matthew.
L’Homunculus ghignò e riprese l’aspetto del ragazzo coi capelli verdi.
““Salve, Vincent”” disse semplicemente.
-
Reina aprì la porta della locanda e fu investita dalle voci e dai profumi provenienti dall’interno. L’ambiente era più pulito di quanto non sperasse, e nessuno fece caso a lei. Invece, quando dopo pochi secondi, anche Ed e Al fecero il loro ingresso, numerose teste si voltarono a guardarli, ma quasi subito tornarono a dedicarsi ai fatti loro.
“Quanta gente di Ishbar...” mormorò inquieto Edward.
Reina annuì: la maggior parte dei clienti aveva la carnagione scura e gli occhi rossi. Si sentivano parlare diverse lingue: oltre alla lingua di Amestris e ai suoni ondeggianti del dialetto di Ishbar, si sentivano i suoni duri di quella che doveva essere la lingua di Aerugo. Chi la parlava erano in prevalenza soldati. I tre rimasero al centro del locale, incerti sul da farsi, finché quello che sembrava l’oste non li notò e fece loro cenno di avvicinarsi al bancone.
“Avete bisogno?” chiese con un pesante accento.
“Sì, ehm...” cominciò Reina. “Vorremmo una stanza, ma non abbiamo denaro del luogo...”
“Siete viaggiatori? Nessun problema, accettiamo qualunque moneta. Se avete fame, la cucina è ancora aperta.”
“No, la ringrazio” disse subito Ed. Sebbene avesse una leggera fame, non voleva attirare l’attenzione su Al più di quanto non fosse necessario. “Quant’é?”
L’oste si fece dare una somma adeguata, quindi indicò le scale.
“Primo piano, la quarta porta a destra.”
I tre ringraziarono, salirono le scale e raggiunsero la camera indicata. Una volta dentro, Reina si buttò sul letto più vicino, benedicendo il fatto di avere un cuscino sotto la testa, e si addormentò immediatamente. Edward perse del tempo a controllare tutta la stanza in cerca non si sa bene di quale oscura trappola, quindi si sdraiò sul secondo letto e si addormentò in una manciata di minuti. Al si sedette a terra di fronte alla finestra: da lì si vedeva anche il campo di baracche che ospitava i fuggitivi di Ishbar. Distolse lo sguardo e guardò prima Reina, poi suo fratello, che dormivano della grossa. Edward, come al solito, si era addormentato sopra le coperte e aveva la pancia scoperta. Al si alzò e andò a coprirlo, poi tornò a sedersi.
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“Alla fine rimaniamo sempre svegli solo noi due.”
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Chissà dov’era finito Matthew. Forse avrebbero fatto meglio a seguirlo, ma erano rimasti talmente sorpresi dalla reazione della ragazzina da non poter fare altro che osservarla imbambolati mentre correva via. E poi, ormai era tardi. Poco dopo, un suono di unghie che grattavano gli fece di nuovo voltare la testa verso la finestra: sul davanzale era accoccolato un micetto tigrato che grattava con insistenza sul vetro. Al si alzò e andò ad aprire, pensando che fosse Envy, ma quando il gattino saltò giù e cominciò ad annusarlo e a strusciarsi contro la sua gamba si rese conto che era semplicemente un micio affamato.
“Ciao, piccolino” disse piano il ragazzo, accarezzandolo. “Se mi aspetti qui, ti vado a prendere del latte.”
Sotto lo sguardo attento del gatto, andò ad aprire la porta, ma aveva fatto appena un passo che si bloccò, sentendo delle voci al piano terra. La luce era accesa.
“Ve lo assicuro!”
“Ne sei assolutamente certo?”
“Vi dico di sì, li ho visti una volta a East City! L’armatura e il nanerottolo biondo sono l’Alchimista d’Acciaio e suo fratello!”
Al sussultò e, il più silenziosamente possibile, arretrò verso la porta.
“Alchimisti di Stato qui? E per quale motivo?”
“Di sicuro niente di buono. Tanto più che gira voce che King Bradley voglia attaccare di nuovo il confine...”
“Dobbiamo catturarli!”
“Ammazziamoli!”
“No, li consegneremo al re. Deciderà lui cosa farne...”
“Ma...”
“Tranquillo, re Eliot non ha fama di essere indulgente...” sghignazzò una voce.
Poco dopo, una decina di uomini armati alla bell’e meglio salì le scale e si appostò davanti alla porta della camera in silenzio. Il proprietario della locanda, con un fucile in mano, aprì la porta di scatto e si precipitò dentro. Gli altri, prevalentemente uomini di Ishbar, andarono verso i letti e strapparono via le coperte. Ma sui materassi c’erano solo dei pupazzi vagamente rassomiglianti a Ed e Reina con la lingua di fuori.
“Guardate cos’ho trovato!” disse uno.
Tutti si voltarono verso l’uomo, che stava indicando l’armatura aperta di Al, accatastata in un angolo. Per fare il burlone, aveva preso l’elmo e se lo era messo in testa.
“Smettila, Fang!” esclamò un altro. “Guarda qui, piuttosto.” Indicò la finestra aperta, dalla quale pendeva una corda fatta con delle lenzuola prese dallo sgabuzzino della cameriera.
“Se la sono svignata!” esclamò quello con l’elmo, togliendoselo e gettandolo da parte.
“Inseguiamoli, presto! Non lasciamo che abbandonino la città!”
Gli uomini uscirono di corsa dalla stanza e si precipitarono in strada. Solo quando la locanda fu di nuovo silenziosa, Al si alzò in piedi e risistemò l’armatura, mentre Ed e Reina strisciavano fuori da sotto i letti.
“Incredibile, il tuo piano ha funzionato, fratellone!” esclamò Al, rimettendosi l’elmo. “Ora cosa facciamo?”
“Ce la squagliamo, e in fretta anche!” esclamò Ed. Poi si voltò verso Reina, che aveva un’aria del tutto assonnata. “Te l’avevo detto che andavamo a cacciarci nella tana del lupo!”
“Siamo stati solo sfortunati” ribatté la ragazza con uno sbadiglio.
“Vogliamo andare?” li incitò Al, che aveva già afferrato la corda di lenzuola.
I tre scesero in strada più in fretta che poterono, quindi corsero verso il confine. Furono molto cauti, ma non ce n’era nemmeno bisogno, perché le strade erano deserte. Erano quasi arrivati in vista della recinzione, quando qualcosa di piccolo e tondo volò al di sopra delle loro teste, atterrando una decina di metri più avanti. Al capì subito di cosa si trattava.
“Giù!” gridò, spalancando le braccia per bloccare Ed e Reina.
La bomba a mano esplose un attimo dopo, scaraventandoli a terra.
-
A qualche isolato di distanza, nella stessa villa dove Echo aveva portato Envy, una persona che dormiva profondamente in una camera al primo piano si svegliò di soprassalto.
“Cos’è stato?!” esclamò spaventato, tirandosi su a sedere sul letto.
Una seconda persona si alzò, andò verso la finestra e scostò le tende.
“Sembrerebbe un’esplosione” disse.
“Nel campo?”
La figura scosse la testa.
“In città.”
La prima persona fece per scendere dal letto, quando la porta si spalancò e Raven entrò.
“Ti sei svegliato?” gli chiese.
“Certo che sì!” sbotto l’altro. “Manco fossi scemo! Che diavolo sta succedendo?”
“Non lo so, ma non preoccuparti: Vincent si è appena diretto là.”
La figura sul letto tornò sotto le coperte.
“Domani farò un giro al campo” borbottò.
“Va bene” disse la seconda figura, tornando a letto a sua volta.
Raven li osservò per qualche secondo, quindi uscì. Nel richiudere la porta disse solo:
“Buon riposo, Eliot.”
-
Ed aprì gli occhi a fatica. Gli ronzavano le orecchie, e la polvere che si era sollevata lo accecava. Si tirò su a sedere e cominciò a tossire. Di fianco a lui, Reina si stava rimettendo in piedi a fatica. Alphonse, invece, era già in posizione di difesa.
“Al?” chiamò.
“Non preoccuparti, fratellone, ci penso io” disse il ragazzino.
Ed, confuso, si tirò in piedi e si guardò intorno. La folla li aveva circondati. Erano molti di più di quelli che avevano fatto irruzione nella loro stanza, e tutti impugnavano qualcosa e li guardavano con ostilità. Alcuni inveivano contro di loro in quel miscuglio di lingue che avevano già sentito alla locanda. Poi un uomo, alzando un’ascia, levò un grido che risuonò sopra agli altri.
“Eis Korakas!”
La folla esultò, e altri si unirono al grido.
“Eis Korakas! Eis Korakas!”
“Che facciamo?” chiese Reina, nervosamente.
“Direi che non abbiamo molta scelta, no?” rispose Ed, tagliente.
Stava per battere le mani per eseguire una trasmutazione, quando improvvisamente la folla si zittì. Tutti si voltarono da una parte e fecero spazio in modo da lasciar passare un uomo biondo.
“Edward, Alphonse, Reina! Benvenuti!” esclamò con tono amichevole quando fu di fronte a loro. I tre si accorsero a malapena che aveva un occhio color oro e uno rosso, da tanto erano basiti, esattamente come tutti gli altri. L’uomo si rivolse alla folla. “Costoro non sono nemici, ma miei ospiti” spiegò. Alcuni abbassarono le armi, altri rimasero a fissarlo, perplessi. “Capisco la vostra confusione: come può una persona tanto celebre in Amestris, addirittura l’Alchimista di Stato conosciuto come Fullmetal Alchemist, essere nostro amico? Ve lo spiego subito: Edward e i suoi compagni sono sì spie, ma per conto della nobile nazione di Aerugo!”
Dopo un attimo di ulteriore sbalordimento, la folla esultò, inneggiando a coloro che appena pochi minuti prima aveva tentato di uccidere con una granata, per non parlare dello scampato linciaggio.
L’uomo si avvicinò ai tre e tese una mano a Reina, che la prese, incerta. L’uomo le fece un lieve baciamano.
“Venite, seguitemi” disse poi, cominciando ad incamminarsi.
Dopo un attimo di sconcerto, i tre lo seguirono, mentre la folla si disperdeva. Quando furono abbastanza lontani Edward si azzardò a chiedere:
“Scusi, ma lei sarebbe...?”
L’uomo si voltò appena.
“Mi chiamo Vincent Nightray” disse con un sorriso affabile, che però a Ed non piacque per nulla. “State tranquilli” continuò. “Ho un debito con Madame Sarah, non farò del male ne a voi, né a Envy.”
“Mad...?” cominciò Ed, ma il fratello lo interruppe.
“Parla di Quella Persona?”
“Oh? Anche voi la chiamate così?” fece Vincent, sorpreso. “Capisco...”
I tre non ribatterono: dietro quella storia doveva esserci lo zampino di Envy, se quell’uomo li credeva alleati degli Homunculus, che continuasse pure a farlo. Probabilmente neanche Envy si era sprecato a dire di aver tradito il suo “capo”.
Vincent li portò alla villa e li condusse in una stanza al piano terra. All’interno, affacciato alla finestra, c’era Envy. Aveva ancora l’aspetto del ragazzo coi capelli verdi. Quando vide Reina, sorrise sollevato.
““Meno male che stai bene...”” disse, avvicinandosi.
Lei lo guardò con aria truce, e subito dopo gli sferrò un cazzotto abbastanza potente da spaccargli il naso.
“Hai idea di quanto ci hai fatto preoccupare, imbecille?! Ci hai piantati in asso a quel modo senza aspettarci, e per colpa tua abbiamo passato una serata d’inferno!”
Il ragazzo si palpò il naso, rimettendoselo a posto con le sue capacità di rigenerazione.
““Ma se non avessi inseguito la bambina non sarei mai arrivato qui! Inoltre, quando ho sentito l’esplosione ho immaginato che foste voi e ho chiesto a Vincent di intervenire... E poi, da quando ci siamo separati sarà passata poco più di un’ora!””
Reina si voltò verso Al, esterrefatta.
“Io pensavo fosse notte fonda! Abbiamo dormito così poco?”
“Ehm, sì, vi ho svegliato dopo appena mezzora... Ho dimenticato di dirvelo, con tutto quello che è successo.”
Reina tornò a guardare Matthew, imbarazzata.
“Scusa. Sono stata affrettata.”
““Scuse accettate”” disse il ragazzo, mettendole una mano sulla spalla. ““E voi due, tutto ok?”” disse poi, andando verso i fratelli Elric.
Reina lo guardò, sorpresa: si stava preoccupando per Ed e Al?
“Sì, niente di rotto... giusto?” fece Al, guardando verso il fratello, che bofonchiò qualcosa e fece cenno di no con la testa.
“Bene...” s’intromise Vincent. “Volete andare nelle vostre camere?”
Ed e Al annuirono. Da dietro Vincent sbucò Echo (e Reina si chiese da quanto tempo fosse lì), e l’uomo le ordinò di portare gli ospiti nelle loro stanze. Matthew fece cenno a Reina di andare con loro, e quando i tre se ne furono andati puntò i suoi occhi viola sull’uomo, che ricambiò lo sguardo coi suoi occhi discordanti.
“È sufficiente per ripagare il debito?” chiese quest’ultimo.
““Quasi”” ribatté l’Homunculus con un sorrisetto. ““Domani facci entrare al campo degli immigrati di Ishbar, e poi sarà sufficiente.”” Fece un sorriso storto. ““Ho visto che tuo fratello sta benone. È lui il Raven, adesso...””
“Solo formalmente. Il vero erede è Eliot. Comunque sì, sta bene... e solo grazie a voi.”
Gli occhi di Envy si ridussero a due fessure.
““Grazie a Sablier.””
Il sorriso di Vincent s’incrinò, poi, con un cenno di saluto, uscì a sua volta dalla stanza, chiudendo la porta.
Envy tornò a guardare dalla finestra.
+++++++
““Salveremo tuo fratello, ma tu in cambio devi fare una cosa per noi, d’accordo?””
+++++++

-La Tragedia di Sablier...-
 
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Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 27/4/2011, 19:19




Epico.
sarà perchè l'ho letto ascoltando questa?xD


Siiiiiiiii! PH irrompe in Hagaren!*.*
Elliott...quando ho letto il suo nome mi è pianto il cuore.ç_ç
Questa storia del Re comunque è losca.
Vincent finora è dipinto troppo santarellino....qui la cosa mi puzza...
Raven!*-*
La mia inner fungirl vuole più apparizioni di codesto personaggio per poter sbavare meglio.xD
Povero Ed, che grama figura fa in questa storia...
Echo....bambinetta?O_o



Ps:BossaH stavo commentando proprio mentre mi è arrivatpo il messaggio...xD
Come al solito però sono senza soldi. :saw:
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 2/5/2011, 09:27




Yue, Yue, Yue... I casi sono due (oddio, fa pure rima): o il capitolo ti è piaciuto proprio, oppure eri troppo in modalità fungirl, perché non sembra quasi un tuo commento!
Hai fatto una buona scelta di colonna sonora *Approva*
 
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Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 2/5/2011, 15:18




Non avevo abbastanza sbatti per cercarmi i pezzi nel testo e quotarli, sumimasen.
Comunque si, mi è piaciuto. xD
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 2/5/2011, 23:10




Meno male! :3
 
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4 replies since 25/4/2011, 13:17   42 views
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