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Dvergar, Doye il nano alla riscossa!

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Panchito
CAT_IMG Posted on 21/9/2011, 00:39




All’inizio è il buio.
Sono le tre del mattino e le tenebre ricoprono la casa dell’Autore. Fa caldo come se fosse un Settembre particolarmente afoso e, infatti, è un Settembre particolarmente afoso, eccezionalmente afoso.
L’Autore sta scrivendo al computer. Non dorme, ma anche se ci provasse, non ci riuscirebbe. Gocce di sudore grandi come damigiane di 24 litri gli imperlano la fronte. L’Autore a casa ha l’aria condizionata, condizionata dal forte odore di sudore. Per avere un po’ di refrigerio, ha lasciato aperto il frezeer con dentro il ventilatore acceso; ma nonostante questo i suoi capelli sono bagnati come se avessero asciugato tutti i peccati del mondo. Sotto la sedia c’è una pozza d’acqua talmente grossa che l’inquilino del piano di sotto ha già avvisato l’amministratore.
La canottiera e il pigiama dell’Autore gli si sono incollati addosso come manifesti stradali; dalla finestra la luce intermittente di una pizzeria proietta sul muro, a intervalli regolari, la scritta “Gigino ‘o fetente, la pizza bollente”: solo la scritta farebbe sudare un masai.
L’unica cosa attiva oltre alla luce dello schermo sono le zanzare, grosse come pastori bergamaschi: non nel senso del cane, ma proprio il pastore vero, originale. Sono voraci come caimani e talmente tante da dover compilare il piano di volo per evitare incidenti aerei.Il muro è già tutto a pois, come un dalmata, per le zanzare che l’Autore è riuscito a spalmare a scarpate nelle ultime ore.
Una zanzara diplomata geometra, col pettorale numero 913, del peso di 18 chili, passa a tiro: l’Autore, senza staccare gli occhi dal monitor, spara una ciabatta con la stessa forza che Goku mette nella Genkidama: una nuova macchia di 1,34 metri quadrati si stampa sulla parete.
In quella si ode la voce dell’Autore: “Doye, vieni qui”
Un ometto si fa avanti nella penombra della stanza. E’ un cosino basso, basso, quadrato, tanto da poter essere scambiato per un comodino. Ha una faccia cascante, tutta pieghe, che farebbe sentire un bulldog un modello di Novella 3000. Il viso è di un triste color verde-kiwi. La barba gli cade su tutto il petto e ha talmente tanti nodi da doverci segnare sopra che non è l’ultimo lavoro del Puntocroce. I vestiti li porta tutti di taglia sbagliata e ci manca poco che la cintura gli salti via per la pancia da bevitore di birra.
“Che c’è, capo?” chiede l’ometto con gli occhi impastati dal sonno.
L’Autore lo guarda, un po’ sorpreso: “Ma che cavolo ti è successo? Fai schifo!”
E allora l’omino sbotta: “E ci credo! Me l’hai fatta magiare tu l’impepata di cozze! E’ da due ore che sto al bagno e se sto fuori è solo perché è venuta tua madre a scacciarmi con la scopa e poi col cavolo che riesco a dormire se stai tutta la notte davanti a quel coso!”
“Mamma mia, che noia” sbuffa l’Autore. “Manco fossimo sposati. Ricordati che sei il mio amico immaginario e gli amici immaginari non hanno voce in capitolo”
“Se, vallo a dire al tuo water”
“Perchè? Non è d’accordo?”
“Te l’ho intasato”
“MA PORC...! Vabbè, ne riparleremo dopo: adesso ho una missione importante da affidarti”
“Altre zanzare da spiaccicare?” Cosi dicendo Doye, nel tentativo di ammazzarne una, si da uno schiaffo cosi forte da mettere in predicato tre molari.
L’Autore continua: “Quello è uno dei problemi principali insieme al perchè esistiamo, ma non adesso: stavolta è in gioco la salvezza di tutti gli Anime e Videogiochi”
“Ah, che bello...io torno a letto...”
“Devo capire che non te ne frega niente?” L’Autore è sconvolto.
Doye sbadiglia sonoramente mettendo in mostra una chiostra di denti che farebbe scappare urlando un dentista: “Vuoi saperlo in una scala da 1 a 10 o ti basta un “no” normale?”
“Ma a tutti i bambini che giocano e leggono manga non ci pensi?”
“Ma certo capo, penso ai bambini, alle bambine e a come soffocarli nel sonno ogni volta che quel mostro di tua sorella si mette a piangere alle quattro di mattina”
“E tutti gli appassionati che li seguono assiduamente? E‘ grazie a loro che sconfiggono la noia e vivono avventure anche dentro casa”
“Anche io vivo un’avventura ogni volta che mi mandi a fare la spesa a mezzogiorno, ma mica vado a rompere le palle al prossimo per tenermela”
L’Autore comincia a spazientirsi: “E che mi dici di tutte le persone che lavorano alla programmazione, alla scrittura delle storie, alla distribuzione? Finirebbero tutti in mezzo a una strada”
“Meglio, capo! Assumiamoli come operai sottopagati! Approfittiamone!”
“Ho capito. Del divertimento non te ne frega niente, ma allora pensa agli stimoli continui che danno ai cervelli di grandi e piccini, invece di quei giochini stupidi di oggi che bloccano la fantasia e la creatività”
“Non c’è problema, capo, torniamo ai LEGO: sono più semplici e manco inquinano”
“Anche per quelli di 20 anni?”
“Gli faremo dei LEGO più grossi, capo, uno si deve pure accontentare”
Ora l’Autore è parecchio spazientito: “Ma non possiamo lasciare che tanti bellissimi personaggi svaniscano nel nulla”
“Si abitueranno come ho fatto io, capo”
“Ma tu non stavi in lista d’attesa per un giochetto del Gameboy?”
“Per il Gamecube, capo. M’hanno scartato perchè dicevano che non ero abbastanza spigoloso per fare il cassonetto dell’immondizia e non esplodevo abbastanza bene per fare la bomba di profondità”
“Va bene, va bene, allora, allora fallo per le console! L’hai viste? Sono molto utili con tutte quelle funzioni di registrazione e di connessione a Internet”
“Quello del calcio?”
“Quello è l’Inter, cretino, ora basta! Finiscila con questa pagliacciata! La mia infinita pazienza di Autore ha un limite!”
L’Autore preme un pulsante sul bracciolo della poltrona e sotto Doye si apre una botola, che lo fa precipitare per 10000 metri!
Il nanetto strilla come un maiale sgozzato e ripassato in padella, mentre cade, e nella caduta vede un UFO, Superman, lo Sputnik, Dante Alighieri e San Bernardo, Dumbo, un 747, Mary Poppins, il Barone Rosso, Sephiroth, Messner arrampicato sull’Himalaya, i Linkin Park che cantano sulla statua gigante, un palloncino, Peter Pan, il gabbiano Jonathan Livingstone, il Barone di Munchausen, un pettirosso, un pallone da calcio firmato, Babbo Natale, uno scoiattolo volante e una molotov.
Alla fine finisce dentro un buco aperto sul tetto di un misterioso edificio. Atterra su una poltrona dentro una cabina di comando, si gira di lato e vomita anche l’anima, compresa l’impepata di cozze della sera prima.
Si rialza in condizioni pietose: la barba piena di impepata e il colorito verdastro lo fanno sembrare un incrocio tra il piatto forte di un party di gala e un ramarro. Ansima come un mantice e peta come un motore a scoppio. Insomma, Doye è terrorizzato come se avesse visto un film di Dario Argento, anzi di più, come se avesse visto Dario Argento in persona.
Non fa manco in tempo a ripigliarsi un po’ che si ode una voce metallica: “Benvenuti a bordo dell’astronave Ludovica I”
“Ammazza, che nome” ansima Doye e direbbe di più se lo sforzo non rischiasse di farlo stramazzare.
“Qui è il vostro computer di bordo che vi parla...“
“Bravo, allora parlami di come si scende”
“Questa unità non apprezza il sarcasmo...inizio conto alla rovescia per la partenza verso i mondi di Final Fantasy”
Doye impallidisce, ma è già verde e perciò non si vede: “Che? Ma io non ci voglio andare!!”
“Dovevi pensarci prima...inizio conto alla rovescia...10.824...10.823...10.822...”
“Mannaggia, almeno ho un po’ di tempo per vedere dove si scende da questa trappola”
“...10...9...8...7...”
Doye sobbalza: “Ohè, ma non vale!!!!”
“...6...5...4...”
“Fermate tutto!! Fatemi scendere!!”
“...3...2...1...”
Doye si tiene la testa con le mani e si accuccia per terra, ma il conto alla rovescia si blocca. Speranzoso, alza lo sguardo verso l’altoparlante.
E allora la voce metallica dice: “Durante la trasvolata proietteremo il filmato *Apolo 13*, buon viaggio...0!! Partenza!!!”
“NOOOOOOO” si dispera Doye e fa le corna.
I motori si accendono. La porta dell’hangar si apre e l’astronave schizza nel vuoto siderale con una poderosa accelerazione; lontano, dal suo super-posto di osservazione, l’Autore la osserva allontanarsi lasciandosi dietro una scia di fumo.
“Buona fortuna, Doye...il destino dei manga e dei videogiochi dipende da te”
L’astronave scompare nel cielo. Si sente un urlo lontano e l’eco di una bestemmia, ma l‘Autore fa finta di non sentire e se ne va.
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 21/9/2011, 18:08




...What?
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 21/9/2011, 18:33




Lo prendo come un "questo capitolo mi ha estasiato al punto da mozzarmi le parole in gola" x)
 
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Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 21/9/2011, 18:57




...Green non mi rubare i commenti, ora io che commento? <-<
CITAZIONE
Finiscila con questa pagliacciata! La mia infinita pazienza di Autore ha un limite!”

Noto una certa contraddizione in termini...xD

Panchito, non ti offendere, ma per il momento questo capitolo non ha nè capo nè coda. non si capisce l'antefatto. ò_ò
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 21/9/2011, 19:26




Mi sta bene cosi x)
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 21/9/2011, 23:21




Partenza! ...Fermi tutti! Non ci voglio andare!

L’astronave, su cui Doye è stato cortesemente invitato a imbarcarsi, veleggia nello spazio. La striscia di fumo che si lascia dietro è talmente nera che solo la grazia divina e il dilagare della congiuntivite distoglie la contraerea di Green Peace dall’abbatterla. Sbuffa come una locomotiva a vapore con l’asma e cigola come un battaglione di pensionati, e solo i pezzi di scotch e gli sputi sparsi quà e là la tengono insieme.
Sui portelli stanno appiccicati tanti di quei poster, stick, foto di famiglia, autografi di Totti che sembra appena tornata da un attacco terroristico a una cartiera. Davanti, i fanalini sono tutti sfasciati e se ne accende uno no e l‘altro manco, e dietro la targa sembra un Togo gigante talmente è coperta di fango.
Gli oblò sono tutti sporchi come chiaviche e ce ne sta uno rattoppato da un paio di cerotti messi a croce: come tenga la pressurizzazione è ancora un mistero attualmente discusso dai più grandi esperti della NASA. Nello spazzolone che sostituisce il tergicristallo, una famiglia di vespe spaziali tiene in pugno il racket degli affitti: 150 euro al mese per un posto nella marmitta, attualmente occupata dai germi giganti, e 300 per uno nel frigorifero, costo pagato al momento da un grosso troll verdastro.
L’antenna è annodata a forma di ghirlanda e ormai prende solo Radio Maria, non i notiziari, solo il canale Necrologi 24 ore di Don Giancarlo: tre ore d’ascolto bastano per far suicidare pure un branco di iene ridens.
Insomma, l’astronave che l’Autore ha appioppato a Doye è talmente scassata, ma talmente scassata, che pure il goblin che va a sfasciare gli aerei durante i voli, quando l’ha vista, se ne è andato
scuotendo la testa.
Accasciato sulla sedia, davanti al pannello di controllo, Doye piange lacrime amare. Piange per essere stato spedito chissà dove in chissà quale missione, piange pensando a quali pericoli lo attendono, piange perchè la radio è bloccata su Radiomaria e non riesce a spegnerla, piange perchè il troll nel frigo si è mangiato tutto il prosciutto, piange perchè non sa cosa fare.
“E adesso cosa ci metto in mezzo a queste fette di pane?” lacrima, disperato.
Sta già pensando a usare la cordicella dell’Arbre Magique per impiccarsi, quando la solita voce metallica torna a farsi sentire: “Qui è il vostro computer di bordo che vi parla...invitiamo i gentili passeggeri a stare calmi e seduti...”
Doye continua a piangere.
“Qui è il vostro computer di bordo che vi parla...vi invitiamo a calmarvi e a sedervi in modo composto...”
Doye prosegue, imperterrito. Il pavimento comincia ad allagarsi.
“Qui è il vostro computer di bordo che vi parla...vi invitiamo a calmarvi e a sedervi in modo composto...attivazione del programma di rilassamento dei passeggeri in corso...”
Ormai Doye è diventato una riproduzione della Fontana di Trevi. Colonie di girini saltellano allegramente nel lago che si è formato. Il troll decide di uscire dal frigo per ingaggiare una battuta di pesca insieme ad un gruppo di amici.
“Qui è il vostro computer di bordo che vi parla...attivazione del programma di rilassamento dei passeggeri...”
E’ il momento, per l’attrezzatura di ultima generazione dell’astronave, di mostrarsi in tutto il suo metallico splendore e lancia, seduta stante, un attacco nucleare: una pioggia di fuoco e fiamme si abbatte sul tranquillo paesaggio lacustre in via di formazione. La radio, nel pieno di un avvincente elogio di un tal Gisberto Francari, esplode come un sol uomo. Bombe radioattive vengono lanciate dai boccaporti in una micidiale cascata di morte, un piccolo fungo atomico si leva dai resti del frigo distrutto e il troll e i suoi amici rinunciano alla pesca per gettarsi in una fuga precipitosa; i germi giganti si rintanano nei bunker e alcuni scrivono anche testamento; la porta della cabina si apre ed entra un veterano di guerra senza una gamba che chiede se si può fare meno baccano.
Doye, terrorizzato, si ritrova di fronte un braccio meccanico armato di Colt che gli punta un mirino laser in fronte.
“Rilassamento dei passeggeri completato?” chiede la voce.
“E che succede se dico di no?” esala Doye, bianco come il Pandispagna.
“Verranno liberati posti per imbarcare nuovi passeggeri...”
Doye sbianca, raggiungendo la purezza di una nevicata invernale: “Diciamo di si, allora”
“Molto bene...”
Il braccio meccanico si ritira dentro l’accendisigari e Doye tira un sospiro di sollievo.
“Uff, ma perchè bisogna essere sempre cosi violenti per farsi ascoltare? Non basta una pacca sulla spalla, un fischio, uff, qua finisce che ci perdo le penne e non siamo nemmeno alla quinta pagina, uff”
La voce lo ignora e riprende: “Qui è il vostro computer di bordo che vi parla...”
“Questo l’avevi già detto” fa notare Doye, massaggiandosi le palpebre, dopo essersi calmato. Benchè l’atmosfera sembra essere più tranquilla, la lucina rossa insiste a girargli in un occhio. “Ma allora non posso dire niente!” sbotta.
“Questa unità apprezza l‘intuito dei passeggeri...”
Doye sbuffa rumorosamente, incrocia le braccia sul petto e si mette mugugnare insulti e a masticare l‘Arbre Magique.
“Questo è il computer di bordo che vi parla...adesso vi indicherò l’ubicazione delle uscite di emergenza...”
“Ah, si? Ecco una cosa interessante” dice Doye facendosi di colpo interessato, sia perchè magari può provare a fare l’astro-stop sia perchè l‘alito gli è diventato uguale a quello di un koala.
“Le uscite si trovano...lì...lì...là...”
“Ma vattene a /$&)£&!!!!”
“Si ricorda ai signori passeggeri che è severamente vietato fumare...”
“No!!” fa Doye, che aveva già tirato fuori un pacchetto di sigari.
“...farsi le canne...”
“No!!!” fa Doye, che aveva già cominciato a rollarsi una cartina.
“...farsi le pippe...”
“NO!!!” fa Doye, che aveva già iniziato a leggersi un manga, e infatti non aveva capito di cosa si stava parlando.
“...giocare a golf sul ponte...”
“POSSO ALMENO RESPIRARE O MI METTI UNA TASSA PURE SU QUELLO???” sbotta Doye, che già si era attrezzato con un secchio, due bastoni, una pallina di carta e il troll, appena tornato a causa del troppo traffico, come avversario.
“La velocità di crociera è di circa tremila...milioni...di chilometri...quadrati...”
Doye guarda il troll. Il troll guarda Doye, e fa spallucce.
“L’altitudine: notevole...”
“Boh...”
“La temperatura: abbastanza fresco...”
“Ma di un po’: a te ti hanno comprato al mercatino dell’usato oppure stavi in una discarica e ti hanno riesumato da lì?”
Un boccaporto si spalanca e spara un missile, che fa la permanente a Doye, disintegrando tutto quello che c’è dietro di lui.
“Questa unità ha avuto un passato difficile e prega gentilmente i signori passeggeri di non fare domande su tale argomento...”
“E se quello è il gentilmente” esclama Doye con una mano attorno al collo “Figuriamoci il brutalmente”
La voce allora dice: “Ora si pregano i gentili passeggeri di prendere posto: il briefing della missione attuale verrà comunicato durante un leggero pasto”
Alla parola “pasto” Doye comincia a cambiare colore e forma: si amalgama, si raggruma, evapora, si condensa, solidifica, diventa giallo, blu, verde, azzurro, rosso, fucsia, viola, a pallini, Hulk e Silver Surfer. Alla fine torna normale e si lancia sul sedile con il grido da guerra cosacco.
“Evviva! Si mangia!!” grida, già munito forchetta, coltello, bavaglino di Batman e lingua penzolante d’ordinanza.
A silenzio sbigottito della voce, spiega: “Tranquillo, rottame, è solo un lieve disturbo” Poi, con lo sguardo bramoso. “Che si mangia?”
La voce esita: “Ehm, questa unità non aveva mai visto una cosa del genere...è un po‘ scioccante e innaturale pure...” dice, per poi riprendere un tono serio: “Eh-ehm, in ogni caso...il pasto consiste in ottimo cibo liofilizzato, progettato e preparato esclusivamente per viaggi spaziali di lunga durata”
E mentre dice questo, un cassetto si apre dalla plancia di comando. Affamato come un leone in convento, Doye ci guarda dentro, ma la vista del contenuto lo lascia perplesso: ci sono solo un mucchio di dentifrici con tante etichette colorate appiccicate sopra. Più che un reparto mensa, sembra l’esposizione Vivident allestita da uno squilibrato.
“Che è sta roba?” chiede, dubbioso.
La voce assume un tono orgoglioso: “Questa unità è orgogliosa del rifornimento delle vettovaglie...anche i passeggeri sono esterrefatti dalla qualità del servizio, eh?”
“Si, esterrefatti, proprio la parola giusta” Doye alza un sopracciglio e osserva scettico l’altoparlante: “Questa roba non si può neanche vedere, figuriamoci a mangiarla” E cosi dicendo toglie il cassetto dalla plancia e si avvia verso il cassonetto, un’apertura verso l’esterno che il computer di bordo fa spalancare.
“Questa unità non capisce...è tutto cibo di altissima preparazione tecnica...ideato da tecnici di elevatissima preparazione...”
Doye scuote la testa, mentre, con profondo senso ecologico, butta tutto nello spazio. “Dammi retta, rottame, questa roba è una porcata...e te lo dice chi di porcate ne ha viste parecchie” e si mette a guardare i rifiuti che si disperdono nello spazio. In lontananza si sentono le maledizioni in orchesco di Green Peace; Doye fa una pernacchia e continua a parlare, sotto lo sguardo del computer di bordo: “Qui ci vuole roba più sana, più semplice, altro che quella stranezza là, ci sta talmente tanta spremuta di cervello là dentro che quasi me la sento in bocca!!” esclama, mentre si tira fuori dalla barba una scatola di pelati.
“Ma...l‘Autore si è premurato di comunicare le istruzioni accompagnandole con un pasto” avverte la voce, e intanto Doye mette in mano a due arti meccanici un coltello e una cipolla.
“Mi conosce bene quel bacarozzo...” sospira Doye aprendo i pelati, mentre il computer affetta le cipolle. “Lo sa che quando mangio divento più ammorbidibile, ma col cavolo che mi frega stavolta, eh, no, proprio No. Mi ha fatto piangere pure troppe volte con ste idee strane!”
E intanto anche il computer piange, ma per colpa delle cipolle, mentre Doye continua: “Io fino a due ore fa campavo cacchio cacchio, tomo tomo, senza rompere le scatole a nessuno; all’Autore l’ho sempre aiutato: gli facevo le commissioni, gli tenevo compagnia, lo aiutavo a non fare i compiti e a resistere all’impulso di studiare, gli tenevo il turno alla TV quando era impegnato, lo aiutavo persino a smaltire le patatine che avanzavano: era una vita tranquilla, senza scosse, ma piena di soddisfazioni...mi ricordo ancora quando abbiamo visto insieme l‘elezione di quel Papa tedesco...”
Il computer lo interrompe asciugandosi i sensori: “Allora è vero che gli immigrati dell’Est vi rubano i posti migliori di lavoro!” Doye annuisce mentre si tira fuori una padella dalla barba e ci versa l’olio dentro, e continua, nostalgico: “Ah, le serate passate a giocare a God of War! Vabbè che io mi nascondevo dietro un bunker di cuscini dopo tre minuti, però ci si divertiva, eh! E poi c’era DragonAge! Quel vecchio capoccione dell’Autore si era preso il nano proprio per farmi contento, e ho dovuto insistere solo per settantanove ore di fila? Ah, le risate quando facevo entrare la Berlino Filarmoniker in camera sua e facevo suonare la Morte di Sigfrido alle quattro di mattina!” Poi si volta verso il computer che lo ascolta e gli dice: “Butta dentro la cipolla...” Il macchinario esegue e intanto gli chiede: “Questa unità ha un dubbio...quindi andava tutto liscio? Cioè, stavate bene e vi divertivate?”
Doye mette su l’acqua per la pasta su un fornelletto uscito dai comandi e poi risponde: “Proprio cosi, rottame, ed è per questo che non capisco il perchè quel tizio abbia sbattuto su questa nave verso non so che cosa, magari c’avessi avuto la dispensa piena, allora partivo pure per scongelare il Polo Nord con il phon, ma cosi...”
“Forse perchè si fidava di te? Questa unità ritiene questa teoria probabile...”
Doye scuote la testa: “Nah, nah, non lo sai che se hai un amico devi coccolarlo e tenerlo al caldo come un pacco di biscotti? Metti che si perde, cade in un burrone, lo rapiscono gli alieni, si scioglie nell’acqua e zucchero, poi come lo spieghi alla famiglia?”
“Questa unità non comprende questo tipo di logica...”
“Comunque sia, questo scherzetto non m’è piaciuto, è peggio di quando mi ha chiuso dentro un armadio per una settimana oppure quando mi ha legato e dato in pasto alle capre di montagna: in quelli almeno potevo fregare quel curiosone di Huklberry Fiinn e buttarcelo al mio posto, qua o non c‘è o si è perso di nuovo con la canoa, perchè ancora non l‘ho visto...” Poi, mentre aspetta che l’acqua bolle: “A proposito, non dovevi parlarmi di qualcosa?”
“Davvero?”
“Boh, mi pare...di che parlavamo prima?”
“Questa unità se ne è dimenticata...”
Doye fa spallucce. “Vabbè, fa niente”
Su in regia non fanno neanche in tempo a registrare quelle parole che la voce sovrannaturale dell’Autore riecheggia nell’aria con il fragore del tuono.
“MUOVETEVI, DEFICIENTI!!”
Spalmato a terra come il ketchup su un sandwich, con lo scolapasta in testa, Doye solleva il dito medio: “Ma vada via ‘al cul, terun”. Il pubblico ci scuserà se evitiamo di tradurre quest’ultima affermazione.
Con tutti le braccia meccaniche annodate alla marinara e l’occhio elettronico incastrato nel cassonetto, la voce commenta, abbattuta: “Questa unità ha avuto un improvviso riavvio dell’hard disk e ricorda le predisposizioni...”
“Ma che culo!!”
“Certe parole non andrebbero dette con questo rating...”
“E SAI QUANTO ME NE PUO’ FRE...”
E in quella una incudine con su scritto 1 TON atterra sopra Doye, spiaccicandolo come una zanzara sul parabrezza.
Un silenzio attonito cala nella cabina di comando, rotto solo dal russare del troll, che, nel frattempo, si era addormentato sulla cloche.
“L’acqua è pronta?” chiede fievole, fievole la voce di Doye da sotto l’incudine.
L’occhio meccanico ci guarda e poi risponde, con un po ‘di pietà: “Questa unità vede tante bolle sulla superficie del liquido...”
“Penne rigate o maccaroni?” La mano di Doye esce tremante da sotto il peso d’acciaio tenendo due pacchi di pasta.
“Maccaroni?”
“Mettili tuuoooofff....” La mano si accascia.
Osservando la scena, il computer si domanda se ha fatto bene a lasciare la discarica per farsi montare su quell’astronave.
...
Recuperato ciò che era rimasto di Doye, non molto, per dire la verità, lui e il computer di bordo si accomodano a tavola a mangiare.
“Smarantz, garagants, startamatz” mugugna il nano, arrabbiato come un castoro a cui è appena crollata la diga, mentre riempie un piatto di pasta con un mestolo.
Il computer è curioso: “Fai i gargarismi?”
“No, sto bestemmiando contro quel sgnarmatz dell’Autore, ma queste cacchio di censure mi storcono tutto”Poi, porgendo il piatto a uno degli arti meccanici. “Tiè, mangia, và”
L’occhio meccanico lo guardò come se fosse un porcellino laureato: “Questa unità può usare questo materiale per compiere l’upgrade degli scudi positronici o del sistema operativo carpiato?”
“No, però è buono e ti fa evacuare che è un piacere”
“Questa unità pensa che questo materiale sarà temporaneamente messo al sicuro” E dicendo questo, apre il cassonetto e butta tutto nello spazio, alzando nuove proteste dai vertici GreenPeace, che, stanchi di incassare, cominciano a tramare nell’ombra.
Doye fa spallucce, poi assale tutta quanta la pignatta piena di 60 chili: “Bah, dai tu, come si dice: a ognuno quel che si merita! Bwahahaha!”
“Questa unità stima quella pietanza in 60.000.000 triliardi di calorie...seguendo la logica dell’indovinello quel che ti meriterai sarà un aumento di peso pari al doppio di una nave cisterna di medie dimensioni”.
Doye ferma lo scempio pastaiolo per guardare dubbioso l’occhio meccanico: “Hai detto qualcosa, rottame?”
“Questa unità rammenta ai passeggeri la necessità di esaminare le istruzioni per la missione...”
“Se, se” Doye fa un cenno distratto con la mano, mentre ingurgita cibo al ritmo di un branco di elefanti. “Appena finito di mangiare”
“E per compiere questa operazione, quanto tempo occorrerà?”
Doye ci pensa su per un attimo, poi risponde, a bocca piena: “Richiamami la prossima settimana” E riprende a mangiare.
Una raffica di raggi laser disintegra pignatta, pasta, tavolo e sabotatore inviato da GreenPace.
“Ripensandoci, un po’ di tempo per sentire lo trovo” dice Doye con un sorriso a 64 denti.
Il tentacolo meccanico rinfodera il disintegratore molecolare, rubato da un set di Star Wars, perchè il budget è quello che è:“Questa unità approva...”
“Allora, vuoi dirmi sì o no in che guaio mi ha spedito quel cretino dell’Autore?”
“Questa unità provvederà a...”
“Cioè, quante sono? Cinque pagine che stiamo qua a dire schmezaeld e ancora non ne veniamo a capo!”
“Questa unità sta appunto...”
“Cosa staranno pensando i lettori? -uffa, che noia! Questa storia! Ma perchè si perdono in chiacchiere?- -Ma non se la danno una mossa?- -Acc, ho finito i biscotti!- Di questo passo finiremo per perdere tutti i visitatori”.
“Ma...questa unità vorrebbe proprio...”.
“Le visite si faranno sempre più rade e poi sai cosa succederà? Nessuno ci recensirà più, la storia cadrà nell’oblio e BAM! In men che non si dica, i nostri cervelli finiranno a galleggiare nelle vasche di conservazione su un’astronave aliena”.
“Questa unità ha qualche piccolo dubbio riguardo l’ultimo passaggio...”.
“E tutto perchè siamo andati a rilento con la trama, lo capisci, rottame? Tutto perchè...”
Una pioggia di proiettili di morati si abbatte tutt’attorno a Doye, provocando morte e distruzione in ogni angolo della cabina.
“Questa unità chiede la possibilità di parlare...” disse la voce meccanica, mentre trecento cannoni spuntati dalle pareti puntavano sul nano.
Doye si guardò intorno, e con fare serio e grandemente cool: “Me la sono fatta addosso”.
Le braccia meccaniche, l’occhio e il troll cadono tutti a terra in stile fumetto manga.
“Questa unità è...ehm...sorpresa...comunque di là c’è un bagno”
“Grazie” poi, fermandosi di fronte al troll: “Niente commenti, grrrrazie”
Doye si infila nel gabinetto, un buco nel muro, e si chiude la porta dietro le spalle.
“Beh, in fondo” dice da dentro. “Dopo tutti questi bombardamenti è normale, no?”.
“Questa unità pensa di si...” risponde il computer, un po’ a disagio, mentre, dietro l’occhio meccanico, il troll scuote la testa, afflitto.
“Vabbè, si parlava di una missione, giusto?”.
Al sentire la parola “missione” l’occhio si rianima un po’: “Giusto, questa unità passerà adesso a spiegare il contenuto della missione che ci è stata affidata dall’onorevole Autore...”.
“Adesso è diventato pure onorevole? Senti un po’ che ne penso!”.
Un accordo di basso rimbomba dal gabinetto, seguito da un’onda di gas verdastro e un profondo sospiro di soddisfazione nanesca.
“Ehm, si...” L’occhio si solleva un po’ per evitarla, nel frattempo che il troll si afferra la gola e rantola, poi continua: “Tutto è cominciato esattamente 76 ore, 15 minuti e 36 secondi, quando l’onorevole Autore era immerso nella consueta lettura di 9 ore di manga”.
“Ancora onorevole? E due!”.
Altro accordo, stavolta più grave. Il troll si accascia al suolo senza un gemito.
“Allarme biologico! Attivare procedure di decontaminazione!!” appena il computer dice questo, tutte le ventole si attivano alla massima potenza, poi, mentre l’uragano Katrina scorazza ovunque, la voce prosegue: “Questa unità stava dicendo....mentre visionava i manga, l’Autore scoprì in essi un’anomalia; allarmato, estese la sua ricerca anche a videogiochi e anime, e anche lì trovò lo stesso fenomeno, un’anomalia che stava disturbando i qualche modo lo svolgersi delle loro trame”
“Ehi! Aspetta un momento!”.
L’occhio si alza di scatto, allarmato: “Cosa succede?”.
“Qua dentro non c’è la carta igienica!”.
“Questa unità adesso rompe qualcosa! Mi stai ascoltando o devo terminarti?”.
“Se, se, uff, meno male, che mi sono portato dietro qualche foto, si parlava delle trame, poi?
“Questa unità si chiede come userai le foto, ma nel suo hard disk ha innestato il chip della decenza e perciò tacerà...”.
Da dentro il gabinetto giungono rumori inquietanti, prima che Doye parli: “Beh? Allora queste trame?”.
“Si, le trame...qualcosa sta disturbando lo svolgersi delle storie di anime, manga e videogiochi e questo è un fatto preoccupante...”.
“E perché? Non va bene un po’ di cambiamento per una volta? Uno si romperà pure dopo 256 ore a guardare Auron che sfascia con una spadata i dinosauri!” chiede Doye e mentre parla i rumori inquietanti si fanno raspanti.
“Questa unità potrebbe anche approvare se si trattasse di giochi come mosca cieca o nascondino...”
“In pratica mi hai detto che sono un deficiente” .
Il computer lo ignora e prosegue: “Ma per queste storie, che sono già state prefissate, cambiare le trame significa uno sconvolgimento totale! Quando accade, tutti i legami e gli intrecci creati dagli Autori si rompono e si aggrovigliano e alla fine...”.
“Tutti a cena da Ornella!” La voce di Doye ha come eco lo scarico dello sciacquone.
La voce sparò una bordata laser dentro il gabinetto, silenziando all’istante ogni altra interruzione: “No, alla fine la storia muta al punto da non essere più quella originale e finisce per svanire, perché perde ogni senso logico, trasformandosi solo in una serie di immagini confuse senza senso...”.
Doye risponde con voce lamentosa: “Capisco...e adesso che abbiamo capito cos’è l’anomalia, che vogliamo fare?”.
“Beh, l’onorevole Autore diceva di imbarcarsi in una rischiosissima missione per impedire all’anomalia di allargarsi”.
La porta del gabinetto si spalanca di botto. Se ne affaccia Doye, bianco come la pecora Dolly: “Che? Non ho capito l’ultima sillaba!”.
“Proprio cosi, caro organismo bipede, e abbiamo già tutto pronto: di là, c’è l’armeria completa di mitragliette, pistole, fucili a pompa, bombe atomiche e katane per i nostalgici; le foto di parenti random a cui pensare sono già pronte in album; siamo attrezzati anche con un set di bare per l’eroica morte finale e, se serve, nello sgabuzzino c’è un maestro di recitazione e una collana di cipolle per le scene lacrimose, poi, abbiamo anche un bel po’ di scenografia da sfasciare per eventi di grande
Portata; per quanto riguarda le musiche, invece, ci ha offerto la sua collaborazione nientepopodimeno che il Maestro Uematsu che...”.
“...prepara il sushi!” interviene Doye, poi, con voce lamentosa: “Ascoltami, rottame, perché dobbiamo fare questa cosa?”.
La voce è sorpresa: “Ma ovviamente perchè è dovere di personaggi di storie come noi prestare il nostro aiuto ad altri colleghi in difficoltà, no?”.
Doye lo guarda come se avesse appena detto che il Titanic era stato affondato dall’attacco di un plotone di marmotte assassine.
“E secondo te, da 1 a 10, a me quanto importa?”.
“Ma...questa unità confusa...non sei anche tu un personaggio di una storia? Non dovresti essere solidale verso chi è come te?”.
Doye si dà una manata in fronte: “Oh, ma hai ragione! Come posso abbandonare i miei amichetti che vivono dentro la scatoletta nera! Oh, ma quanto sono svagrnalnz! Ma li aiuteremo ovviamente! Aspetta solo un attimo, vado a prendere i cioccolatini e i fiori da portargli e andiamo, va bene?” E, senza aspettare risposta, sbatte la porta e si richiude nel bagno.
Una mano meccanica bussa timidamente: “Ehm, questa unità non è certa di volerlo sapere...ma i cioccolatini da dove arrivano?”.
“Bwahahah, sei simpatico, rottame! Come hai detto di chiamarti?”.
“Questa unità non ha un nome...” tentenna la voce.
“Ah, si? Allora te ne do uno io! Mhhh...vediamo...”.
Un emozione mai provata invade il processore del computer al sentire quelle parole. Non gli era mai capitato, nella sua lunga,cibernetica,vita, che qualcuno gli desse un nome: era sempre stato semplicemente un sistema operativo, una macchina che doveva solo obbedire, senza fare mai obiezioni, sempre pronta e allerta ai desideri dei suoi padroni, senza sentimenti, senz’anima...
On era degno di ricevere un nome; solo gli esseri viventi meritavano di avere un nome, non le macchine, non lui...
Ma adesso, adesso per la prima volta qualcuno lo vedeva come qualcosa di più di un banale servitore? Qualcuno, qualcuno riusciva a vedere un amico in lui?
La consapevolezza di quel fatto fa vibrare di felicità i suoi bit come mai avevano fatto prima.
Emozionato, allunga il braccio meccanico e spalanca la porta di scatto.
“Questa...questa unità ti ringrazia! Non era mai successo...” comincia a dire, tutto contento, ma si blocca di colpo.
E osserva il grosso buco che campeggia al posto del water, scardinato e gettato di lato, e che dà sul vuoto terrestre. Nonché, il piccolo puntino in lontananza che si sta allontanando sempre di più dall’astronave.
“Questa unità dice...Brutto figlio di una shagdikakfs...”.
Dalla sua barchetta d’emergenza, formata da una trave di legno recuperata dal nulla, Doye rema come un ossesso per mettere più distanza possibile tra lui e qualsiasi, possibile folle missione senza ritorno.
Teoricamente sarebbe già dovuto essere morto e gli occhi gli sarebbero dovuti schizzare via dalle orbite, ma anche a questo c’è una spiegazione ed è driabnd asikfia, capito?
“Uff, puff, col cavolo che rischio il collo per quelli là! Col cavolo!” ansima Doye, mentre pagaia a tutta velocità solleticando la barriera del suono, che, intanto, se la ride con fare divertito alle sue spalle.
“Cioé, ma che siamo matti?” impreca tra sè. “Già mi viene la sciatica e il gomito del tennista per prendere il telecomando, figuriamoci se vado a farmi sparare da qualcuno di quei pazzi! Come diceva Darwin? I furbi e quelli con il collo lungo campano! Gli scemi se ne vanno a djajdsic e col cavolo che si mangiano le foglie!”.
Una voce conosciuta risuona nello spazio siderale: “Questa unità non ricorda che il professor Charles avesse mai menzionato un’idiozia di tale entità...”.
Per poco a Doye non viene un infarto: una figura incorporea gli era apparsa di fianco all’improvviso. Non possedeva nessun lineamento, ma fece ugualmente su Doye lo stesso effetto che fa Godzilla su un autobus: devastante.
“E tu qua come ci sei arrivato? Pensavo di essermi allontanato abbastanza!”
“Doye...tu sopravvivi nello spazio senza supporti vitali e senza scuse...vuoi che un computer di un’astronave come me non possa proiettarsi all’esterno per inseguire quelli che fuggono senza permesso?”.
“Uhm...giusta obiezione...” annuisce Doye, ma poi chiede: “Lo sai che questo fa tanto Star Trek, vero?”.
La figura inforca un paio di occhiali scuri in tutta tranquillità: “E’ un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo...”.
“Fantastico...adesso cosa devo aspettarmi? Un Van Dam gigante che combatte contro Chuck Norris su Giove?”.
“Uhm, No...” assicurò il computer. “Ma proprio adesso sto controllando questo relitto con un raggio traente...”.
“...rubato dal set di Guerra dei Mondi...” precisa uno sceneggiatore spuntando da una botola e richiudendola subito dopo.
“Esatto, grazie Nick, dicevo, la sto controllando e la sto indirizzando verso il primo dei mondi in cui l’Onorevole Autore...” e nel dire ciò, puntò Doye con un laser alla tempia per evitare altri accordi di basso. “...ha scoperto l’anomalia...”
In tutta risposta, Doye ridacchia.
“Questa unità non trova la parte comica...”.
“Niente, niente” Doye scuote la testa, sorridendo. “Stavo solo pensando che è giunto il momento di tirare fuori la mia arma segreta”.
L’avatar del computer inclina la testa in un’espressione interrogativa.
“Eheh, non pensavo di doverlo usare adesso” Con un sorriso sicuro di sè, Doye mette una mano dentro la giacca, nella tasca interna sul petto. “Ma a quanto pare ormai è inevitabile...”
Una luce risplende nell’Universo. I cori gospel di ogni angolo della Galassia si lanciano in un accorato, reverente canto di gioia, ogni anima trattiene il fiato in un singolo attimo di comune adorazione, i ladri restituiscono ciò che hanno rubato, i leoni dormono assieme alle pecore, scatenando un casino bestiale da arte della Buoncostume, i topi ballano e i gatti pure, e anche i canarini, per empatia verso i compagni roditori, i contadini scoprono quant’è buono il formaggio con le pere, mio cugino va a fracassarsi con la macchina contro un palo, tutti eventi unici, irripetibili, avvenuti per festeggiare il ritorno di una leggenda.
Doye solleva il piccolo oggetto in alto e urla: “Il Paradiso della Pomiciata Versione Finale in Edizione Limitata” Luce sovrannaturale ed arcana si irradia dal sacro volumetto. Doye, con occhi sfolgoranti, punta il dito verso l’avatar. “Vuoi che sia tuo, vero? Brami il possesso di questo oggetto oltre ogni desiderio? Lascia dunque che io torni a casa, accompagnami nel mio giaciglio” Si interrompe. “Anzi no, meglio solo sulla porta, sennò sa un po’ di pervertito” Poi riprende, tutto il corpo sfavillante di energia luminosa. “Dì solo che riporterai l’illustre sottoscritto, com’è giusto che sia, nella sua dimora e questa meraviglia, unica nel suo genere, sarà tua! Ma avrai solo questa possibilità, ricorda! Solo questa possibilità! Rifiuta e non ne avrai nessun’altra per tutta l’Eternità! Ma più, capisci? Mai più! Perchè questo libro svanirà per sempre nella mia barba e non lo vedrai mai più! Dissolto nell’aria! Svanito per sempre! E non avrai modo di recuperarlo! Mai più! E ora fa la tua scelta, computer!”.
Il silenzio cade sull’universo. Persino le suocere nei parrucchieri con il casco in testa si azzittano per ascoltare, e questo dà l’idea della solennità del momento.
L’avatar guarda per un attimo Doye, poi, con estrema calma, si alza, gli si avvicina e, sempre con grande pacatezza, gli strappa il libro dalle mani.
“Ma...”.
Poi, sempre con totale tranquillità, prende il nano, lo carica su una fionda gigante portata da tutti i cori gospel del mondo, con la collaborazione del resto dell’Universo, e lo spara via come una pallina di Flipper verso uno dei pianeti all’orizzonte.
“E torna dopo aver eliminato l’anomalia o non tornare affatto!” gli grida dietro l’avatar.
“MA ANDATE TUTTI A FA...”.
Per fortuna, l’ultima parola si perde nell’abisso spaziale.
Il computer manda un sospiro rassegnato, poi si guarda in giro circospetto. Una volta accertatosi che non c’è nessuno, apre il libro e comincia a leggere.
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 6/10/2011, 14:42




Tutto fila come al solito a Besaid: il sole splende, il cielo è terso, il mare è pulito, le onde si rincorrono nella risacca. I gabbiani volano liberi, lanciando rauchi richiami e scorrazzando nel blu terso nel cielo in una chiassosa e allegra rincorsa, e le loro cacche si abbattono senza pietà su ogni essere vivente e non a tiro. Per risolvere questo puzzolente problema, il Sindacato Bagnanti Scontenti ha dato già da tempo il via a una petizione in favore dell’assunzione di un simpatico impiegato armato di gatling, che, a detta loro, rappresenterebbe la soluzione più efficace, ma purtroppo, essendo gli abitanti totali dell’isola pari a trenta esseri umani e trecento milioni di pennuti, ancora non si è raggiunta la quota firme necessaria per procedere. In attesa di una misura provvisoria, ogni abitante è stato dotato di una foglia larga un metro e mezzo da mettere sul cappello. Malelingue affermano che ciò abbia fatto aumentare i morti causati dai colpi di vento, ma attualmente non esistono prove a supporto di questa tesi.
E’ una buona giornata nel villaggio posto al centro dell’isola: le sei case di cui è composto, di cui una distrutta, risuonano delle voci allegre degli abitanti. Nonostante l’ora mattutina, già molte persone camminano per le strade, trasportando carichi o impegnate in questa o in quella faccenda. I bambini si rincorrono vociando allegri, mentre il mercante del villaggio elenca le qualità della propria merce di fronte a un piccolo pubblico. Nell’aria assolata del mattino, dove un tempo riecheggiavano solo gli echi delle preghiere provenienti dal tempio che troneggia al centro del villaggio, ora si sente il vociare allegro e laborioso della gente, pronta ad iniziare una nuova giornata.
Besaid è diventato un luogo fiorente e felice e, ormai, il terrore e la disperazione dettate da Sin sono solo dei ricordi del passato.
Tuttavia permangono dei piccoli traumi a livello inconscio.
Infatti, se qualcuno dice: “Peccato”, per esempio, se gli è caduto il succo di mango per terra, ecco che lo prendono, lo riempiono di mazzate e lo buttano in mare per combattere la sfiga.
E ogni volta che il vento si alzava un po’ troppo, qualcuno andava dal bagnino ed affittava un pedalò dicendo: “Non si sa mai...”
Ma Yu Yevon era scomparso e Sin non poteva più giungere per portare distruzione sull’isola. Ormai il massimo che poteva arrivare era un uragano, una tempesta tropicale, una tromba d’aria o un maremoto forza 10.
E gli uomini in coro dicevano: “Ma che bello vivere a Spira...!”
In ogni caso, ogni cosa scorre bene a Besaid, a parte la squadra di Blitzball, che aveva sempre fatto e fa tuttora schifo e misericordia. Per questo i suoi membri erano stati privati del diritto di portare le foglie da tempo immemorabile ed erano stati ribattezzati “I macchiaioli”, a causa delle innumerevoli feci che li adornavano ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette.
Ma a parte questo, il cocchio della fortuna corre bene a Besaid.
E corre anche Tidus, inseguito dai soliti due caricatori di munizioni sparati da Yuna.
“Non è come credi!!!” grida, scappando fuori in strada alla velocità costante di 70 Km/h, con i proiettili che gli fischiano intorno.

[Da “Meraviglie e Stranezze degli Anime, Manga, Videogame e dintorni” del Prof. Dott. Shaktul Noctambulotti]

TIDUS

Tidus è, o meglio era, l’astro nascente del Blitzball di Zanarkand. Dalla sua posizione poteva avere tutto ciò che un ragazzo della sua età può desiderare: soldi, attenzioni, figurine, trenini elettrici e via discorrendo. Purtroppo tutto ciò non bastava per salvarlo dal misto di complesso di Edipo/bisogno di approvazione verso il padre, in cui era caduto da tempo ormai perduto nelle nebbie, assieme al motivo. Per sua (s)fortuna fu Sin stesso a toglierlo da quella posizione. Lo risucchiò da Zanarkand con l’aspirapolvere e lo scaricò su Spira, o più precisamente nel mare di Spira, dove Tidus conobbe tanti simpatici amichetti Sahagin. Imbarcatosi in un incredibile avventura per configgere Sin e trovare un modo per tornare a casa, assieme ad altri incredibili compagni di viaggio, tra cui spiccava Kimarhi detto il loquace, che nella sua vita aveva detto solo due parole e salutava e minacciava la gente scuotendo la testa allo stesso modo, il nostro prode biondino si ritrovò invischiato in una rete di intrighi creati per proteggere un ordine millenario bugiardo e senza senso. Si ritrovò talmente invischiato che ogni tanto partiva di zucca ed attaccava ad urlare alle tre di notte, salvo per poi prendersi una martellata in testa e finire in coma, ma questa è un’altra storia.
Alla fine, dopo un lungo viaggio fatto di risate e sganassoni, scoprì che Sin era suo padre stesso, trasformato in balenottera gigante da un ragnetto dall’aria truce capace di scoregge cosi forti che alteravano la gravità. Cosi, Tidus, assieme alla sua banda di simpatiche canaglie, fu costretto ad eliminare il suo stesso genitore, sfuggendo poi all’accusa di parricidio, a testimonianza di quanto la giustizia sia ormai scaduta di questi tempi. Purtroppo, però,a fine di Sin e degli intercessori, di cui non chiariremo nè nome nè ruolo nè perchè per mancanza di fondi, il povero biondino, che era nato dal sogno di questi ultimi, dovette dare l’addio a Yuna, la ragazza con cui aveva viaggiato e di cui si era innamorato, ed andare incontro al suo destino, svanendo silenziosamente.
A questo punto, la domanda di un attento lettore sarà: ma allora perchè è qui?
La risposta è presto detta, e giunge sottoforma di una moretta in completo da pistolera magica. Le sue iridi sono una verde e l’altra azzurra ed entrambe emanano un’aria più arrabbiata di un branco di mammut in una calda giornata estiva.

“Pervertito! Maiale!!!” Yuna, ex-grande evocatrice e attuale Cercasfere, è impegnata ad urlare improperi al suo fidanzato in fuga, mentre, ritta sulla soglia della capanna, cerca di falciarlo con una raffica delle sue due semi-automatiche.

[Da “Meraviglie e Stranezze degli Anime, Manga, Videogame e dintorni” del Prof. Dott. Shaktul Noctambulotti]

YUNA

Yuna era stata il motivo del viaggio a cui Tidus si era aggregato: all’epoca, Sin vagava per Spira distruggendo e affondando tutto quello che capitava, (il ragnetto che lo comandava non aveva mai avuto una grande passione per la razza umana e il mondo in generale), e per sconfiggerlo si facevano avanti gli invocatori, un gruppo di frati e suore psico-punk, che, abbandonate case ed affetti, si imbarcavano assieme ai loro guardiani in un pellegrinaggio verso nei vari templi per ottenere il favore degli intercessori, di cui continueremo spudoratamente a non spiegare un bel niente. Ottenuto il favore necessario, l’invocatore poteva riceve re l’invocazione suprema, con cui abbattere Sin e dare a Spira dieci anni di pace, prima che quest’ultimo risorgesse.
Insomma, Sin era una specie di cambiale: tornava sempre a rompere gli zebedei.
Per fortuna, il gruppo di nostri eroi scoprirono un modo per sconfiggere definitivamente questo accanito persecutore sociale e tutti sospirarono di sollievo.
Purtroppo, come si è già detto, il povero Tidus scomparve alla duecentocinquantesima ora di gioco, in quanto proiezione onirica ambulante, e quindi sprovvista di cervello ed organi, lasciando Yuna a piangere la perdita del ragazzo di cui si era innamorata.
Ma come si dice: “Fortuna favet fortibus”, che nessuno ha mai capito cosa significhi. Appena tre anni dopo l’ex-invocatrice tornò alla ribalta in una nuova fantastica avventura, che tanto fantastica non era, perchè sembrava un incrocio tra una puntata dei Power Rangers e una sfilata di moda, ma vabbè.
Yuna, nella sua nuova vita nel gruppo dei Cercasfere che chiamavano sè stessi i Gabbiani, finalmente libera dalle catene che le imponeva il pesante ruolo di invocatrice, diede prova della sua vera personalità arrivando a cantare addirittura in un concerto. Con la serietà e la rigida determinazione impostale dal suo precedente ruolo ormai alle spalle, tentò di vivere un’esistenza più spensierata e libera come Cercasfere. Guidata solo da una labile traccia, cercò Tidus per mari e monti, vallate e città, casini e disastri, tangenziali e sterrati, sempre senza manco una cartina stradale. Con l’aiuto dei suoi amici, impedì allo spirito della persona, da cui gli intercessori, questi sconosciuti, avevano fatto nascere il suo innamorato, di distruggere Spira con un’arma imbarazzante da far schifo, ma noi non facciamo commenti, e riuscì infine a ritrovare lo stesso Tidus, rimasto per tutto il tempo intrappolato in un ostato di veglia tra la vita e la morte.
Finalmente riuniti, i due cominciarono una nuova vita insieme a Besaid. La loro relazione dura tutt’ora tra alti e bassi.

“Chiamali alti e bassi!! E poi chi cavolo ha scritto questi riassunti??? Non è andata per niente cosi!!!” grida Tidus, mentre divora la strada che porta all’uscita del villaggio alla stessa velocità di un jet di linea.
Yuna gli tiene dietro, bombardandolo con una tempesta di piombo: “Maniaco! Maniaco!!””
“Non è colpa miaaa!!!!”
“Non raccontare scuse!!!”
Wakka, che si trovava in quel momento a passare per andare a comprare i soliti due quintali di detersivo per la sua squadra, si ferma a per salutare: “Ehi, ragazzi! Dove ve ne correte cosi presto, ya?”
Evidentemente non ha compreso la situazione, e infatti finisce travolto e spiccicato per terra come un tappetino da bagno con tante impronte sopra.
“U-una g-giornata s-storta, y-ya?” rantola, prima di perdere i sensi.
“Pista! Fate largo! Pista!!!
Tallonato da presso dalla sua vendicativa fidanzata, il povero Tidus scansa un paio di anziani, evita il dannato cane del villaggio, dribla una coppietta, schiva per un soffio il banco del mercante, salta a piedi pari un ostacolo, salta con l’asta la sbarra, supera un concorrente, ne supera un altro, si porta in prima posizione, taglia il traguardo per primo, ritira la coppa di corsa un attimo prima che Yuna spazzi via tutto con la stessa leggiadria e delicatezza di un bulldozer.
L’ex-invocatrice, al contrario della sua preda, avanza distruggendo ogni cosa: uomini, donne, alberi, case, Yuna calpesta tutto senza nessuna distinzione; niente si salva al suo passaggio e infatti dove passa non cresce più l’erba.
“Fermati, porco! Comportati da uomo!” urla dietro a Tidus.
In tutta risposta, il biondino sfonda il muro del suono: “Preferisco restare vivo!!”
Ritirando in volata la corona di fiori in omaggio, esce dall’uscita del villaggio talmente in fretta che la foto dell’autovelox viene fuori tutta a striscioline. Yuna si ferma sulla soglia e lo punta con tutte le due le pistole, mentre imbocca a tutta birra la strada per la spiaggia.
Con tutta l’intenzione di scaricargli addosso due caricatori di munizioni gommate con un Click di Lv1000, prende accuratamente la mira e preme il grilletto, ma da entrambe le armi fuoriesce solo l’irritante suono che avverte del termine delle munizioni.
“Accidenti!” sbotta, furiosa per quel contrattempo. Alza lo sguardo per vedere dov’è andato Tidus, ma quello ha già superato la curva in cima al crinale, svanendo dalla vista.
“Accidenti!“ Con l’ultimo improperio, Yuna volta i tacchi e rientra nel villaggio. Cammina impettita a passi svelti, bruttando ed inveendo a denti stretti contro Tidus e la sua mania di andare a caccia di donne, quando di donna nella sua vita dovrebbe essercene solo una, e cioè lei e nessun’altra.
“E-e’ u-una b-brutta g-giornata, y-ya?” chiede Wakka, che ha appena ripreso i sensi.
Yuna non si accorge neanche che è lì e lo calpesta di nuovo in tutta grazia, e proprio mentre il suo stivale sta spiegando un concetto difficile al facicone del giocatore di blitzball, una voce conosicuta la chiama:
“Cos’ha combinato stavolta?”
Lulu, una donna dalle forme voluttuose e vestita tutto in nero come i suoi capelli e i suoi occhi, si sporge dalla sua capanna. In braccio porta il piccolo Vidinu, ancora traumatizzato per aver ricevuto un nome del genere, ma tanto non sa ancora parlare, perciò chi se ne frega.
Yuna si volta di scatto e la fulmina con lo sguardo. E’ scossa dai tremiti e le sue iridi mandano lampi. Sembra sul punto di esplodere, ma all’ultimo momento dà le spalle alla sua ex-guardiana e infila a passi rapidi e nervosi la porta della capanna, che divide con il suo ormai condannato a morte fidanzato. Dall’interno cominciano subito a sentirsi rumori di roba che vola da tutte le parti, sopratutto coppe, di Tidus, e palloni autografati, di Tidus.
Lulu resta a guardare il punto in cui la ragazza è svanita con uno sguardo perplesso, prima di sentire un lamento di agonia proveniente dal basso.
“Wakka? Che fai lì per terra?”
“E-e’ u-una b-brutta g-giornata, y-ya?” chiede Wakka, e sviene.

Tidus si ferma, stanco ed ansimante, vicino alla cascata che precipita di fronte al piccolo ponte di legno sul tragitto tra il villaggio e la spiaggia, per riprendere fiato.
Anche dopo aver perso di vista la sua inseguitrice, non si era fermato e aveva continuato a correre fino ad essere certo di averla seminata del tutto. Aveva corso fino a farsi saltare una coronaria e ad arrivare pericolosamente vicino ad un infarto, ma nello scegliere tra quello, essere raggiunto da una Yuna in qualche Looksfera o finire vittima della modalità mortaio delle sue pistole, preferiva quello.
Per dirla tutta, per evitare la sua fidanzata, avrebbe preferito anche lanciarsi in mutande in una fossa piena di cactus dalle lunghe spine e Kyactus incacchiati, però quello aveva preferito non precisarlo.
Non si sa mai.
“Uff...uff...ma perchè...” spizzica tra gli ansiti. “Pant...capitano...anf...tutte a me...”
Spesso, quando una persona non riesce a farsi una ragione di una sventura, tende ad attribuirne la causa alla sfortuna: una forza malefica, che, spinta da motivi imperscrutabili, si accanisce con forza sul corso degli eventi, traviandoli su circostanze sempre peggiori. Questa visione della vita di solito è un modo per togliere da sè stessi il peso della responsabilità; uscire dal ruolo di artefici della propria sventura per calarsi in quelli di gran lunga più rinfrescanti della vittima passiva di un fato ingiusto.
Tidus sbotta: “Ma che cavolo di discorsi sono????” Sbuffi di vapore a pressione gli escono dalla testa, facendolo assomigliare a una locomotiva dell’800 “Come se fosse colpa mia quello che è successo ieri sera!! Sulla spiaggia c’ero andato a passeggiare!!!”
Incapaci di accettare le proprie colpe, le persone accantonano senza indugio la logica e, privi ormai dei vincoli della responsabilità, gettano ogni colpa su cause esterne. Non sanno che dalle bugie a sè stessi non nasce altro che ulteriore fonte di avversità.
“E BASTA!!!”
Con un borbottio esasperato, il nostro eroe (?) comincia a camminare avanti e indietro alla Zio Paperone: “Cavoli, ma che colpa ne ho io? E’ stato tutto un malinteso! Yuna ha capito male! Io non volevo! Non è colpa mia!”
Tali persone vivono biecamente delle proprie menzogne, incapaci di accettare la realtà in un altro punto di vista. Senza alcuno scrupolo, falsano la storia in modo da cancellare i propri misfatti e apparire onesti e puri di fronte agli occhi dei posteri. Non sanno che verrà il tempo anche per loro di incontrare il giudizio.
“FALLA FINITA!!!”
Tidus sta per sbranare la voce narrante, quando un rumore improvviso attira la sua attenzione.
“Uh? Che succede?”
All’orizzonte, in fondo alla strada che porta alla spiaggia, appare un grosso polverone. Curioso, Tidus socchiude gli occhi per capire di cosa si tratta.
“Sembra che si stia avvicinando...peccato che non c‘ho Focus nella Sferografia; ah, no, quello non c‘entra niente con l‘oculistica...”
Dopo qualche istante, Tidus comincia a distinguere anche i suoni: un immischio pazzesco di urla, stridii e suoni vari ed eventuali, dal clacson al battere dei bonghi.
Il ragazzo aguzza ulteriormente lo sguardo, e gli pare di scorgere una figura di fronte al polverone. Gli ci vuole un po’ per riconoscere che è senza dubbio un essere umano, anche se un po’ troppo basso. Sembra che stia correndo, come se qualcosa lo inseguisse.
“Ma che...”
Man mano che si avvicina, la figura si fa sempre più definita. Tidus vede che si tratta di un ometto piccolissimo, quasi quadrato, tanto da poter essere scambiato per un comodino. Nonostante abbia la pancia di un bevitore di birra, corre a una velocità soprannaturale, lasciandosi dietro una nuvola di polvere che manco una Ferrari lanciata da una fionda stellare potrebbe fare. Tidus aggrotta la fronte.
Quel ometto agita una mano in sua direzione, e, a giudicare di come la bocca gli si spalanca, sembra che gli stia urlando qualcosa, ma la distanza è troppa perché possa capire cosa dice.
Incuriosito, aguzza lo sguardo, peritoneo per vedere da cosa sta scappando quello strano ometto.
Ed è allora che tutto gli diviene chiaro, compreso quello che il nano cerca di comunicargli:
“CORRI, DEFICIENTE!!!!”
Con un moccio lungo come una canna di bambù che gli penzola fuori dal nasone bitorzoluto, con la morte e le lacrime strizza più pura e distillata negli occhi, Doye divora il sentiero come solo chi sta per farsela addosso può fare. L’unica differenza è che lui ha un bozzo sospetto all’altezza del fondoschiena.
Dietro di lui, un battaglione di Garuda, Dingo, Budini, Viennette invasati, Coni incacchiati, Magnum assatanati lo insegue a spron battuto con intenzioni molto chiare, e nessuna di esse include il “signore ha dimenticato il resto”.
“OH, MAMMA!!!!” Tidus fa appena in tempo a chiedere aiuto a un genitore e a mettersi a correre che Doye lo affianca.
“UAAAAH, MA CHE SUCCEDE???” urla, con un branco di Garuda assatanati alle calcagna.
“MA CHE NE SO!!! IO NON HO FATTO NIENTE!!APPENA SONO ARRIVATO MI SI SONO ATTACCATI ADDOSSO!!!!” gli grida di rimando Doye, trascinandosi dietro un Dingo attaccato a gamba.“MA COME HAI FATTO A FARTI INSEGUIRE DA TUTTI QUESTI?? NON HO MAI VISTO COSI TANTI MOSTRI IN UNA VOLTA SOLA!!”
“MA CHE CAVOLO DI DOMANDE FAI??? MICA L’HO DECISO IO DI FARMI INSEGUIREEEE!!” E mentre urla questo, il Dingo gli dà un morso cosi forte da fargli vedere tutte le Costellazioni dall’Astrolabio, al Zuzzurro Imperatore con la Clava.
“QUALUNQUE SIA IL CASO, FILIAMOCELAAA!!!”
E via tutti e due di gran carriera, pronti al primo periplo di Besaid da duemila anni a questa parte.
Corsero come pazzi, braccati dagli squadroni di Dingo, poi proseguirono a nuoto nel mare, inseguiti da orde di Sahagin, infine proseguirono in bicicletta, tallonati da un contingente di lucertole motocicliste create per l’occasione. Fu quello il giorno in cui Besaid ottenne il prestigioso record mondiale di Decathlon, ma questa è un’altra storia.
Alla fine, dopo aver macinato chilometri su chilometri, Doye, spinto in avanti solo dall‘inerzia, si rivolge a Tidus: “Ehi, ragazzo, ho un piano per liberarci di quelle bestiacce”
Tidus, che ormai sembrava più un morto vivente che un essere umano, risponde con voce lamentosa: “Quello che vuoi...va bene tutto...”
“Sei sicuro? Probabilmente sarà doloroso!”
“Sento le voci degli angeli...”
“Lo prendo per un si! Buona fortuna!” E nel dire questo, gli molla un calcio, che lo fa volare dritto dritto verso l’armata di mostri.
“BASTARDOOOOOO!!!!”
E tutto il giorno passò tra queste e altre scene amene. Fu solo quando il sole stava ormai tramontando all’orizzonte che i due riuscirono a far perdere le proprie tracce e a riparare in una caverna nascosta. E’ lì che si trovano adesso, seduti contro la parete rocciosa a riprendere fiato.
“Anf, pant, anf...” ansima Tidus. “Per fare Blitzball...puff...bisogna allenarsi anche con....anf...le corse, ma con questo...anf...si va alle Olimpiadi...pant...”
Doye si spruzza in gola con il respiratore per l‘asma: “Aaaaanffff.....puff...voi giovanotti...puff...siete delle pappamolle...anf...gasp...prendilo come....argh...coff...un allenamento aggiuntivo...anf...e non rompere....back...”
Tidus lo guarda male: “Parla quello che....puff...mi ha usato come diversivo per scappare...anf...e poi...puff..ansimi più di me...”
“Tsk...argh...cough....sciocchezze...” Doye si fa un iniezione di vitamine, poi continua: “Io...cough...sono scusato...coff...”
“...Anf...e perchè?”
“Perchè....coff...pant...sono un...anf...disabile civile....coff”
“UN COSA????”
“Proprio cosi...coff...argh...ecco qua...anf...la tessera d’invalidità” E nel dire questo, tira fuori dalla barba un tesserino plastificato.
Dopo due secondi di attenta osservazione, Tidus sbotta: “Ma questo non sei tu!! Questa è la foto di Stephen Hawkins!”
“Ero...coff...un po’ diverso...pant,....da giovane...anf...vero?” commenta Doye con un sorriso.
“MA NON DIRE IDIOZIE!!!”
Doye fa l’offeso: “Che c’è...coff...non...anf...ti fidi...cough...?”
“Perchè, si vede?” gli risponde nervosamente Tidus, poi si ferma: “Ehi, aspetta un secondo....ma Tu mi hai usato come esca umana!!!”
“Perchè...coff...si è visto???”
“A momenti mi ammazzavano!!! Un Garuda mi ha portato al suo nido e voleva darmi in pasto ai cuccioli!!!”
“Una nobile fine...coff...”
“E perchè???” chiede Tidus, confuso.
“Avresti sorretto...anf...la vita...coff...con il tuo sacrificio” Spizzica Doye. “Quegli aquilotti...coff...si sarebbero cibati...pant...della tua carne,...anf...per essere più forti e volare liberi”
“Ma che cavolo di discorsi sono??? In pratica dovevo farmi mangiare??”
Doye alza gli occhi al cielo. “Eeeeh...il ciclo della vita...”
“Ma lo sai dove te lo puoi ficcare il ciclo della vita?????”
“Rinnegare il tuo essere parte di un ciclo ti porterà alla rovina, ragazzo” lo ammonisce Doye con fare saggio.
Tidus comincia a strapparsi i capelli: “Aaaaah, basta, ci rinuncio! Primo quello, adesso questo!! Va bene, hai ragione tu! Hai ragione tu!”
Uno scintillio di soddisfazione appare negli occhi di Doye, mentre, con un gesto coinvolto, solleva entrambe le braccia e si esibisce nel gesto a doppia V della vittoria: “Il pollo c‘è cascato...missione compiuta!”
“QUESTI GESTI, SE DEVI FARLI, FALLI ALMENO DI NASCOSTO!!!” Poi, bloccandosi con la bocca larga come una quaresima: “Ehi, aspetta un secondo...”
Doye si sbraca sul pavimento di roccia e lo osserva scettico: “Ancora?” fa, inarcando un sopracciglio. “Cominci ad essere monotono, biondino, occhio che rischi di essere cancellato dalla storia, eh?”
“Grrrr...” ringhia Tidus con i denti da vampiro e la bava alla bocca.
Doye si guarda addosso: “Che c’è? Ho una zanzara sulla giacca?”
Dopo una breve colluttazione, il nano si convince che si trattava di altro.
“Ok, mi hai convinto, non parlo più” promette, con un cerotto in fronte, senza metà del lobo destro e con un dente di meno.
“Era anche ora, eh” Tidus si lascia cadere sul pavimento di roccia con uno sbuffo di rude accondiscendenza, sedendosi a gambe incrociate. Incrocia le braccia al petto e scocca uno sguardo sospettoso al nano: “Ad ogni modo, chi cavolo sei tu?”
Doye si massaggia una tempia con due dita: “Dimmelo prima tu...”
“Cosa? Ma se te l’ho chiesto prima io!”
“E adesso te l’ho chiesto io” Doye si guarda le unghie con noncuranza. “Rispondi alle domande che ti fanno, maleducato”
Tidus non si arrende: “Ma...ma la domanda l’ho fatta prima io!”
“Si, ma poi te l’ho chiesta io, perciò ho la precedenza...”
“Ma quale è il senso di tutto ciò???”
“Non ti curar di loro, ma guarda e passa...”
“E questo cos’è adesso???”
Doye scuote la testa con un sorriso di tenerezza sulle labbra. Dimentica sempre che non tutti possiedono la sua stessa preparazione culturale: “Pirandello, amico...”
“Vabbè, sia quel che sia!” dice Tidus, deciso a non mollare. “Io non ti dico chi nessuno, se tu non lo dici per primo”
Doye si soffia sulle unghie. “Qui è lo stesso per me...”
“E anche per me!!” sbotta Tidus, testardo.
“Va bene...”
“Va bene!!”
“Possiamo anche andare avanti tutto il giorno, se vuoi...”
“Per me va benissimo!!!!”
“Contento tu...”
Tidus tentenna. “C-che significa? In che senso?”
“Se hai tutto questo tempo da sprecare...” insinua Doye con tono mellifluo.
“M-ma, se sei stato a cominciare!”
“Chissà cosa staranno dicendo i lettori a vedere tute queste righe scritte inutilmente...”
“M-ma...”
Il povero biondino balbetta, incerto, ma Doye lo incalza inesorabile. “Diranno: -Oh, ma guarda questo qua, come si perde in discorsi senza senso, che diavolo sta a fare in questa storia? La rallenta e basta! Mandiamo un e-mail all’Autore per farglielo cancellare- ecco, cosa diranno. Tu non vuoi essere cancellato, vero biondino?”
“C-certo che no, m-ma...”
Doye alza le braccia, in cenno di resa: “Va bene, va bene, io ci ho provato, ragazzo, fà come vuoi”
“C-che significa? Che c’è?”
Doye sospira addolorato e scuote la testa: “Se vuoi farti cancellare, fai pure...io non ti fermerò di certo, se questa è la tua volontà...”
Con un sonoro Creak, Tidus si trasforma in una statua di sale. Al solo pensiero di quel terrificante destino, la mascella gli casca per terra con un tonfo e gli occhi gli schizzano fuori dalle orbite stile Willy il Coyote e un forte colore rossastro comincia a lampeggiargli sulle guance, facendolo assomigliare a un semaforo rotto.
“VA BENE. VA BENE!!” urla a squarciagola, mettendosi forzatamente seduto sulle ginocchia. Si inchina e dà la testa contro la roccia ripetutamente. “MI SCUSI, NON LO FACCIO PIU’!!! IO MI CHIAMO TIDUS, HO 19 ANNI COMPIUTI DA POCO E FACCIO IL BLITZBALLER!! E’ UN PIACERE PER ME CONOSCERLA, ECCELLENZA!!!”
Uno scintillio di soddisfazione appare negli occhi di Doye, mentre, con un gesto coinvolto, solleva entrambe le braccia e si esibisce nel gesto a doppia V della vittoria: “Il pollo c‘è cascato...missione compiuta!”
Tidus ha ancora la forza di ribattere: “TI HO DETTO DI NON FARTI VEDERE QUANDO FAI COSI!!!”
“Uhm, ma quanto urli...ragazzo” chiede Doye, guardandolo di sottecchi con le braccia ancora alzate. “Tidus, mh? Ho già sentito questo nome, però non mi ricordo dove...ad ogni modo, hai mai pensato di farti vedere da uno psicanalista?”
Tidus si accascia al suolo senza un lamento.
Doye lo osserva per qualche istante con fare pensoso: “Uhm, lo prendo per un si...” Batte le mani, poi continua. “Bene, caro Tidan, adesso ti sei guadagnato la possibilità di fare conoscenza con l’illustre sottoscritto!”
“Mi chiamo Tidus...” ripete, sconsolato, il ragazzo, rialzandosi in piedi.
Doye si schermisce: “E io che ho detto? Tadan!”
“Si...” Persa ogni energia, Tidus si limita ad annuire.
“Vabbè...devi sapere, caro Tiesnan, oggi è per te un giorno molto, molto fortunato!”
“Davvero? E io che pensavo fosse una giornata orrenda...”
“...farò finta di non aver sentito, ragazzo...ad ogni modo, anche s enon te ne rendi conto, bacato come sei, oggi ti è stata offerta un’opportunità irripetibile” Una strana luminescenza appare nell’aria. “Perchè oggi, un angelo è sceso per rendere più bella la tua stupida e inutile vita!” Stelline e lucette cominciano a danzare intorno a Doye. In sottofondo si sentono le note soffuse di un coro gospel. “Perchè lo sappiamo tutti che la tua vita è piena di insoddisfazioni e frustrazioni, vero? Beh, non devi più preoccuparti, perchè a partire da questa irripetibile, fantastica giornata cambierà tutto!” Le stelline si riuniscono nella parte alta della caverna e cominciano a piovere, dando luogo a una pioggia di stelle cadenti in uno spazio di quattro metri quadrati. Dal coro gospel comincia a levarsi una voce acuta. “Sei stanco di sopportare tutti i problemi che ti cadono addosso? Non puoi più convivere con te stesso? Da oggi diventerai una persona migliore, perchè da questo momento tu...conosci...il grande...il magnifico...” Doye spalanca le braccia in un gesto teatrale. Il coro gospel sale in un crescendo. Le stelline si avvolgono con le luci e si compattano in un’unica sfera luminosa, che esplode in una bagliore lucente assieme all’ultima nota, in un grande, magnifico, gran finale.
“DOYEEEEEEE!!!!”
Le luci si spengono con una pioggerellina di scintille che cade su Doye. Il nano le accoglie con le braccia ancora spalancate, con gli occhi chiusi e un’espressione beata in volto, mentre, in sottofondo, il coro sfuma lentamente fino a spegnersi.
Tidus, che ha osservato tutto lo spettacolo a braccia conserte, inarca un sopracciglio: “Dove hai comprato tutta quella roba?”
A Doye spuntano istantaneamente zanne e corna, e i suoi occhi sprigionano lampi di fuoco. “Hai capito almeno quello che ho detto????”
“Hai detto che ti chiami Doye, no? Mai sentito...”
Un secondo dopo, Doye è in un angolino a fare cerchietti nella polvere con un bastoncino con tutt’attorno una nuvoletta di depressione con tanto di fulmini.
“Va bene, scherzavo, dai, non fare cosi” cerca di tirarlo su Tidus, battendogli pacche rassicuranti sulla spalla.
Recuperato Doye, i due si siedono contro il muro per chiarire le idee. Non che sia possibile, ma di sicuro peggio di cosi non si può.
“Quindi, fammi capire” esordisce Tidus, scettico. “Tu saresti una specie di angelo?”
Doye resta per un attimo in silenzio.

[Flashback]

Spazio profondo. Il pianeta si avvicina rapidamente. Doye comincia ad intravedere la forma dei continenti. La voce del computer di bordo lo raggiunge per le ultime istruzioni.
“Gli abitanti dei luoghi in cui sarai inviato non dovranno scoprire che sei giunto da un altro mondo. Le loro storie sono già state indebolite a sufficienza e non possiamo permettere che un intervento esterno le danneggi ulteriormente. Per questo dovrai presentarti come un viaggiatore, un alleato, anche come un angelo se vuoi, hai tutte le carte in regola per presentarti nel modo che preferisci”
Doye è dubbioso: “Tante grazie, dato che ci stai mi dai pure un motivo perchè dovrei aiutare questi rimbambiti?”
“Perchè se non ti presenti sotto falso aspetto, quando torni ti faccio a fettine e ti riporto all’Autore come frullato”
“Sei molto convincente quando vuoi, sai?”

[Fine Flashback]

Doye ci pensa un attimo su, poi lo guarda come se fosse pazzo: “E questo dove l’hai sognata, Taderan? Mai detta una stupidaggine del genere!”
Tidus strabuzza gli occhi. “Ma se l’hai detto prima!”
“Prima quando?”
“Prima! Quando....quando hai fatto quella presentazione strana! Prima!
Doye fa la faccia pensierosa: “Non ricordo...”
“Aaaah, lascia perdere” Tidus si gratta furiosamente la testa, poi prosegue. “Ad ogni modo che ci sei venuto a fare qui? Non ti ho mai visto ed è tutto dire considerando che st’isola è larga un chilometro quadrato”
“Beh...”

[Flashback]

Spazio profondo. Il pianeta si avvicina rapidamente. Doye comincia ad intravedere la forma delle montagne e delle colline. La voce del computer di bordo lo raggiunge per le ultime istruzioni.
“E’ importantissimo che tu agisca in incognito! Se spargi ai quattro venti che c’è una minaccia che potrebbe far saltare in aria il loro mondo, quando torni ti passo sulla graticola e ti rimando dall’Autore dentro uno stracchino”
“Mh? Hai detto qualcosa, rottame?”

[Fine flashback]

Doye ci pensa un attimo su, poi risponde: “Sono giunto per contrastare la venuta di una minaccia che potrebbe colpire quest’isola!”
Cala un velo di silenzio, intervallato dal canto dei grilli acquatici.
Tidus scruta Doye da capo a piedi: “Non è che hai bevuto qualcosa di strano ultimamente?”
“CHE C’E?? ???” gli sbraita contro Doye. “SOLO PERCHE’ SONO BASSO, NON POSSO AVERE UN RUOLO COSI??”
“No, no, non è per quello” si schermisce Tidus, agitando le mani. “E’ solo che...ehm...non dai proprio l’impressione di un tizio affidabile per una cosa del genere...”
“E’ PROPRIO QUELLO CHE STAVO DICENDO!!! MA CHE VUOI FARE A BOTTE, BIONDINO???” Ormai a Doye è regredito allo stadio di belva feroce. Sputacchia per bene Tidus urlando ocme un pazzo, poi si calma e fa un verso di disprezzo. “Tsè, non ci crede, LUI, si crede un mito, LUI”
Tidus ha la goccia stile manga: “E’ strano parlare da soli...”
“Tsè!” Doye gli punta un dito contro, aggressivo. “E allora tu che stavi facendo prima di incontrare l‘illustre sottoscritto, eh? Spazzavi la strada?”
Il volto di Tidus si adombra, non per un mancamento, ma perchè gli è tornata alla mente la spiacevole situazione in cui si trova.
“Ecco...” tentenna; non trova le parole. “Ho litigato con la mia fidanzata...”
“Come? Parla più forte!” incita Doye, con una mano sull’orecchio.
“Ho litigato con la mia fidanzata...”
“Che hai fatto??” chiede Doye, allibito.
A quel punto non ne può più e sbotta, sfondando i timpani a tutti, grilli compresi: “HO LITIGATO CON LA MIA FIDANZATAAAA!!!!”
“E CHE CACCHIO TI URLI???? HO CAPITO!!! ERA PER DIRE -Eeeeh, ma và?-”
Tidus distoglie lo sguardo, offeso, e borbotta tra sè: “Se, era per dire...se, se...”
“Comunque!” Doye tira fuori una pipa dalla barba e se la ficca in bocca. Poi, estrae anche un fiammifero e lo accende sfregandolo contro la roccia con un movimento esperto. In pochi attimi l’odore di tabacco riempie la piccola caverna. “Che hai combinato per farla arrabbiare, ragazzo?” Complice, comincia a dare di gomito a Tidus. “Hai messo gli occhi su qualche altra pollastrella, eh? Racconta tutto al vecchio Doye, dai, e non preoccuparti, la mia bocca sarà una tomba”
Non che i fatti sentimentali di quel biondino ingenuotto gli interessassero più di una gomma sotto la scarpa, ma, dopo aver preso la botta in testa, il cervello di Doye si era rimesso inavvertitamente in moto e aveva sbloccato vecchie memorie sepolte che potevano tornare molto utili in quel momento. Ci era voluto un bel po’ per ritrovarle: l’omino verde che abitava in una casetta nella parte bassa del cranio aveva dovuto versare parecchio olio sugli ingranaggi arrugginiti, ma alla fine ne era valsa la pena, e una piccola lampadina con le gambe e le braccine, un’idea, era corsa ad informare i piani alti battendo in alfabeto Morse con la scopa contro il soffitto.
Ricevuta la notizia, uno dei due neuroni non ancora emigrati a Ibiza era corso a suonare la sirena posta appena sotto l’orecchio destro e aveva bisbigliato l’incredibile notizia dentro l‘altoparlante: quel tizio, Tidus, non era un Tailandese immigrato in un videogioco di Giapponesi, come aveva pensato Doye all’inizio; era proprio il protagonista di quella storia.
Appena era venuta a conoscenza di ciò, la calcolatrice malvagia posizionata al centro del cervello aveva subito iniziato a progettare un machiavellico piano per sfruttare quel fatto a favore del suo ospite: se Tidus era l’eroe protagonista di quel mondo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerlo. Quindi sarebbe bastato dirgli che una grave minaccia pendeva sulla salvezza dei suoi cari e Doye avrebbe anche potuto appendere le scarpe al chiodo e passare una vacanza in spiaggia, tanto ci avrebbe pensato il biondino a risolvere tutto.
Il progetto era stato ritenuto buono dal geometra del catasto, diplomato a pieni voti con la terza elementare, che supervisionava il lavoro del cervello leggendo il giornale, fumando come un turco e mettendo timbri su tutto quello che gli passava sotto il naso, ed era stato inviato al centro della consapevolezza nervosa, una trombetta, che l’aveva fatto arrivare a Doye.
Adesso, sicuro di quel piano infallibile, il nano se la ridacchia bellamente sotto i baffi, già pensando se, una volta in spiaggia, prendersi una bevanda di mango o una al cocco, il tutto senza rendersi conto che si è intoppato a fare l’occhiolino alla sua ignara vittima.
La vittima in questione, Tidus, si allontana di scatto dal nano, metà scandalizzato e metà schifato:
“Non fare l’occhiolino! Fai impressione!” afferma. “Se Yuna scopre che penso a qualcun altra, ci finisco io dentro una tomba! E poi non la tradirei mai! Cioè, ci sono volute 40 ore di gioco per capirlo, però io le voglio bene!”
“Se, se...le api, i fiori...conosco la storia...” commenta Doye annuendo con la testa. Poi, vedendo lo sguardo interrogativo di Tidus: “Niente, niente, lascia stare, quando sarai più grande te ne parlerò un po’ meglio...” Fa una pausa per togliersi la pipa di bocca e soffia una nuvola di fumo in faccia a Tidus. “Quindi?
“Quindi...coff...cosa?” boccheggia, immerso nella nube, Tidus, che non ha mai sopportato il tabacco neanche a vederlo da lontano e adesso gli sono venuti gli occhi rosso sangue e il colorito a pallini azzurri.
Doye scuote la testa e sospira, rilasciando l’anidride carbonica di una cisterna di Coca-Cola: “Devi sapere, caro Tiduban, che ogni volta che succede un litigio nelle sceneggiature viene sempre messo che la colpa è del maschi. E, conoscendo quel fetente dell’Autore, credo che succeda lo stesso pure adesso”
Tidus è sbigottito: “Ma che diavolo...”
“Su, non farti pregare, Tebenan!”
A quelle parole il ragazzo si piega. “Oh, no, ci stiamo allontanando sempre di più dalla pronuncia giusta...”
“Il Narratore non intendeva in quel senso, Toad”
“Uff, beh...ecco...” Tidus sembra titubante. Un vago rossore gli affiora sulle guance.
“Beh?” lo esorta Doye, ansioso. Quello era solo il primo passo per conquistarsi la fiducia di quel biondino. Magari lo avrebbe anche aiutato a fare pace con la fidanzatina, cosi poi avrebbe fatto quello che lui diceva.
“Muahahahahah, ma quanto sono cattivo” dice, fregandosi malvagiamente le mani.
“Uhm, non so se mi piace il suono di quella risata...”
Solo in quel momento, Doye si accorge di aver parlato ad alta voce.
“Eh-ehm, no, era la raucedine, dicevamo?”
“Nessuno crederebbe a una scusa cosi banale...”
“Tu credici! E parla altrimenti mi appello al sindacato e ti faccio radiare dalla storia!”
“Quale sindacato?”
“Zitto e racconta, Tisber!”
“Uff, va bene...va bene...senti...”
Doye tende l’orecchio. Già sta preparando una decina di metodi anti-litigio, che gli erano stati consigliati dalla nonna...
All’improvviso, un urlo di donna risuona all’esterno, interrompendo la discussione tra i due.
“Che succede?” chiede Tidus, allarmato.
Doye, con gli occhi iniettati di sangue e un sorriso a 3000 denti appuntiti, si trattiene dal andare a controllare con un randello placcato d’acciaio: “Chi lo sa?” chiede a denti stretti. “Dovremmo, anzi, dovresti andare a vedere, vero?”
Non arriva nessuna risposta. Tidus è già fuori dalla grotta e sta correndo verso il sentiero, da cui è giunto l’urlo. Doye lo guarda allontanarsi con un espressione seria. Scuote la testa, sospira, poi con fare estremamente cool dice: “Beh, a sto punto non resta che farsi una pennichella”
Non fa manco a finire di pensarlo che un raggio di luce scende dal cielo e gli si posa sopra.
“Ti ho puntato con il raggio distruggi-pianeti caricato alla massima potenza, se non gli corri dietro, premo il grilletto” dice la voce familiare del computer.
Doye è felicissimo di sentirlo, tanto che tre secondi dopo sta correndo goffamente sulla scia d Tidus, mugugnando tra sè e borbottando frasi che non possiamo ripetere a casa della convenzione di Ginevra.
In lontananza, si sente giungere un canto stonato, ma Doye è troppo impegnato a sfogliare il calendario dei Santi per farci caso.

Suona chitarra, falli divertire!
Suona chitarra, non farli mai pensare!
Suona chitarra mia!

Suona, chitarra, suona i tuoi accordi!
Suona più forte, che si diventi sordi!
Tutto è già passato
E’ già dimenticato
E solo chi oggi è buono
Domani avrà il perdono,
Il foglio del condono!
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 10/10/2011, 21:00




Quella voce, la più stonata che si sia mai sentita dal giorno in cui a Godzilla era venuto il pallino della canzone lirica, giungono dalle antiche rovine che fiancheggiano il sentiero, oltre un piccolo dosso che non permette di vedere cosa sesse accadendo di tanto orribile per scatenare tali lamenti.
Con la sua corsa di blitzballer allenato e spinto dall’urgenza, Tidus distanzia rapidamente Doye e svanisce oltre il dosso in un batter d‘occhio.
Al nano, invece, occorre un po’ più di tempo: una breve corsa di un‘ora e quarantacinque minuti, costellata di ipertensione, spasmi, sinusite, asma, crisi respiratorie, arresti cardio-vascolari, aerofagia, crampo dello scrittore e gomito della lavandaia.
“Anf...anf...” ansima, appoggiandosi a una gruccia, una volta giunto sulla cima della china. “Anf..maledetto sentiero...pansh...maledetto sentiero...anf...maledetto sentiero...pant...”
L’urlo di poco prima si ripete ancora.
Con le ultime forze, Doye alza la lo sguardo in quella direzione e vede una scena che lo lascia strabiliato, specie perchè si è appena ricordato che deve ancora cambiarsi le mutande dalla corsa con i mostri: una ragazza dai lunghi capelli biondi chiusi in tante trecce giace riversa a lato del sentiero. A Doye non sembra ferita, ma solo incosciente, che può voler dire anche che ha un trauma cranico, ma il nano era assente alla lezione della patente sul primo soccorso e cosi se ne infischia.
A pochi metri di distanza, Tidus, spada d’acqua alla mano, cerca disperatamente di respingere un gruppetto di strani esseri che lo insidiano da tutti i lati.
A Doye non sembra che Tidus sia in grave pericolo, ma solo un po’ in difficoltà, che può anche voler dire che sta per soccombere ed essere selvaggiamente massacrato, ma il nano era assente alla lezione di strategia al campo di addestramento in Canada e cosi se ne infischia.
Quello che lo preoccupano di più sono i mostri contro cui il biondino si è lanciato come uno scemo.
Dai corpi snelli, completamente neri e attraversati da lunghe righe rosse, con teste piccole e allungate dotate di due paia di antenne, gli esseri osservano il ragazzo con famelici occhi color cremisi, minacciandolo con lunghi arti tentacolari terminanti in artigli dall’aria pericolosa. Tidus cerca di difendersi come può, ma i suoi colpi di spada sono troppo lenti e goffi anche solo per riuscire a sfiorare gli assalitori che, muovendosi con movimenti rapidi ed imprevedibili, ad ogni perfetta schivata lasciano uscire risate di derisione da bocche simili a squarci incurvati pieni di denti.
“Oh, mamma...” Mai, in tutta la sua vita faticosamente passata ad accumulare saggezza davanti a un televisore, Doye ha visto creature cosi spaventose. Al massimo, un Heartless ogni tanto, quando faceva il doppio con l’Autore a Kingdom Hearts, e già quello bastava a farlo nascondere sotto il cuscino, ma quelli sembrano i fratelli maggiori dei NeoShadow, anzi, i cugini, il che significa che devono essere più forti, più cattivi e più popolari!!!
Brutta, brutta prospettiva.
“Qua ci rimetto la pelle, meglio filarsela...” dice tra sè il nano, e già comincia a mettere in atto quel proposito cercando di squagliarsela all’inglese.
Fa un passo, poi un altro, poi un altro ancora. Si gira per controllare che nessuno si sia accorto di lui, no, per fortuna sono ancora tutti impegnati a cercare di scannare Tidus. Si gira di nuovo e riprende a camminare. Fa un altro passo, sembra che possa farcela, ne fa un altro ancora, ormai è quasi fuori dalla loro visuale, manca pochissimo...poi prende una buccia di banana, scivola e comicia a rotolare per tutta la china come una palla da bowling.
Sentendo la terra tremare, Tidus e i mostri smettono di combattere ed alzano lo sguardo.
E lo vedono arrivare, con la stessa velocità e peso specifico di una palla di cannone!!
“PISTAAAAA!!!”
Tutti i poveri sfigati presenti sbarrano gli occhi al vedere la morte con la falce salutargli sorridendo e si lanciano ai lati con grida terrorizzate. Solo una delle creature è troppo lenta e finisce investita violentemente e spiccicata per terra come un tappeto persiano.
“M-ma che diavolo era quello?” balbetta Tidus, finito a gambe all’aria un po’ più in là, con tante palle da blitzball alate che gli girano attorno alla capoccia. Da sotto, qualcosa gli picchietta sulla schiena. Incuriosito, abbassa lo sguardo e vede che è finito seduto su un mucchio di quelle strane creature tutte in vistoso stato cianotico, di cui una delle quali gli fa faticosamente cenno di alzarsi.
Cosa farà il nostro eroe di fronte a una tale opportunità?
“Oh, scusate tanto”
Si alza di scatto e comincia a scusarsi.
“Ben gentile” gli risponde la creatura con la nonchalance di un agente di cambio, e si rimette in piedi in tutto il suo disarticolato splendore da essere invertebrato.
Tidus si affretta a scusarsi, imbarazzato: “Mi scusi, non l’avevo proprio vista; è successo tutto cosi in fretta, non era mia intenzione usarla come zerbino”
“Ma le pare, sono cose che succedono” si schermisce l’essere oscuro, con perfetto self-control all’inglese. “Nessuno, in coscienza, avrebbe potuto prevedere una cosa del genere. No nsi preoccupi, giovanotto, nè il sottoscritto nè i miei colleghi nutriamo alcun astio nei suoi confronti, nevvero, ragazzi?” E nel dire questo, si rivolge al gruppetto di altri esseri, che nel frattempo si erano rimessi in piedi uno dopo l’altro e si stavano sciogliendo le membra indolenzite con alcun esercizi di stretching combinato.
“Eccome no?” risponde uno, mentre due suoi gemelli cercano di sciogliergli i tentacoli annodati. Il risultato è che finiscono tutti e tre legati come salami.“Stamo na’ bellezza, che ’n se vede?” rispondono tutti e tre in coro.
La creatura annuisce bonariamente, prima di rispondere a Tidus: “Vede, giovanotto? Tutto risolto. Non c’è bisogno neanche del C.I.D.”
“Fiuuu, meno male” sospira di sollievo il ragazzo, visibilmente più a suo agio. “Stavo già pensando di aver combinato qualche guaio. Sa, non sembra, ma sono un po’ pasticcione”
“Si figuri, ma sa che succede anche a me ogni tanto di dimenticare dove ho lasciato i cuori strappati alle persone innocenti?”
“E chissà come deve arrabbiarsi il suo capo, ahahahah”
“Ma no, lui si che ha un cuore d’oro, ohohohoh”
“Questa è carina, ahahahah”
“TIDUS!!! PIANTALA DI STARE LI’ A DIR CAGATE E VIENI A TIRARMI FUORI DA QUESTA ROCCIA!!!!”
L’urlo repentino da baritono di Doye riporta subito il biondo ragazzo al proprio dovere, facendolo scattare sull’attenti con tanto di saluto militare.
“Arrivo, arrivo, arrivo!” grida correndo a tutto spiano lungo il solco lasciato dal passaggio del nano.
Mentre si allontana di corsa, i tre mostri ancor annodati si avvicinano a quello gentile.
“Ehi, Lord Pendleton, ma quello chi era?” chiedono con curiosità.
L’altro sospira: “Un povero ragazzo che si è imbarcato in qualcosa di troppo grosso per lui, pensando che sia solo un contrattempo...”
Una voce proveniente dalle loro spalle, carica di ilarità, li richiama: “Ohohoh, e orsudunque, signori miei, quanto dovrò attendere ancora?”
Le tre creature arretrano impaurite, e finiscono in un fosso.
Lord Pendleton sospira e scuote la tesa: “Ci dia cinque minuti, padrone”. Fa una pausa. Con uno scintillio, un grosso monocolo gli appare sull’occhio destro, seguito da un largo cilindro scuro sulla stretta testolina.
Tutt’attorno a lui, le creature oscure cominciano a risollevarsi e a strisciare, le lingue che sibilano nell’aria.
Ua luce scarlatta compare nello sguardo di Pendleton, la stessa che arde negli occhi dei suoi simili. “Il tempo necessario per ucciderli e strappare loro il cuore”
Alle sue spalle, si ode una lunga risata divertita. Un accordo vibrante di chitarra risuona nell’aria.

Tidus è incredulo.
Rotolando con la stessa delicatezza di una valanga che scende giù dagli Appennini, Doye aveva spianato al suolo un paio di alberi, quattro Sahagin, tremila gabbiani e una vecchietta, per poi andare ad infilarsi in una strada con divieto d‘accesso, senza apparente motivo. Nonostante le rimostranze della vecchietta, che aveva inveito parecchio contro la gioventù indisciplinata di questi tempi, mentre veniva caricata in barella su un’autoambulanza, Tidus aveva ignorato il cartello per seguire il tragitto del nano e adesso è lì, ad osservare basito la sagoma a forma di Doye che perfora una grossa roccia che dà sulla cascata ed è talmente buia che anche Superman avrebbe già avvertito i parenti del nano di smettere di sperare.
“Ma come cavolo hai fatto a finirci là dentro?” chiede, non credendo ai propri bulbi oculari.
“Sono scivolato, non mi hai visto, che sei cieco?” risponde dall’interno la voce di Doye.
“Si che ti ho visto, ma certo che sei proprio simpatico, eh? Non è che usi la carta vetrata al posto di quella igienica?”
“Uff, dobbiamo stare qua a discutere sulla durezza delle mie chiappe ancora per molto o puoi tirarmi fuori?”.
“Va bene, adesso ti...aspetta un secondo...cosa hai appena detto a proposito...?” Tidus si blocca, poi ci ripensa e scuote la testa. “Nah, meglio non saperlo”.
“Se, se, come se non si capisse” La mano di Doye spunta dal buco. “Dammi una mano, và”.
Un attimo di silenzio.
“Ehm...” Tidus è un po‘ titubante. “E’ una battuta?”.
“NO CHE NON E’ UNA BATTUTA!! COME DIAVOLO TE NE ESCI CON QUESTE IDIOZIE???”.
“Ma...la mano che spunta...dammi una mano...”.
“AGGGRRRR!!! MA PERCHE’ NON HO ACCETTATO QUEL POSTO COME SPALLA DI TOPO GIGIO?? PERCHE??? TIRAMI FUORI E BASTA!!!”.
“Ok...va bene...” Tidus afferra saldamente la mano del nano. “Non serve mica arrabbiarsi, eh”.
Dà uno strattone, poi, vedendo che la cosa ha lo stesso effetto di cercare di spegnere della lava con un annaffiatoio, l’afferra con entrambe le mani e comincia a tirare. “Cioè, non si capisce mai quando...ggggnn...parli sul serio...ggnnn...o quando scherzi...puff...“ Mugugna, facendo forza per estrarlo dalla roccia. Tutt’attorno, comincia a radunarsi un folto stormo di gabbiani curiosi.
“Posso avere il beneficio del dubbio una volta?” Con un sospiro, il ragazzo lascia la presa e si asciuga la fronte. “Uff, niente, non si muove di un millimetro.
La mano di Doye si chiude a pugno e si agita minacciosamente.
Tidus decide di farlo bastare come avvertimento. “Ok, ok...” Chiedendosi perchè quella mattina non ha dato retta all’oroscopo e non è rimasto a letto, il ragazzo si spunta sulle mani e si prepara ad un nuovo tentativo.
La voce di Doye lo blocca: “Un momento!”
“Che c’è?” chiede Tidus, allarmato. I gabbiani si aspettano un colpo di scena.
“Non ti sei sputato sulle mani, vero?”
“Ehm...si?”
“Ma che schifo!!! Ma dai!!! Ma come cacchio...no, dai, che schifo!! Ma tua mamma ti ha cacciato di casa, per caso?? Che schifo!!!
Tidus è esterrefatto: “Ma...stavo solo...cercando...io...” balbetta, guardandosi le mani come se fossero imbrattate del sangue di un asilo nido e di fronte a lui ci fosse una distesa di corpi masscarati.
“Aaaah, ma lascia stare, faccio da solo!” E mentre dice questo, Doye esce con un salto dalla roccia, esegue una perfetta evoluzione nell’aria e atterra a gambe e braccia allargate con mirabile coordinazione. L’arbitro fischia e solleva la bandierina: un nuovo record! E immediatamente i piccioni si scatenano in uno scroscio di applausi e di festa esagerata. Ci sono fischi, applausi, lanci di mutande e chi più ne ha più ne metta.
“Ehm, Doye? Che diavolo è tutta questa roba?” chiede Tidus, guardandosi intorno un po’ impaurito con i fiori che gli cadono intorno. “Confesso che ho un po’ paura”
“Zitto e annuisci, ragazzo, fà solo questo e andrà tutto bene” gli risponde Doye a denti stretti, senza smettere di sorridere a sessantaquattro denti e salutare la platea in visibilio, mentre un organizzatore in giacca e cravatta gli mette al collo un medaglione olimpionico.
Di botto, cinque creature oscure irrompono dal nulla e sbranano sia arbitro che organizzatore, mentre altri cinque loro simili scacciano la folla pennuta facendo roteare dei grossi manganelli e imbracciando scudi anti-sommossa.
In un batter d’occhio, Tidus e Doye si ritrovano circondati e con le spalle, al muro, anzi alla cascata, con un solo profondo dirupo dietro di loro.
“Insomma, meglio di cosi non si può, eh? Stupido Autore!!!” Impreca Doye.
E subito la cascata viene Misteriosamente colpita da un’antica maledizione azteca e si trasforma in un lago di olio a cottura lenta pieno di tanti bei demonietti in attesa, brutti come la fame e armati di forconi e oggetti cuneiformi dal dubbio utilizzo.
“Oh, cavolo” commenta Tidus, e si tira su i pantaloni con foga.
Doye potrebbe aggiungere un motto di saggezza alle sue parole, una stretegia, ma è troppo impegnato a bestemmiare in Turcomanno per farlo; il rating non ci consente di tradurre e di dormire tranquilli ,perciò non lo faremo.
“Come immaginavo....cinque minuti saranno più che sufficienti...”
Stretti tra le creature e il dirupo, Doye e Tidus vedono i mostri farsi da parte per permettere il passaggio a quello che sembra apparentemente essere il loro capo. Leggermente più grosso dei suoi simili, con un grande cilindro in testa e un monocolo sull’iride destra, Lord Pendleton avanza con un portamento nobile e disinvolto. I suoi movimenti sono calmi e i passi misurati, e ciò lo rende decisamente più spaventoso rispetto ai suoi frenetici compagni.
Si ferma a pochi metri dai due sfigati, osservandoli per alcuni lunghi istanti con uno sguardo indecifrabile.
Questo, ovviamente, prima di beccarsi una sassata in testa e finire a gambe all’aria come i popcorn nella padella.
“Che cavolo ti guardi, mollusco?” sbraita Doye, già con un altro sanpietrino in mano. “Che c’è? Vuoi fare a botte? Eh? Dì un po’, vuoi fare a botte?”
“Ehi, Doye? Non potevamo parlarne prima?” commenta Tidus, osservando con crescente preoccupazione gli esseri che li circondano cominciare a schiumare bava dalla bocca e a brandire taser con fare minaccioso.
In tutta risposta, Doye si mette un dito nel naso e comincia a spostare i mobili: “Tsk, per questo il mondo va a rotoli, voi mocciosi non avete più coraggio! E poi, guarda! Lo stanno rimettendo già a nuovo!”
In effetti, al vedere il proprio capo finire knock-out, gli esseri oscuri erano accorsi per soccorrerlo. Due di loro, con dei cappelli da infermieri, arrivano di corsa portandosi dietro una cassetta del pronto soccorso, e in quattro e quattr’otto, Pendleton è di nuovo in piedi, con un cerotto in fronte.
“Ohibò! Dove eravamo rimasti? Temo di aver dimenticato quello che stavo facendo” dice il nobile, cosi, nonostante gli urli di Doye che gli dicevano che lui di mestiere faceva l’equilibrista sulla gabbia dei leoni con un pianoforte in mano, gli esseri oscuri lo ragguagliano rapidamente sulla situazione, aiutandosi con abbondanti dosi di mimica, una lavagnetta magica e tanta buona volontà.
“Oh, ma certo, ma certo” esclama il nobile alla fine. “Stavo per introdurmi ai nostri inattesi ospiti, nevvero?” Con audaci passi da equilibrista, Pendleton storna a rivolgersi ai due: “E’ un vero piacere per l’umile sottoscritto conoscere due Cuori residenti su questa magnifica isola”
“Il piacere è tutto tu...ehi!” inizia a dire Doye, ma Tidus gli dà una gomitata prima che finisca la frase, beccandosi in cambio un colpo di badile sulla cervice.
Pendleton alza un sopracciglio, ma prosegue: “Lasciate che mi presenti, il mio nome è Pendleton e sono riconosciuto come un Lord tra la mia gente”
“Mi presti 3000 Euro?” chiede Doye prontamente.
“Oh, ma certo” Pendleton fa già per tirare fuori il libretto degli assegni, ma una delle creature gli dà una gomitata. “Oh! Giusto, giusto! La mia solita sbadataggine! Stavo quasi per cascare nel vostro audace tranello, messer nano, ohohohoh”
Doye schiocca le dita per l’occasione perduta, quando Tidus gli si accosta e gli sussurra sottovoce: “Questi adesso ci fanno secchi e tu gli vai a chiedere 3000 Euro?”
“Quando sarai più grande, imparerai che ogni occasione è buona per provare ad accattonare qualcosa, caro Tiduwan”
Tidus sospira, afflitto: “Sicuro...com’è sicuro che ci stiamo allontanando sempre di più dal nome originale...”
“Eh-ehm...”
Il tossicchiare di Pendleton richiama la loro attenzione.
“Ah, giusto ci stava questo che stava parlando”
“Oh, cosi va molto meglio” esclama con un cortese assenso l’essere oscuro. “Come vi dicevo, il mio nome è Pendleton e sono un Lord tra la mia gente”
“Questo l’hai già detto..” commenta Doye, ma nessuno se lo caga.
“La tua gente? Cioè, intendi questi...questi mostri?” chiede Tidus con una lieve punta di disprezzo misto a disgusto, pistacchio ed amarena, mentre tiene sott’occhio una delle creature che gli era avvicinata troppo e gli sibila contro.
Pendleton ride: “Ohohohoh, mostri? Questa non è una definizione che ci fa onore, signor Tidus. Non dovrebbe essere cosi avventato nel saltare subito a giudicarci”
Al sentire quella creatura parlare in quel modo, il ragazzo sbianca: “Come...come sai il mio nome?” chiede, senza fiato.
“Ohohohoh, glielo ho detto, signor Tidus” Pendleton si porta le lunghe braccia dietro la schiena e agita la testa prima da una parte o poi dall’altra, come per seguire una melodia che solo lui può sentire. Resta cosi per qualche istante, prima di stopparsi di botto e fissare uno sguardo penetrante sul ragazzo: “Non ci sottovaluti, non lo faccia mai. Noi sappiamo molte cose, noi siamo coloro che nascono dalle Tenebre più oscure, noi siamo gli Abissali e i Messaggeri dell’Oscurità”
Uno scatto cosi veloce da essere impercettibile, e le braccia di Pendleton sono allargate in un enorme abbraccio al nulla. “Si ricordi di noi, signor Tidus, si ricordi il nostro nome...noi siamo gli Heartgear!”
Ipnotizzato, Tidus lo osserva e ascolta le sue parole, mentre sente una morsa crescente afferrargli il cuore e decine di domande riempirgli la testa.
Heartgear?
Non ne aveva mai sentito parlare, eppure vederli adesso, in quella situazione, sull’isola in cui abita, glii procura un senso di familiarità. Non capisce da cosa provenga, ma di una cos aè certo: è sicuro di aver già sentito quei discorsi, come se quella scena non fosse altro che il ripetersi di qualcosa già accaduto in precedenza.
Incapace di darsi una risposta, solleva lo sguardo verso Pendleton, nell’istintiva speranza che continui a parlare e dipani i suoi dubbi, ma le sue speranze non trovano conferma. L’essere sembra divertito dalla sua confusione e nessuna spiegazione esce dalla sua bocca piena di denti. Muove invece un dito, e gli altri Heartgear cominciano a stringere l’accerchiamento. Tidus li osserva, sa che se non fugge lo prenderanno, eppure non sente l’impulso di fuggire nè di reagire. Ha l’impressione di vedere tutto quello che sta succedendo un punto lontanissimo. Vuole solo restare lì, in silenzio, e continuare a vedere, per avere risposte e sentire la propria curiosità appagata.
Poi, di botto, un sasso becca Pendleton in fronte e lo spedisce di nuovo a far conoscenza con Babbi l’Orsetto dei Sogni.
Tidus si riscuote e si guarda intorno, spaesato.
Che stava facendo? Perchè si era bloccato in quel modo?
“Ragazzo! Che stai facendo?? Che cavolo ti blocchi in quel modo???”
Una mano lo afferra rudemente per il colletto e lo spinge verso il basso. Tidus si ritrova a fissare il grugno duro di Doye.
“Ehm...sono domande che mi ero appena fatto, se vuoi saperlo...” risponde senza fiato, cercando di non soccombere sotto il fiato pestilenziale del nano.
“Eccerto! Per questo te le ho fatte! Sennò chi ti diceva niente? Parevi Freddy Mercury quando cantava! Un drogato! Mi bastava chiamare la Buoncostume e vedevi come ti facevano svegliare loro!” Con un gesto brusco, il nano lo lascia tornare all’aria pura e si volta versoil gruppetto di Heartgear accorsi a riincerottare il contuso Pendleton.
“Ehi, voi, macchie d’inchiostro con le gambe!” esclama, puntandogli contro un dito tozzo come quelli dello Yeti. “Non so che cavolo siate, e manco mi interessa, ma guai a voi se vi mettete a fare il lavaggio del cervello a sto moccioso! Prima devo sfruttarcoff-coff, poi potete farci quello hc evi pare, pure usarlo come ramazza nelle stalle, capito??”
Al sentire le parole del nano, Tidus non sa se sentirsi commosso o avvilito.
Ci pensa su un attimo, poi opta per l’avvilimento.
E si appunta mentalmente di capire cosa c’è dietro quel coff-coff, che è sospetto.
Il povero Pendleton, con una contusione lacero-contusa nella parte occipitale del cranio, si ripiglia abbastanza per fare una domanda: “Ohibò, ma chi è lei, nano?”
“Io non sono un nano!” sbotta Doye, facendo arretrare gli Shadowgear con la sola furia della sua voce . “Io sono Doye! Altro che voi mezze calzette, è il mio nome che va ricordato! Avete capito, schiappe?” Mentre delira, una cascata di scintille e stelle filanti lo avvolge. “ Che siate poveri, ricchi, giovani, vecchi, belli, brutti, maschi, femmine, c’è solo un nome che dovete sempre ricordare ed è quello dell’illustre sottoscritto: Doye!!!” Le stelle filanti esplosero in lampi di miriadi di colori, lasciandosi dietro scritte di luce che inneggiavano a quel nome. Doye puntò gli indici contro gli Shadowgear, visibilmente terrorizzati dalla performance. “E voi, ricordatevelo sempre e comunque, non dovete chiamarmi nano, dovete chiamarmi signor nano!!!!”
E nel dire questo, fa il segno delle pistole che sparano con entrambe le mani, e subito un esplosione di polvere rossa detona dietro di lui, innalzandosi verso l’alto con un ruggito di orgoglio e determinazione.
Passa qualche secondo. Nessuno si muove.
Cala un silenzio attonito. Si sente solo il fischio del vento.
“Wow” commenta Pendleton, sinceramente impressionato. “Ammazzateli entrambi”
Ruggendo come leoni con l’ulcera, tutti gli Shadowgear si lanciano su Doye Tidus come un’unica creatura, gli artigli tesi in avanti e rilucenti di luce minacciosa.
Doye è ancora fermo con indici e pollici sollevati, e li osserva venire come un automobilista con la macchina rotta che si è appena accorto di essere fermo sulle rotaie, proprio mentre il treno, per una volta, sta arrivando in orario.
“Oh, cacchio...” commenta, per poi essere travolto da Tidus, un attimo prima che un artiglio tagli l’aria nel punto in cui si trovava la sua testa.
Entrambi finiscono aggrovigliati nella polvere e rotolano per un bel pezzo, prima di andare ad impattare contro il guardrail sul ciglio del burrone.
“C‘è mancato un pelo, dannazione! Quei cosi sono pericolosi!” esclama Tidus rimettendosi in piedi per primo. Sguaina la spada e si prepara a fronteggiare le creature che stanno già correndo verso di loro. “Ehi, Doye, stammi a sentire, dobbiamo fare un azione di gruppo, allora tu...” comincia, ma purtroppo nessuno seppe mai quello che voleva dire, perchè gli arriva una sassata tra capo e collo.
“Ohè! Che sono sti modi?? Ma che non sarai pure un po’ di recchia, tu, eh?” sbraita Doye. Fa per rialzarsi di botto e dà una craniata allucinante al cartello -vietato buttarsi-.
“MA CHE CAVOLO FAI??” sbraita Tidus di rimando, con la lacrimuccia e un bernoccolone a forma di Tour Eiffel che gli si sta formando sulla capoccia. “E CHE CACCHIATE DICI?”
Invece di rispondere, con un bozzo in fronte a forma di Colosseo, Doye gli fa freneticamente cenno di guardare in avanti: “Lascia perdere, ma non te ne dimenticare, che sta cosa è preccupante, e pensa a qualcosa di carino da dire a quelli!”
Tidus si volta e sbarra gli occhi nel vedere la banda di Shadowgear caricarli armati di artigli e zanne, oltre che di pessime intenzioni.
“AAAAAARGH!!!!”
Con un urlo di terrore che farebbe cagare addosso Munch, lui e Doye cominciano a scappare talmente veloce, ma talmente veloce, che se qualcuno avesse telefonato mentre correvano, il centralino li avrebbe dati come non raggiungibili.
Corrono talmente veloci che gli Shadowgear devono noleggiare un paio di motociclette con il sidecar per correre loro dietro, dopo averle truccate con il motore di una Ferrari 7000.
“Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta un secondo” grida Tidus, mentre percorrono il sentiero alla velocità media di 440 Km/h. “Ma che fine hanno fatto tutto quel discorso su loro che erano delle mezze calzette e non potevano niente contro il grande doye?”
Doye risponde, ma non troopo forte per colpa del fiatone: “Tranquillo, ragazzo! E’ tutto sotto controllo! Questa è solo una...ehm...ritirata momentanea...”
“HAI FATTO EHM!! BUGIARDOOOO!!!!”
Nonostante l’elevata velocità, i due, salvati dal decollare per la Polonia dalla legge universale della trama, si trovano la strada sbarrata da un nuovo gruppo di creature. Gli Shadowgear osservano la scena, perplessi; qualcuno sfoglia il copione, in cerca di indizi, ma tutti hanno tanti punti interrogativi sulla testa.
“Prendete quei due figuri, dormiglioni!” grida Lord Pendleton, e subito gli Shadowgear assumono un’aria decisa. Dopo qualche secondo di confusione, ecco che una fitta barriera di esseri nerastri blocca completamente la strada.
“Cavoli! C’hanno fregati!” Si impanica Tidus, vedendo ogni via di fuga ormai bloccata. “Che facciamo adesso?”
Doye sogghigna: “Ehehe, ti ricordi quando ho parlato del fatto che loro erano solo mezze calzette al mio confronto, Tirezan?”
“Te l’ho ricordato io 10 righe fa...”
“Hai fatto bene! Perchè adesso è giunto il momento di farlo capire anche a loro!”
Senza nessun preavviso, Doye colpisce il terreno con il palmo aperto, e con quel gesto improvviso, una nube di polvere esplode tutt’attorno a lui, espandendosi rapidamente. Colto di sorpresa, Tidus si copre il volto con un braccio.
“Orsù, che succede?” domanda Pendleton, un attimo prima che anche lui e i suoi accoliti vengano investiti dalla nube.
La visibilità si azzera quasi totalmente e tutti quanti attaccano a tossire, ma, attraverso le lacrime che gli offuscano gli occhi, Tidus riesce comunque a vedere che gli Shadowgear barcollano nella nube come formiche perdute.
Subito intuisce il piano del nano!
Creare un diversivo e poi attaccarli e sgominarli nel momento in cui sono del tutto indifesi!
Annuisce con un sorriso. Che sciocco era stato a non fidarsi!
Quel piano era un’idea geniale e li avrebbe tolti dai guai. Stringe la spada, risoluto. Il minimo che poteva fare per espiare la sua mancanza di fiducia era aiutare il nano nell’abbattere quei mostri.
Pronto a scattare verso lo Shadowgear più vicino, fa un passo in avanti, ma proprio in quel momento la polvere si posa e la visibilità torna normale.
“Eh?”
Tidus si guarda intorno, ricevendo un’ondata di sguardi interrogativi da Pendleton e compagnia.E’ tutto esattamente come prima.
Poi si guarda a lato. Doye non c’è più.
“E’ SCAPPATO!!!! BASTARDOOOOO!!!!” urla Tidus, scappando a razzo da una mandria di Shadowgear imbufaliti. Inseguito e inseguitori si lasciano dietro simpatiche scie di polvere e di fuoco e cominciano a fare su e giù correndo come pazzi.
Dalla posizione sopraelevata di una cunetta, Pendleton osserva la scena con aria meditabonda: “A quanto pare, quel messere rumoroso se ne è andato...” Annuisce pacatamente. “Molto bene, forse non sarà necessario riferire questa intrusione imprevista al padrone. A questo punto è solo una questione di tempo” Vede Tidus tirare un calcio a uno Shadowgear, che gli aveva morso un piede, e spedirlo in orbita. “O forse no...”
Medita cosi tra sè, quando qualcun gli picchietta sulla spalla.
“Che succede, mio buon amico?” chiede, girandosi a guardare un altro Shadowgear.
L’essere oscuro sembra visibilmente a disagio; si tortura i pollici e lancia di tanto in tanto occhiate preoccupate dietro di sè. “Ehm, come avevate richiesto, l’abbiamo portata da voi, Lord”
“Molto bene, molto bene” commenta Pendleton, passando lo sguardo sulla ragazza svenuta portata in lettiga da altri due Shadowgear. “Fate in modo che non fugga, ma, mi raccomando trattatela con gentilezza”
“Ehm, sarà fatto, ehm, Lord...”
Pendleton inarca un sopracciglio inesistente: “C’è qualcosa che non va, mio caro amico?”
“Ehm...” Lo Shadowgear sembra titubante. “Vede Lord, c’è questo tizio dietro di me che mi inquieta un po’” dice, indicando Doye vestito di nero, con un paio di occhialoni rossi e un cappello con quattro tentacoli di stoffa, che fa l’indifferente, cercando di mimetizzarsi tra i mostri.
Pendleton ha la goccia stile manga: “In effetti tutto ciò è un po’ strano...” Un po’ a disagio, si sistema il monocolo sull’occhio. “Scusami! Mio buon amico!”
Sentendo chiamare, Doye si guarda prima a destra, poi a sinistra, poi si indica. “Dice a me, dottore?”
“Si, perdona la mia maleducazione” Pendleton lo indica, ancora un po’ scosso. “Quale è il tuo numero di riconoscimento?”
“Il mio numero?” Doye solleva le sopracciglia e fa un sorriso pieno di charme.
Poi comincia a correre.
“OK! PIANO FALLITO!!!!”
“Prendetelo!” grida Pendleton indicandolo freneticamente.
Stupefatti dal geniale travestimento di Doye, gli Shadowgear reagiscono troppo lentamente. Si muovono al rallentatore, tipo Matrix, e il nano sfreccia tra di loro, andando a sbattere per caso contro la ragazza che ancora riposava.
I due portantini, colti di sorpresa, non oppongono resistenza abbastanza in fretta da impedire alla barella di rovesciarsi e cosi Doye finisce per trascinarsi dietro la giovane priva di sensi
“IAAAARGH!!!” grida il nano, facendole da materasso per tutti i sassi sulla cunetta.
Tutti e due, il nano, in condizioni pietose, la ragazza, in perfetta forma, finiscono sulla traiettoria di Tidus, che inciampa sulla faccia di Doye e finisce pure lui per terra.
“Ohè, ma che sta diventando un abitudine?” sbotta il nano, con un’impronta di scarpa che gli va dal naso all’orecchio.
“Doye! Ma allora no neri scappato! Era tutta una strategia per salvare questa ragazza!” esclama Tidus al colmo della sorpresa.
Doye fa una faccia interrogativa: “Quale ragazza?” Poi la vede, riversa accanto a sè. “Ah...Se, se, proprio quello...vabbè, finiamo in bellezza, và” dice, e si piega a mò di cavallina. Proprio in quel momento arrivano tutti gli Shadowgear, troppo lanciati per fermarsi, e succede una carneficina. Tutti finiscono contusi o lacerati a lamentarsi per terra.
“Ehi! Bel colpo!“ Esclama Tidus, prendendo in braccio la ragazza.
“Modestamente...adesso però filiamo! Passiamo per la strada!”
Mentre dice cosi, tutti gli Shadowgear rimasti bloccano il sentiero.
“Sciocchi! Fermateli! Hanno preso la ragazza! Hanno preso la ragazza! Fermateli!” grida Pendleton, mentre carica con il resto del drappello.
Doye ci ripensa: “Ok, come non detto! Torniamo indietro!”
Lui e Tidus voltano i tacchi e tornano precipitosamente sui loro passi, ma il dirupo sbarra loro la strada.
“Che scena scontata...” commenta il nano, osservando l’acqua che scorre tumultuosamente una ventina di metri più giù.
“Qualche altra idea?” chiede Tidus con un sorriso, mentre Pendleton e compagnia si fanno sempre più vicini.
Doye ci pensa su per un attimo: “Uhm, si potrebbe passare dal...AAAAARGH!!!!” non finisce la frase, perchè Tidus lo afferra e, insieme a lui e alla ragazza, si getta nel dirupo, svanendo nel fiume sottostante.
Beffato, irato per essere stato beffato, incacchiato per aver capito di essere stato beffato, Pendleton sbatte il piede violentemente a terra: “Poffarbacco!! Sono riusciti a salvarsi!”
Un eco di una voce di un certo nano lo manda a quel bel paese, poi non si sente altro che il fragore delle acque.


Edited by Panchito - 16/10/2011, 15:14
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 11/10/2011, 10:00




...Bene, mi sono ufficialmente ingarbugliata con la storia... Perciò commenterò solo la parte tecnica.
Allora, Panchi, il fatto è che scrivi molto bene... ma anche molto dettagliato! Troppo! Per farti un esempio pratico, hai presente Il Silmarillion di Tolkien? Ecco... una cosa simile. Il problema è che essere così dettagliati alla lunga annoia un lettore di fanfictions. Fosse un romanzo lo capirei.
Il resto è ok.
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 11/10/2011, 12:27




Il che è sia un bene che un male...uhm....
Ho capito, ho capito, grazie, è un consiglio che mi sarà molto utile, grazie mille =)
 
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CAT_IMG Posted on 11/10/2011, 13:14

Dio dell'Het, del Crossover, della Frutta di Bosco e del Sadomaso (gusti variegati, eh?)

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Da dove nessuno penserebbe mai di venirmi a cercare

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Oddio, questa storia è divertentissima! Ho deciso, Doye è il mio nuovo diolo! Che cavolo, è mezzo Gimli e mezzo Jack Sparrow, più qualcosa di Balck Star! Spero che aggiorni presto, Panchy!
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 12/10/2011, 11:53




CITAZIONE (Panchito @ 11/10/2011, 13:27) 
Il che è sia un bene che un male...uhm....
Ho capito, ho capito, grazie, è un consiglio che mi sarà molto utile, grazie mille =)

Figurati! Visto che tu sei sempre gentile con noi e ci dai consigli di scrittura, mi sembra il minimo!
*In realtà la Green si sente poco utile perché si è persa intorno al secondo capitolo, quando comincia ad apparire tutta quella folla di Final Fantasy...*
 
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Panchito
CAT_IMG Posted on 12/10/2011, 12:09




...
*prende la Green, la chiude in un forziere e la scaraventa in un burrone*
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 12/10/2011, 19:35




CITAZIONE (Panchito @ 12/10/2011, 13:09) 
...
*prende la Green, la chiude in un forziere e la scaraventa in un burrone*

Perché?! Cattivo!!! L'ignoranza non è un crimine! (O forse sì... Maledetta Legge italiana!)
 
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Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 12/10/2011, 19:52




...mi sono persa.
 
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30 replies since 21/9/2011, 00:39   248 views
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