| Tutto fila come al solito a Besaid: il sole splende, il cielo è terso, il mare è pulito, le onde si rincorrono nella risacca. I gabbiani volano liberi, lanciando rauchi richiami e scorrazzando nel blu terso nel cielo in una chiassosa e allegra rincorsa, e le loro cacche si abbattono senza pietà su ogni essere vivente e non a tiro. Per risolvere questo puzzolente problema, il Sindacato Bagnanti Scontenti ha dato già da tempo il via a una petizione in favore dell’assunzione di un simpatico impiegato armato di gatling, che, a detta loro, rappresenterebbe la soluzione più efficace, ma purtroppo, essendo gli abitanti totali dell’isola pari a trenta esseri umani e trecento milioni di pennuti, ancora non si è raggiunta la quota firme necessaria per procedere. In attesa di una misura provvisoria, ogni abitante è stato dotato di una foglia larga un metro e mezzo da mettere sul cappello. Malelingue affermano che ciò abbia fatto aumentare i morti causati dai colpi di vento, ma attualmente non esistono prove a supporto di questa tesi. E’ una buona giornata nel villaggio posto al centro dell’isola: le sei case di cui è composto, di cui una distrutta, risuonano delle voci allegre degli abitanti. Nonostante l’ora mattutina, già molte persone camminano per le strade, trasportando carichi o impegnate in questa o in quella faccenda. I bambini si rincorrono vociando allegri, mentre il mercante del villaggio elenca le qualità della propria merce di fronte a un piccolo pubblico. Nell’aria assolata del mattino, dove un tempo riecheggiavano solo gli echi delle preghiere provenienti dal tempio che troneggia al centro del villaggio, ora si sente il vociare allegro e laborioso della gente, pronta ad iniziare una nuova giornata. Besaid è diventato un luogo fiorente e felice e, ormai, il terrore e la disperazione dettate da Sin sono solo dei ricordi del passato. Tuttavia permangono dei piccoli traumi a livello inconscio. Infatti, se qualcuno dice: “Peccato”, per esempio, se gli è caduto il succo di mango per terra, ecco che lo prendono, lo riempiono di mazzate e lo buttano in mare per combattere la sfiga. E ogni volta che il vento si alzava un po’ troppo, qualcuno andava dal bagnino ed affittava un pedalò dicendo: “Non si sa mai...” Ma Yu Yevon era scomparso e Sin non poteva più giungere per portare distruzione sull’isola. Ormai il massimo che poteva arrivare era un uragano, una tempesta tropicale, una tromba d’aria o un maremoto forza 10. E gli uomini in coro dicevano: “Ma che bello vivere a Spira...!” In ogni caso, ogni cosa scorre bene a Besaid, a parte la squadra di Blitzball, che aveva sempre fatto e fa tuttora schifo e misericordia. Per questo i suoi membri erano stati privati del diritto di portare le foglie da tempo immemorabile ed erano stati ribattezzati “I macchiaioli”, a causa delle innumerevoli feci che li adornavano ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette. Ma a parte questo, il cocchio della fortuna corre bene a Besaid. E corre anche Tidus, inseguito dai soliti due caricatori di munizioni sparati da Yuna. “Non è come credi!!!” grida, scappando fuori in strada alla velocità costante di 70 Km/h, con i proiettili che gli fischiano intorno.
[Da “Meraviglie e Stranezze degli Anime, Manga, Videogame e dintorni” del Prof. Dott. Shaktul Noctambulotti]
TIDUS
Tidus è, o meglio era, l’astro nascente del Blitzball di Zanarkand. Dalla sua posizione poteva avere tutto ciò che un ragazzo della sua età può desiderare: soldi, attenzioni, figurine, trenini elettrici e via discorrendo. Purtroppo tutto ciò non bastava per salvarlo dal misto di complesso di Edipo/bisogno di approvazione verso il padre, in cui era caduto da tempo ormai perduto nelle nebbie, assieme al motivo. Per sua (s)fortuna fu Sin stesso a toglierlo da quella posizione. Lo risucchiò da Zanarkand con l’aspirapolvere e lo scaricò su Spira, o più precisamente nel mare di Spira, dove Tidus conobbe tanti simpatici amichetti Sahagin. Imbarcatosi in un incredibile avventura per configgere Sin e trovare un modo per tornare a casa, assieme ad altri incredibili compagni di viaggio, tra cui spiccava Kimarhi detto il loquace, che nella sua vita aveva detto solo due parole e salutava e minacciava la gente scuotendo la testa allo stesso modo, il nostro prode biondino si ritrovò invischiato in una rete di intrighi creati per proteggere un ordine millenario bugiardo e senza senso. Si ritrovò talmente invischiato che ogni tanto partiva di zucca ed attaccava ad urlare alle tre di notte, salvo per poi prendersi una martellata in testa e finire in coma, ma questa è un’altra storia. Alla fine, dopo un lungo viaggio fatto di risate e sganassoni, scoprì che Sin era suo padre stesso, trasformato in balenottera gigante da un ragnetto dall’aria truce capace di scoregge cosi forti che alteravano la gravità. Cosi, Tidus, assieme alla sua banda di simpatiche canaglie, fu costretto ad eliminare il suo stesso genitore, sfuggendo poi all’accusa di parricidio, a testimonianza di quanto la giustizia sia ormai scaduta di questi tempi. Purtroppo, però,a fine di Sin e degli intercessori, di cui non chiariremo nè nome nè ruolo nè perchè per mancanza di fondi, il povero biondino, che era nato dal sogno di questi ultimi, dovette dare l’addio a Yuna, la ragazza con cui aveva viaggiato e di cui si era innamorato, ed andare incontro al suo destino, svanendo silenziosamente. A questo punto, la domanda di un attento lettore sarà: ma allora perchè è qui? La risposta è presto detta, e giunge sottoforma di una moretta in completo da pistolera magica. Le sue iridi sono una verde e l’altra azzurra ed entrambe emanano un’aria più arrabbiata di un branco di mammut in una calda giornata estiva.
“Pervertito! Maiale!!!” Yuna, ex-grande evocatrice e attuale Cercasfere, è impegnata ad urlare improperi al suo fidanzato in fuga, mentre, ritta sulla soglia della capanna, cerca di falciarlo con una raffica delle sue due semi-automatiche.
[Da “Meraviglie e Stranezze degli Anime, Manga, Videogame e dintorni” del Prof. Dott. Shaktul Noctambulotti]
YUNA
Yuna era stata il motivo del viaggio a cui Tidus si era aggregato: all’epoca, Sin vagava per Spira distruggendo e affondando tutto quello che capitava, (il ragnetto che lo comandava non aveva mai avuto una grande passione per la razza umana e il mondo in generale), e per sconfiggerlo si facevano avanti gli invocatori, un gruppo di frati e suore psico-punk, che, abbandonate case ed affetti, si imbarcavano assieme ai loro guardiani in un pellegrinaggio verso nei vari templi per ottenere il favore degli intercessori, di cui continueremo spudoratamente a non spiegare un bel niente. Ottenuto il favore necessario, l’invocatore poteva riceve re l’invocazione suprema, con cui abbattere Sin e dare a Spira dieci anni di pace, prima che quest’ultimo risorgesse. Insomma, Sin era una specie di cambiale: tornava sempre a rompere gli zebedei. Per fortuna, il gruppo di nostri eroi scoprirono un modo per sconfiggere definitivamente questo accanito persecutore sociale e tutti sospirarono di sollievo. Purtroppo, come si è già detto, il povero Tidus scomparve alla duecentocinquantesima ora di gioco, in quanto proiezione onirica ambulante, e quindi sprovvista di cervello ed organi, lasciando Yuna a piangere la perdita del ragazzo di cui si era innamorata. Ma come si dice: “Fortuna favet fortibus”, che nessuno ha mai capito cosa significhi. Appena tre anni dopo l’ex-invocatrice tornò alla ribalta in una nuova fantastica avventura, che tanto fantastica non era, perchè sembrava un incrocio tra una puntata dei Power Rangers e una sfilata di moda, ma vabbè. Yuna, nella sua nuova vita nel gruppo dei Cercasfere che chiamavano sè stessi i Gabbiani, finalmente libera dalle catene che le imponeva il pesante ruolo di invocatrice, diede prova della sua vera personalità arrivando a cantare addirittura in un concerto. Con la serietà e la rigida determinazione impostale dal suo precedente ruolo ormai alle spalle, tentò di vivere un’esistenza più spensierata e libera come Cercasfere. Guidata solo da una labile traccia, cercò Tidus per mari e monti, vallate e città, casini e disastri, tangenziali e sterrati, sempre senza manco una cartina stradale. Con l’aiuto dei suoi amici, impedì allo spirito della persona, da cui gli intercessori, questi sconosciuti, avevano fatto nascere il suo innamorato, di distruggere Spira con un’arma imbarazzante da far schifo, ma noi non facciamo commenti, e riuscì infine a ritrovare lo stesso Tidus, rimasto per tutto il tempo intrappolato in un ostato di veglia tra la vita e la morte. Finalmente riuniti, i due cominciarono una nuova vita insieme a Besaid. La loro relazione dura tutt’ora tra alti e bassi.
“Chiamali alti e bassi!! E poi chi cavolo ha scritto questi riassunti??? Non è andata per niente cosi!!!” grida Tidus, mentre divora la strada che porta all’uscita del villaggio alla stessa velocità di un jet di linea. Yuna gli tiene dietro, bombardandolo con una tempesta di piombo: “Maniaco! Maniaco!!”” “Non è colpa miaaa!!!!” “Non raccontare scuse!!!” Wakka, che si trovava in quel momento a passare per andare a comprare i soliti due quintali di detersivo per la sua squadra, si ferma a per salutare: “Ehi, ragazzi! Dove ve ne correte cosi presto, ya?” Evidentemente non ha compreso la situazione, e infatti finisce travolto e spiccicato per terra come un tappetino da bagno con tante impronte sopra. “U-una g-giornata s-storta, y-ya?” rantola, prima di perdere i sensi. “Pista! Fate largo! Pista!!! Tallonato da presso dalla sua vendicativa fidanzata, il povero Tidus scansa un paio di anziani, evita il dannato cane del villaggio, dribla una coppietta, schiva per un soffio il banco del mercante, salta a piedi pari un ostacolo, salta con l’asta la sbarra, supera un concorrente, ne supera un altro, si porta in prima posizione, taglia il traguardo per primo, ritira la coppa di corsa un attimo prima che Yuna spazzi via tutto con la stessa leggiadria e delicatezza di un bulldozer. L’ex-invocatrice, al contrario della sua preda, avanza distruggendo ogni cosa: uomini, donne, alberi, case, Yuna calpesta tutto senza nessuna distinzione; niente si salva al suo passaggio e infatti dove passa non cresce più l’erba. “Fermati, porco! Comportati da uomo!” urla dietro a Tidus. In tutta risposta, il biondino sfonda il muro del suono: “Preferisco restare vivo!!” Ritirando in volata la corona di fiori in omaggio, esce dall’uscita del villaggio talmente in fretta che la foto dell’autovelox viene fuori tutta a striscioline. Yuna si ferma sulla soglia e lo punta con tutte le due le pistole, mentre imbocca a tutta birra la strada per la spiaggia. Con tutta l’intenzione di scaricargli addosso due caricatori di munizioni gommate con un Click di Lv1000, prende accuratamente la mira e preme il grilletto, ma da entrambe le armi fuoriesce solo l’irritante suono che avverte del termine delle munizioni. “Accidenti!” sbotta, furiosa per quel contrattempo. Alza lo sguardo per vedere dov’è andato Tidus, ma quello ha già superato la curva in cima al crinale, svanendo dalla vista. “Accidenti!“ Con l’ultimo improperio, Yuna volta i tacchi e rientra nel villaggio. Cammina impettita a passi svelti, bruttando ed inveendo a denti stretti contro Tidus e la sua mania di andare a caccia di donne, quando di donna nella sua vita dovrebbe essercene solo una, e cioè lei e nessun’altra. “E-e’ u-una b-brutta g-giornata, y-ya?” chiede Wakka, che ha appena ripreso i sensi. Yuna non si accorge neanche che è lì e lo calpesta di nuovo in tutta grazia, e proprio mentre il suo stivale sta spiegando un concetto difficile al facicone del giocatore di blitzball, una voce conosicuta la chiama: “Cos’ha combinato stavolta?” Lulu, una donna dalle forme voluttuose e vestita tutto in nero come i suoi capelli e i suoi occhi, si sporge dalla sua capanna. In braccio porta il piccolo Vidinu, ancora traumatizzato per aver ricevuto un nome del genere, ma tanto non sa ancora parlare, perciò chi se ne frega. Yuna si volta di scatto e la fulmina con lo sguardo. E’ scossa dai tremiti e le sue iridi mandano lampi. Sembra sul punto di esplodere, ma all’ultimo momento dà le spalle alla sua ex-guardiana e infila a passi rapidi e nervosi la porta della capanna, che divide con il suo ormai condannato a morte fidanzato. Dall’interno cominciano subito a sentirsi rumori di roba che vola da tutte le parti, sopratutto coppe, di Tidus, e palloni autografati, di Tidus. Lulu resta a guardare il punto in cui la ragazza è svanita con uno sguardo perplesso, prima di sentire un lamento di agonia proveniente dal basso. “Wakka? Che fai lì per terra?” “E-e’ u-una b-brutta g-giornata, y-ya?” chiede Wakka, e sviene.
Tidus si ferma, stanco ed ansimante, vicino alla cascata che precipita di fronte al piccolo ponte di legno sul tragitto tra il villaggio e la spiaggia, per riprendere fiato. Anche dopo aver perso di vista la sua inseguitrice, non si era fermato e aveva continuato a correre fino ad essere certo di averla seminata del tutto. Aveva corso fino a farsi saltare una coronaria e ad arrivare pericolosamente vicino ad un infarto, ma nello scegliere tra quello, essere raggiunto da una Yuna in qualche Looksfera o finire vittima della modalità mortaio delle sue pistole, preferiva quello. Per dirla tutta, per evitare la sua fidanzata, avrebbe preferito anche lanciarsi in mutande in una fossa piena di cactus dalle lunghe spine e Kyactus incacchiati, però quello aveva preferito non precisarlo. Non si sa mai. “Uff...uff...ma perchè...” spizzica tra gli ansiti. “Pant...capitano...anf...tutte a me...” Spesso, quando una persona non riesce a farsi una ragione di una sventura, tende ad attribuirne la causa alla sfortuna: una forza malefica, che, spinta da motivi imperscrutabili, si accanisce con forza sul corso degli eventi, traviandoli su circostanze sempre peggiori. Questa visione della vita di solito è un modo per togliere da sè stessi il peso della responsabilità; uscire dal ruolo di artefici della propria sventura per calarsi in quelli di gran lunga più rinfrescanti della vittima passiva di un fato ingiusto. Tidus sbotta: “Ma che cavolo di discorsi sono????” Sbuffi di vapore a pressione gli escono dalla testa, facendolo assomigliare a una locomotiva dell’800 “Come se fosse colpa mia quello che è successo ieri sera!! Sulla spiaggia c’ero andato a passeggiare!!!” Incapaci di accettare le proprie colpe, le persone accantonano senza indugio la logica e, privi ormai dei vincoli della responsabilità, gettano ogni colpa su cause esterne. Non sanno che dalle bugie a sè stessi non nasce altro che ulteriore fonte di avversità. “E BASTA!!!” Con un borbottio esasperato, il nostro eroe (?) comincia a camminare avanti e indietro alla Zio Paperone: “Cavoli, ma che colpa ne ho io? E’ stato tutto un malinteso! Yuna ha capito male! Io non volevo! Non è colpa mia!” Tali persone vivono biecamente delle proprie menzogne, incapaci di accettare la realtà in un altro punto di vista. Senza alcuno scrupolo, falsano la storia in modo da cancellare i propri misfatti e apparire onesti e puri di fronte agli occhi dei posteri. Non sanno che verrà il tempo anche per loro di incontrare il giudizio. “FALLA FINITA!!!” Tidus sta per sbranare la voce narrante, quando un rumore improvviso attira la sua attenzione. “Uh? Che succede?” All’orizzonte, in fondo alla strada che porta alla spiaggia, appare un grosso polverone. Curioso, Tidus socchiude gli occhi per capire di cosa si tratta. “Sembra che si stia avvicinando...peccato che non c‘ho Focus nella Sferografia; ah, no, quello non c‘entra niente con l‘oculistica...” Dopo qualche istante, Tidus comincia a distinguere anche i suoni: un immischio pazzesco di urla, stridii e suoni vari ed eventuali, dal clacson al battere dei bonghi. Il ragazzo aguzza ulteriormente lo sguardo, e gli pare di scorgere una figura di fronte al polverone. Gli ci vuole un po’ per riconoscere che è senza dubbio un essere umano, anche se un po’ troppo basso. Sembra che stia correndo, come se qualcosa lo inseguisse. “Ma che...” Man mano che si avvicina, la figura si fa sempre più definita. Tidus vede che si tratta di un ometto piccolissimo, quasi quadrato, tanto da poter essere scambiato per un comodino. Nonostante abbia la pancia di un bevitore di birra, corre a una velocità soprannaturale, lasciandosi dietro una nuvola di polvere che manco una Ferrari lanciata da una fionda stellare potrebbe fare. Tidus aggrotta la fronte. Quel ometto agita una mano in sua direzione, e, a giudicare di come la bocca gli si spalanca, sembra che gli stia urlando qualcosa, ma la distanza è troppa perché possa capire cosa dice. Incuriosito, aguzza lo sguardo, peritoneo per vedere da cosa sta scappando quello strano ometto. Ed è allora che tutto gli diviene chiaro, compreso quello che il nano cerca di comunicargli: “CORRI, DEFICIENTE!!!!” Con un moccio lungo come una canna di bambù che gli penzola fuori dal nasone bitorzoluto, con la morte e le lacrime strizza più pura e distillata negli occhi, Doye divora il sentiero come solo chi sta per farsela addosso può fare. L’unica differenza è che lui ha un bozzo sospetto all’altezza del fondoschiena. Dietro di lui, un battaglione di Garuda, Dingo, Budini, Viennette invasati, Coni incacchiati, Magnum assatanati lo insegue a spron battuto con intenzioni molto chiare, e nessuna di esse include il “signore ha dimenticato il resto”. “OH, MAMMA!!!!” Tidus fa appena in tempo a chiedere aiuto a un genitore e a mettersi a correre che Doye lo affianca. “UAAAAH, MA CHE SUCCEDE???” urla, con un branco di Garuda assatanati alle calcagna. “MA CHE NE SO!!! IO NON HO FATTO NIENTE!!APPENA SONO ARRIVATO MI SI SONO ATTACCATI ADDOSSO!!!!” gli grida di rimando Doye, trascinandosi dietro un Dingo attaccato a gamba.“MA COME HAI FATTO A FARTI INSEGUIRE DA TUTTI QUESTI?? NON HO MAI VISTO COSI TANTI MOSTRI IN UNA VOLTA SOLA!!” “MA CHE CAVOLO DI DOMANDE FAI??? MICA L’HO DECISO IO DI FARMI INSEGUIREEEE!!” E mentre urla questo, il Dingo gli dà un morso cosi forte da fargli vedere tutte le Costellazioni dall’Astrolabio, al Zuzzurro Imperatore con la Clava. “QUALUNQUE SIA IL CASO, FILIAMOCELAAA!!!” E via tutti e due di gran carriera, pronti al primo periplo di Besaid da duemila anni a questa parte. Corsero come pazzi, braccati dagli squadroni di Dingo, poi proseguirono a nuoto nel mare, inseguiti da orde di Sahagin, infine proseguirono in bicicletta, tallonati da un contingente di lucertole motocicliste create per l’occasione. Fu quello il giorno in cui Besaid ottenne il prestigioso record mondiale di Decathlon, ma questa è un’altra storia. Alla fine, dopo aver macinato chilometri su chilometri, Doye, spinto in avanti solo dall‘inerzia, si rivolge a Tidus: “Ehi, ragazzo, ho un piano per liberarci di quelle bestiacce” Tidus, che ormai sembrava più un morto vivente che un essere umano, risponde con voce lamentosa: “Quello che vuoi...va bene tutto...” “Sei sicuro? Probabilmente sarà doloroso!” “Sento le voci degli angeli...” “Lo prendo per un si! Buona fortuna!” E nel dire questo, gli molla un calcio, che lo fa volare dritto dritto verso l’armata di mostri. “BASTARDOOOOOO!!!!” E tutto il giorno passò tra queste e altre scene amene. Fu solo quando il sole stava ormai tramontando all’orizzonte che i due riuscirono a far perdere le proprie tracce e a riparare in una caverna nascosta. E’ lì che si trovano adesso, seduti contro la parete rocciosa a riprendere fiato. “Anf, pant, anf...” ansima Tidus. “Per fare Blitzball...puff...bisogna allenarsi anche con....anf...le corse, ma con questo...anf...si va alle Olimpiadi...pant...” Doye si spruzza in gola con il respiratore per l‘asma: “Aaaaanffff.....puff...voi giovanotti...puff...siete delle pappamolle...anf...gasp...prendilo come....argh...coff...un allenamento aggiuntivo...anf...e non rompere....back...” Tidus lo guarda male: “Parla quello che....puff...mi ha usato come diversivo per scappare...anf...e poi...puff..ansimi più di me...” “Tsk...argh...cough....sciocchezze...” Doye si fa un iniezione di vitamine, poi continua: “Io...cough...sono scusato...coff...” “...Anf...e perchè?” “Perchè....coff...pant...sono un...anf...disabile civile....coff” “UN COSA????” “Proprio cosi...coff...argh...ecco qua...anf...la tessera d’invalidità” E nel dire questo, tira fuori dalla barba un tesserino plastificato. Dopo due secondi di attenta osservazione, Tidus sbotta: “Ma questo non sei tu!! Questa è la foto di Stephen Hawkins!” “Ero...coff...un po’ diverso...pant,....da giovane...anf...vero?” commenta Doye con un sorriso. “MA NON DIRE IDIOZIE!!!” Doye fa l’offeso: “Che c’è...coff...non...anf...ti fidi...cough...?” “Perchè, si vede?” gli risponde nervosamente Tidus, poi si ferma: “Ehi, aspetta un secondo....ma Tu mi hai usato come esca umana!!!” “Perchè...coff...si è visto???” “A momenti mi ammazzavano!!! Un Garuda mi ha portato al suo nido e voleva darmi in pasto ai cuccioli!!!” “Una nobile fine...coff...” “E perchè???” chiede Tidus, confuso. “Avresti sorretto...anf...la vita...coff...con il tuo sacrificio” Spizzica Doye. “Quegli aquilotti...coff...si sarebbero cibati...pant...della tua carne,...anf...per essere più forti e volare liberi” “Ma che cavolo di discorsi sono??? In pratica dovevo farmi mangiare??” Doye alza gli occhi al cielo. “Eeeeh...il ciclo della vita...” “Ma lo sai dove te lo puoi ficcare il ciclo della vita?????” “Rinnegare il tuo essere parte di un ciclo ti porterà alla rovina, ragazzo” lo ammonisce Doye con fare saggio. Tidus comincia a strapparsi i capelli: “Aaaaah, basta, ci rinuncio! Primo quello, adesso questo!! Va bene, hai ragione tu! Hai ragione tu!” Uno scintillio di soddisfazione appare negli occhi di Doye, mentre, con un gesto coinvolto, solleva entrambe le braccia e si esibisce nel gesto a doppia V della vittoria: “Il pollo c‘è cascato...missione compiuta!” “QUESTI GESTI, SE DEVI FARLI, FALLI ALMENO DI NASCOSTO!!!” Poi, bloccandosi con la bocca larga come una quaresima: “Ehi, aspetta un secondo...” Doye si sbraca sul pavimento di roccia e lo osserva scettico: “Ancora?” fa, inarcando un sopracciglio. “Cominci ad essere monotono, biondino, occhio che rischi di essere cancellato dalla storia, eh?” “Grrrr...” ringhia Tidus con i denti da vampiro e la bava alla bocca. Doye si guarda addosso: “Che c’è? Ho una zanzara sulla giacca?” Dopo una breve colluttazione, il nano si convince che si trattava di altro. “Ok, mi hai convinto, non parlo più” promette, con un cerotto in fronte, senza metà del lobo destro e con un dente di meno. “Era anche ora, eh” Tidus si lascia cadere sul pavimento di roccia con uno sbuffo di rude accondiscendenza, sedendosi a gambe incrociate. Incrocia le braccia al petto e scocca uno sguardo sospettoso al nano: “Ad ogni modo, chi cavolo sei tu?” Doye si massaggia una tempia con due dita: “Dimmelo prima tu...” “Cosa? Ma se te l’ho chiesto prima io!” “E adesso te l’ho chiesto io” Doye si guarda le unghie con noncuranza. “Rispondi alle domande che ti fanno, maleducato” Tidus non si arrende: “Ma...ma la domanda l’ho fatta prima io!” “Si, ma poi te l’ho chiesta io, perciò ho la precedenza...” “Ma quale è il senso di tutto ciò???” “Non ti curar di loro, ma guarda e passa...” “E questo cos’è adesso???” Doye scuote la testa con un sorriso di tenerezza sulle labbra. Dimentica sempre che non tutti possiedono la sua stessa preparazione culturale: “Pirandello, amico...” “Vabbè, sia quel che sia!” dice Tidus, deciso a non mollare. “Io non ti dico chi nessuno, se tu non lo dici per primo” Doye si soffia sulle unghie. “Qui è lo stesso per me...” “E anche per me!!” sbotta Tidus, testardo. “Va bene...” “Va bene!!” “Possiamo anche andare avanti tutto il giorno, se vuoi...” “Per me va benissimo!!!!” “Contento tu...” Tidus tentenna. “C-che significa? In che senso?” “Se hai tutto questo tempo da sprecare...” insinua Doye con tono mellifluo. “M-ma, se sei stato a cominciare!” “Chissà cosa staranno dicendo i lettori a vedere tute queste righe scritte inutilmente...” “M-ma...” Il povero biondino balbetta, incerto, ma Doye lo incalza inesorabile. “Diranno: -Oh, ma guarda questo qua, come si perde in discorsi senza senso, che diavolo sta a fare in questa storia? La rallenta e basta! Mandiamo un e-mail all’Autore per farglielo cancellare- ecco, cosa diranno. Tu non vuoi essere cancellato, vero biondino?” “C-certo che no, m-ma...” Doye alza le braccia, in cenno di resa: “Va bene, va bene, io ci ho provato, ragazzo, fà come vuoi” “C-che significa? Che c’è?” Doye sospira addolorato e scuote la testa: “Se vuoi farti cancellare, fai pure...io non ti fermerò di certo, se questa è la tua volontà...” Con un sonoro Creak, Tidus si trasforma in una statua di sale. Al solo pensiero di quel terrificante destino, la mascella gli casca per terra con un tonfo e gli occhi gli schizzano fuori dalle orbite stile Willy il Coyote e un forte colore rossastro comincia a lampeggiargli sulle guance, facendolo assomigliare a un semaforo rotto. “VA BENE. VA BENE!!” urla a squarciagola, mettendosi forzatamente seduto sulle ginocchia. Si inchina e dà la testa contro la roccia ripetutamente. “MI SCUSI, NON LO FACCIO PIU’!!! IO MI CHIAMO TIDUS, HO 19 ANNI COMPIUTI DA POCO E FACCIO IL BLITZBALLER!! E’ UN PIACERE PER ME CONOSCERLA, ECCELLENZA!!!” Uno scintillio di soddisfazione appare negli occhi di Doye, mentre, con un gesto coinvolto, solleva entrambe le braccia e si esibisce nel gesto a doppia V della vittoria: “Il pollo c‘è cascato...missione compiuta!” Tidus ha ancora la forza di ribattere: “TI HO DETTO DI NON FARTI VEDERE QUANDO FAI COSI!!!” “Uhm, ma quanto urli...ragazzo” chiede Doye, guardandolo di sottecchi con le braccia ancora alzate. “Tidus, mh? Ho già sentito questo nome, però non mi ricordo dove...ad ogni modo, hai mai pensato di farti vedere da uno psicanalista?” Tidus si accascia al suolo senza un lamento. Doye lo osserva per qualche istante con fare pensoso: “Uhm, lo prendo per un si...” Batte le mani, poi continua. “Bene, caro Tidan, adesso ti sei guadagnato la possibilità di fare conoscenza con l’illustre sottoscritto!” “Mi chiamo Tidus...” ripete, sconsolato, il ragazzo, rialzandosi in piedi. Doye si schermisce: “E io che ho detto? Tadan!” “Si...” Persa ogni energia, Tidus si limita ad annuire. “Vabbè...devi sapere, caro Tiesnan, oggi è per te un giorno molto, molto fortunato!” “Davvero? E io che pensavo fosse una giornata orrenda...” “...farò finta di non aver sentito, ragazzo...ad ogni modo, anche s enon te ne rendi conto, bacato come sei, oggi ti è stata offerta un’opportunità irripetibile” Una strana luminescenza appare nell’aria. “Perchè oggi, un angelo è sceso per rendere più bella la tua stupida e inutile vita!” Stelline e lucette cominciano a danzare intorno a Doye. In sottofondo si sentono le note soffuse di un coro gospel. “Perchè lo sappiamo tutti che la tua vita è piena di insoddisfazioni e frustrazioni, vero? Beh, non devi più preoccuparti, perchè a partire da questa irripetibile, fantastica giornata cambierà tutto!” Le stelline si riuniscono nella parte alta della caverna e cominciano a piovere, dando luogo a una pioggia di stelle cadenti in uno spazio di quattro metri quadrati. Dal coro gospel comincia a levarsi una voce acuta. “Sei stanco di sopportare tutti i problemi che ti cadono addosso? Non puoi più convivere con te stesso? Da oggi diventerai una persona migliore, perchè da questo momento tu...conosci...il grande...il magnifico...” Doye spalanca le braccia in un gesto teatrale. Il coro gospel sale in un crescendo. Le stelline si avvolgono con le luci e si compattano in un’unica sfera luminosa, che esplode in una bagliore lucente assieme all’ultima nota, in un grande, magnifico, gran finale. “DOYEEEEEEE!!!!” Le luci si spengono con una pioggerellina di scintille che cade su Doye. Il nano le accoglie con le braccia ancora spalancate, con gli occhi chiusi e un’espressione beata in volto, mentre, in sottofondo, il coro sfuma lentamente fino a spegnersi. Tidus, che ha osservato tutto lo spettacolo a braccia conserte, inarca un sopracciglio: “Dove hai comprato tutta quella roba?” A Doye spuntano istantaneamente zanne e corna, e i suoi occhi sprigionano lampi di fuoco. “Hai capito almeno quello che ho detto????” “Hai detto che ti chiami Doye, no? Mai sentito...” Un secondo dopo, Doye è in un angolino a fare cerchietti nella polvere con un bastoncino con tutt’attorno una nuvoletta di depressione con tanto di fulmini. “Va bene, scherzavo, dai, non fare cosi” cerca di tirarlo su Tidus, battendogli pacche rassicuranti sulla spalla. Recuperato Doye, i due si siedono contro il muro per chiarire le idee. Non che sia possibile, ma di sicuro peggio di cosi non si può. “Quindi, fammi capire” esordisce Tidus, scettico. “Tu saresti una specie di angelo?” Doye resta per un attimo in silenzio.
[Flashback]
Spazio profondo. Il pianeta si avvicina rapidamente. Doye comincia ad intravedere la forma dei continenti. La voce del computer di bordo lo raggiunge per le ultime istruzioni. “Gli abitanti dei luoghi in cui sarai inviato non dovranno scoprire che sei giunto da un altro mondo. Le loro storie sono già state indebolite a sufficienza e non possiamo permettere che un intervento esterno le danneggi ulteriormente. Per questo dovrai presentarti come un viaggiatore, un alleato, anche come un angelo se vuoi, hai tutte le carte in regola per presentarti nel modo che preferisci” Doye è dubbioso: “Tante grazie, dato che ci stai mi dai pure un motivo perchè dovrei aiutare questi rimbambiti?” “Perchè se non ti presenti sotto falso aspetto, quando torni ti faccio a fettine e ti riporto all’Autore come frullato” “Sei molto convincente quando vuoi, sai?”
[Fine Flashback]
Doye ci pensa un attimo su, poi lo guarda come se fosse pazzo: “E questo dove l’hai sognata, Taderan? Mai detta una stupidaggine del genere!” Tidus strabuzza gli occhi. “Ma se l’hai detto prima!” “Prima quando?” “Prima! Quando....quando hai fatto quella presentazione strana! Prima! Doye fa la faccia pensierosa: “Non ricordo...” “Aaaah, lascia perdere” Tidus si gratta furiosamente la testa, poi prosegue. “Ad ogni modo che ci sei venuto a fare qui? Non ti ho mai visto ed è tutto dire considerando che st’isola è larga un chilometro quadrato” “Beh...”
[Flashback]
Spazio profondo. Il pianeta si avvicina rapidamente. Doye comincia ad intravedere la forma delle montagne e delle colline. La voce del computer di bordo lo raggiunge per le ultime istruzioni. “E’ importantissimo che tu agisca in incognito! Se spargi ai quattro venti che c’è una minaccia che potrebbe far saltare in aria il loro mondo, quando torni ti passo sulla graticola e ti rimando dall’Autore dentro uno stracchino” “Mh? Hai detto qualcosa, rottame?”
[Fine flashback]
Doye ci pensa un attimo su, poi risponde: “Sono giunto per contrastare la venuta di una minaccia che potrebbe colpire quest’isola!” Cala un velo di silenzio, intervallato dal canto dei grilli acquatici. Tidus scruta Doye da capo a piedi: “Non è che hai bevuto qualcosa di strano ultimamente?” “CHE C’E?? ???” gli sbraita contro Doye. “SOLO PERCHE’ SONO BASSO, NON POSSO AVERE UN RUOLO COSI??” “No, no, non è per quello” si schermisce Tidus, agitando le mani. “E’ solo che...ehm...non dai proprio l’impressione di un tizio affidabile per una cosa del genere...” “E’ PROPRIO QUELLO CHE STAVO DICENDO!!! MA CHE VUOI FARE A BOTTE, BIONDINO???” Ormai a Doye è regredito allo stadio di belva feroce. Sputacchia per bene Tidus urlando ocme un pazzo, poi si calma e fa un verso di disprezzo. “Tsè, non ci crede, LUI, si crede un mito, LUI” Tidus ha la goccia stile manga: “E’ strano parlare da soli...” “Tsè!” Doye gli punta un dito contro, aggressivo. “E allora tu che stavi facendo prima di incontrare l‘illustre sottoscritto, eh? Spazzavi la strada?” Il volto di Tidus si adombra, non per un mancamento, ma perchè gli è tornata alla mente la spiacevole situazione in cui si trova. “Ecco...” tentenna; non trova le parole. “Ho litigato con la mia fidanzata...” “Come? Parla più forte!” incita Doye, con una mano sull’orecchio. “Ho litigato con la mia fidanzata...” “Che hai fatto??” chiede Doye, allibito. A quel punto non ne può più e sbotta, sfondando i timpani a tutti, grilli compresi: “HO LITIGATO CON LA MIA FIDANZATAAAA!!!!” “E CHE CACCHIO TI URLI???? HO CAPITO!!! ERA PER DIRE -Eeeeh, ma và?-” Tidus distoglie lo sguardo, offeso, e borbotta tra sè: “Se, era per dire...se, se...” “Comunque!” Doye tira fuori una pipa dalla barba e se la ficca in bocca. Poi, estrae anche un fiammifero e lo accende sfregandolo contro la roccia con un movimento esperto. In pochi attimi l’odore di tabacco riempie la piccola caverna. “Che hai combinato per farla arrabbiare, ragazzo?” Complice, comincia a dare di gomito a Tidus. “Hai messo gli occhi su qualche altra pollastrella, eh? Racconta tutto al vecchio Doye, dai, e non preoccuparti, la mia bocca sarà una tomba” Non che i fatti sentimentali di quel biondino ingenuotto gli interessassero più di una gomma sotto la scarpa, ma, dopo aver preso la botta in testa, il cervello di Doye si era rimesso inavvertitamente in moto e aveva sbloccato vecchie memorie sepolte che potevano tornare molto utili in quel momento. Ci era voluto un bel po’ per ritrovarle: l’omino verde che abitava in una casetta nella parte bassa del cranio aveva dovuto versare parecchio olio sugli ingranaggi arrugginiti, ma alla fine ne era valsa la pena, e una piccola lampadina con le gambe e le braccine, un’idea, era corsa ad informare i piani alti battendo in alfabeto Morse con la scopa contro il soffitto. Ricevuta la notizia, uno dei due neuroni non ancora emigrati a Ibiza era corso a suonare la sirena posta appena sotto l’orecchio destro e aveva bisbigliato l’incredibile notizia dentro l‘altoparlante: quel tizio, Tidus, non era un Tailandese immigrato in un videogioco di Giapponesi, come aveva pensato Doye all’inizio; era proprio il protagonista di quella storia. Appena era venuta a conoscenza di ciò, la calcolatrice malvagia posizionata al centro del cervello aveva subito iniziato a progettare un machiavellico piano per sfruttare quel fatto a favore del suo ospite: se Tidus era l’eroe protagonista di quel mondo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerlo. Quindi sarebbe bastato dirgli che una grave minaccia pendeva sulla salvezza dei suoi cari e Doye avrebbe anche potuto appendere le scarpe al chiodo e passare una vacanza in spiaggia, tanto ci avrebbe pensato il biondino a risolvere tutto. Il progetto era stato ritenuto buono dal geometra del catasto, diplomato a pieni voti con la terza elementare, che supervisionava il lavoro del cervello leggendo il giornale, fumando come un turco e mettendo timbri su tutto quello che gli passava sotto il naso, ed era stato inviato al centro della consapevolezza nervosa, una trombetta, che l’aveva fatto arrivare a Doye. Adesso, sicuro di quel piano infallibile, il nano se la ridacchia bellamente sotto i baffi, già pensando se, una volta in spiaggia, prendersi una bevanda di mango o una al cocco, il tutto senza rendersi conto che si è intoppato a fare l’occhiolino alla sua ignara vittima. La vittima in questione, Tidus, si allontana di scatto dal nano, metà scandalizzato e metà schifato: “Non fare l’occhiolino! Fai impressione!” afferma. “Se Yuna scopre che penso a qualcun altra, ci finisco io dentro una tomba! E poi non la tradirei mai! Cioè, ci sono volute 40 ore di gioco per capirlo, però io le voglio bene!” “Se, se...le api, i fiori...conosco la storia...” commenta Doye annuendo con la testa. Poi, vedendo lo sguardo interrogativo di Tidus: “Niente, niente, lascia stare, quando sarai più grande te ne parlerò un po’ meglio...” Fa una pausa per togliersi la pipa di bocca e soffia una nuvola di fumo in faccia a Tidus. “Quindi? “Quindi...coff...cosa?” boccheggia, immerso nella nube, Tidus, che non ha mai sopportato il tabacco neanche a vederlo da lontano e adesso gli sono venuti gli occhi rosso sangue e il colorito a pallini azzurri. Doye scuote la testa e sospira, rilasciando l’anidride carbonica di una cisterna di Coca-Cola: “Devi sapere, caro Tiduban, che ogni volta che succede un litigio nelle sceneggiature viene sempre messo che la colpa è del maschi. E, conoscendo quel fetente dell’Autore, credo che succeda lo stesso pure adesso” Tidus è sbigottito: “Ma che diavolo...” “Su, non farti pregare, Tebenan!” A quelle parole il ragazzo si piega. “Oh, no, ci stiamo allontanando sempre di più dalla pronuncia giusta...” “Il Narratore non intendeva in quel senso, Toad” “Uff, beh...ecco...” Tidus sembra titubante. Un vago rossore gli affiora sulle guance. “Beh?” lo esorta Doye, ansioso. Quello era solo il primo passo per conquistarsi la fiducia di quel biondino. Magari lo avrebbe anche aiutato a fare pace con la fidanzatina, cosi poi avrebbe fatto quello che lui diceva. “Muahahahahah, ma quanto sono cattivo” dice, fregandosi malvagiamente le mani. “Uhm, non so se mi piace il suono di quella risata...” Solo in quel momento, Doye si accorge di aver parlato ad alta voce. “Eh-ehm, no, era la raucedine, dicevamo?” “Nessuno crederebbe a una scusa cosi banale...” “Tu credici! E parla altrimenti mi appello al sindacato e ti faccio radiare dalla storia!” “Quale sindacato?” “Zitto e racconta, Tisber!” “Uff, va bene...va bene...senti...” Doye tende l’orecchio. Già sta preparando una decina di metodi anti-litigio, che gli erano stati consigliati dalla nonna... All’improvviso, un urlo di donna risuona all’esterno, interrompendo la discussione tra i due. “Che succede?” chiede Tidus, allarmato. Doye, con gli occhi iniettati di sangue e un sorriso a 3000 denti appuntiti, si trattiene dal andare a controllare con un randello placcato d’acciaio: “Chi lo sa?” chiede a denti stretti. “Dovremmo, anzi, dovresti andare a vedere, vero?” Non arriva nessuna risposta. Tidus è già fuori dalla grotta e sta correndo verso il sentiero, da cui è giunto l’urlo. Doye lo guarda allontanarsi con un espressione seria. Scuote la testa, sospira, poi con fare estremamente cool dice: “Beh, a sto punto non resta che farsi una pennichella” Non fa manco a finire di pensarlo che un raggio di luce scende dal cielo e gli si posa sopra. “Ti ho puntato con il raggio distruggi-pianeti caricato alla massima potenza, se non gli corri dietro, premo il grilletto” dice la voce familiare del computer. Doye è felicissimo di sentirlo, tanto che tre secondi dopo sta correndo goffamente sulla scia d Tidus, mugugnando tra sè e borbottando frasi che non possiamo ripetere a casa della convenzione di Ginevra. In lontananza, si sente giungere un canto stonato, ma Doye è troppo impegnato a sfogliare il calendario dei Santi per farci caso.
Suona chitarra, falli divertire! Suona chitarra, non farli mai pensare! Suona chitarra mia!
Suona, chitarra, suona i tuoi accordi! Suona più forte, che si diventi sordi! Tutto è già passato E’ già dimenticato E solo chi oggi è buono Domani avrà il perdono, Il foglio del condono!
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