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When three worlds collide, Titolo in inglese perché mi manca la fantasia

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Orfeo della Lira 2
CAT_IMG Posted on 24/11/2011, 22:18




Titolo: When three world collide
Autore: Orfeo della Lira 2
Fandom: Crossover(principali: Touhou, Mahou Sensei Negima, To Aru Majutsu no Index)
Rating: Arancione(per sicurezza)
Avvertimenti: probabili shounen-ai/shoujo-ai, spoiler
Trama: Tre mondi differenti. Da tempi immemori, essi interagiscono fra di loro. Ma di questo ne sono a conoscenza in pochi. Cosa succede quando a venire a sapere questo segreto sono in tanti?
La risposta è una sola.
Guerra.

Pairing: Da decidere
Note: un grandissimo grazie a Panchito/Mr.Bianconiglio per il betaggio.

Prologo: Runaway of the Lunarian Princess.

“Hourasain Kaguya.”
La voce rimbomba all’interno della piccola, vecchia, stanza quadrata. Vi si respira un’aria antica, fatta di furti e tradimenti, di omicidi e di viltà, di tradimenti e di necessità.
“Nonostante lei sia della famiglia reale”
Al centro, una bellissima fanciulla. Tutto di lei traspare nobiltà: dal suo sguardo fisso davanti a sé al modo in cui tiene le mani, delicatamente appoggiate alla sbarra di legno, invecchiato dal tempo.
“Ed unica erede al trono”
Ha dei lunghi capelli corvini, lunghi fino alla vita, perfettamente lisci. Cosa strana, verso la fine assumono un colorito bluastro.
“Per il crimine di aver bevuto l’Elisir”
Dietro di lei, l’unica porta, incassata nel muro, dove stazionano due guardie, sentinelle immobili in attesa del verdetto finale. Di fronte a lei, disposti a mo’ di platea, quarantadue uomini, seduti a dei lunghi tavoli di legno, finemente intarsiati e ancora ben conservati, nonostante il logorio del tempo.
“Ed essere di conseguenza diventata immortale”
Tutti con il volto coperto. Coperto da delle maschere bianche. Inespressive ed insofferenti a qualsiasi tormento o grido di pietà.
“Commettendo così un crimine contro Natura”
Quella vista le fa venire il voltastomaco. È quella la giustizia?
“E contro le leggi fondamentali della nostra società”
Non ha neanche il coraggio di farsi vedere in volto?
“La pena prevista”
Ha paura di ritorsioni?
“È”
Teme che il suo spirito possa tornare a tormentarla?
“La morte”
Divertente, pensa Kaguya, sollevando lo sguardo. Gli occhi color ambra guardano null’altro che maschere bianche, tutte identiche. Uccidere un immortale. Sorride.
“Tuttavia”
Kaguya aggrotta le sopracciglia.
“In quanto tale pena non è applicabile”
La ragazza inizia a tormentarsi i capelli e per la prima volta muove di poco gli occhi dai giudici. Se non è la pena di morte, allora…
“Viene dunque trasformata in esilio a vita”
Kaguya prende un lungo respiro per non perdere la compostezza.
“Sulla Terra”
La sentenza è più dura di un pugno nello stomaco. Di tutti i posti dove poter essere esiliata, proprio la Terra?
“Questo consiglio così ha deciso”
In mezzo a quegli esseri inferiori, così lontani dalla perfezione a cui è abituata?
“Portate via la condannata.”
Gli occhi di Kaguya si stringono per l’odio, mentre due guardie la prendono per le spalle. Lancia un ultimo sguardo, affilato come un coltello, contro i giudici.
“Il trasferimento avverrà domani all’alba.”
Domani all’alba, pensa Kaguya. Per allora sarà già lontana.

La notte sopraggiunge, infine.
La popolazione dorme, si riposa dopo una lunga giornata di lavoro.
Ma si riposa anche dal clamore: la loro principessa è divenuta immortale e sta per essere esiliata per sempre.
“È davvero una cosa così cattiva?” Chiede una bambina, portandosi un ditino sulle labbra.
“Certo che lo è!” Risponde un uomo anziano.
“Ma perché?”
“Perché! È così e basta, e adesso vai a dormire che è tardi.”
La bambina non è convinta, ma si mette sotto le coperte.
“Buonanotte, Reisen.” Dice il vecchio, scompigliandole i capelli.
“Buonanotte, nonno.”
La notte cala su Reisen, mentre si chiede se avere paura della morte davvero è una colpa tanto grave.

Tutti dormono. O meglio, quasi tutti.
Le guardie della prigione continuano a sorvegliare la cella della detenuta più importante. Nonostante sia una principessa, non ha ricevuto un trattamento di favore: la cella è piccola, buia e angusta, tracce di umidità sono presenti negli angoli, dove la muffa inizia a comparire. Ad illuminare la cella, una piccola finestra quadrata, grande a malapena quanto una testa umana, chiusa da tre sbarre di acciaio. Fuori dalla cella, ci sono cinque persone. Hanno tutte delle orecchie da coniglio che penzolano loro dalla testa e gli occhi rossi. Una di loro sbadiglia, e cade a terra addormentata. Una dopo l’altra, cominciano a cadere a terra, addormentate.
“Ma che?” Biascica l’ultima, prima di crollare a terra come le altre sul freddo pavimento.
Nel corridoio si sentono dei passi. A quel suono, Kaguya apre gli occhi. Piano a piano, dall’oscurità inizia ad emergere una figura; dapprima appare come un’ombra indistinta, poi incominciano a delinearsi i lineamenti, ed infine davanti la cella appare una giovane donna, dai lunghi capelli corvini, legati in una treccia. Indossa una divisa da infermiera blu e rossa.
“Lady Kaguya.”
La ragazza in gabbia guarda l’altra negli occhi. L’ambra incontra il verde.
“Eirin…”Dice. L’altra ragazza poggia la mano sulla serratura della porta. Con un sonoro schianto, la serratura si rompe, liberando Kaguya dalla prigionia.
“I preparativi sono pronti. Và, ora. Non posso aiutarti più di così.”
La principessa annuisce.
“Grazie, Eirin.”
La principessa fugge dalla prigione, mentre Eirin prende una siringa e si inietta qualcosa nel braccio.
“Ora di dormire” dice, prima di crollare anche lei a terra come tutte le altre.

Tutti dormono nella città.
Le strade asfaltate sono illuminate solo dalla luce artificiale dei lampioni. Kaguya corre a perdifiato, mentre il suo ansimare risuona per le fredde e vuote strade. Non è mai stata brava a correre, lei, sempre chiusa nel suo perfettissimo palazzo, circondata dalla sua perfetta famiglia, e dalla sua perfetta città. Non riesce a credere a ciò che sta per fare. Si ferma un secondo a prendere fiato.
L’ultima beffa di Kaguya Hourasain, una beffa fatta sia alla città che a lei stessa.
Autoesiliarsi sulla Terra.
“Eccola! È lei!”
Kaguya si gira, senza fiato. Una guardia la sta additando.
Inizia a correre più forte che può. Sente i passi delle guardie dietro di sé.
Gira in un angolo.
Sente i colpi sibilarle accanto.
Una pallottola le colpisce la spalla, la veste si tinge di cremisi.
Digrigna i denti per non urlare.
Tuttavia, il dolore sparisce subito, mentre la pallottola esce dalla ferita che, in pochi secondi, è completamente rimarginata.
Continua a correre per le vie della città, superando case, negozi e parchi.
I colpi di fucile continuano a risuonare per la città.
Una pallottola la colpisce alla gamba, costringendola a rallentare l’andatura.
Si rifugia in un vicolo, assicurandosi di non essere vista.
I passi si fanno sempre più vicini.
La ferita è quasi guarita, ma faranno prima a catturarla.
“Ehi, bambina, non lo sai che è pericoloso andare in giro a quest’ora?”
Bambina?
“Io ho visto dov’è andata.” Dice.
“E dov’è andata?”
“Da quella parte.”
“Grazie bambina, adesso però torna a nanna, eh?”
“Okay!”
Il rumore di passi si allontana.
“Puoi uscire ora!” Dice la bambina.
Kaguya si affaccia dal vicolo dove si è nascosta.
Una bambina stava lì, per strada, con un pigiama a righe, ed un coniglietto di peluche in mano. Delle orecchie da coniglio le penzolavano dalla testa.
“Stai tranquilla principessa, li ho mandati sulla cattiva strada!”
Kaguya si avvicina alla bambina, e le passa una mano sui capelli lilla.
“Come ti chiami, piccola?”
“Reisen!”
Kaguya le sorride. Un sorriso caldo e gentile, colmo di gratitudine.
“Grazie, Reisen. Ora va a casa, mi raccomando.”
La bambina annuisce, poi si mette a saltellare in direzione della propria casa.

“Ci siamo.” Dice Kaguya, ansimando.
Davanti a lei, una grande piazza, con un enorme macchinario al centro.
Avanza a passi lenti. Ansima, è stremata, ma continua a camminare.
Un click la fa girare. Un intero plotone la sta mirando con i fucili.
Kaguya sorride.
Spettatori. Spettatori per la sua ultima beffa a quella città.
Ma anche l’ultimo ricordo di quella perfezione che si apprestava a perdere per sempre.
Mette una mano su una leva.
Una raffica di proiettili la centra, facendola accasciare al suolo. Mentre il sangue sgorga copioso e le inzacchera le vesti, si rialza a fatica, mentre le ferite si richiudono.
Abbassa la leva.
Con un rumore assordante, il macchinario si mette in funzione.
La piazza si illumina.
Gli ordini dei soldati vengono coperti dal frastuono della macchina.
In un lampo, Kaguya sparisce.
Subito dopo, una assordante esplosione disintegra il macchinario.

Il mondo le vortica intorno. Vede attorno a sé le piante di bambù, una fitta foresta. Il mondo gira, gira, gira.
Alla fine si ferma.
Stremata, finalmente Kaguya chiude gli occhi, per addormentarsi.
 
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CAT_IMG Posted on 24/11/2011, 23:05

Dio dell'Het, del Crossover, della Frutta di Bosco e del Sadomaso (gusti variegati, eh?)

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eh, su EF c'è una storia identica scritta da qualcun altro... ha il tuo benestare o ti sta solo plagiando?
 
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Orfeo della Lira 2
CAT_IMG Posted on 24/11/2011, 23:09




CITAZIONE (Crossovermanreload @ 24/11/2011, 23:05) 
eh, su EF c'è una storia identica scritta da qualcun altro... ha il tuo benestare o ti sta solo plagiando?

Sono io con un nick diverso x)
 
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Orfeo della Lira 2
CAT_IMG Posted on 27/1/2012, 21:56




Prologo 2: The saint-looking/demon-looking man

L’afa opprime uomini e bestie allo stesso modo: gocce di sudore imperlano la fronte dei venditori ambulanti, avvolti nelle loro sdrucite vesti; tentano di vendere la propria mercanzia ai passanti europei, gettandosi, come uno sciame di vespe, in mezzo alla strada alla loro vista, numerosi quasi quanto i ciottoli che compongono la strada stessa, berciando ed urlando; i mendicanti chiedono denaro, cibo o acqua, in nome di dei che non appartengono loro, per poi imprecare e maledirli quando le loro richieste non vengono esaudite. Il tanfo aleggia per la strada costellata di escrementi; qualche gallina razzola qua e là in mezzo al fango, ed un uomo spinge a fatica il suo carretto per il viottolo sudicio. La calca brulicante riempie la strada.
In mezzo a questa sporca folla avanza un uomo, immacolato.
Avanza per la strada con la schiena diritta, al contrario degli uomini de Il Cairo, con la schiena piegata a causa della fatica.
I suoi occhi e il suo sguardo fisso non trasmettono nulla, se non incuranza della povertà e del degrado che lo circondano.
Il suo nome è temuto e rispettato dal lato nascosto del mondo.
Aleister Crowley.
Cammina lentamente per le vie del Bazaar di Khan el Khalili, il mercato principale de Il Cairo.
Nessuno osa avvicinarsi a lui, forse a causa di quell’aura di sacralità che sembra avvolgerlo.
Nessuno, tranne un venditore ambulante che gli si avvicina trotterellando.
“Che il tuo dio sia lodato” dice.
Aleister lo guarda in faccia.
L’ambulante ha la carnagione scura – un abitante del luogo, indubbiamente – ed ha folti baffi neri. Esibisce un sorriso irregolare: i denti sono gialli e sorti. Gliene mancano un paio.
“Ti prego, compra qualcosa. Ho dei figli da mantenere.”
L’europeo avanza, ignorandolo.
“Una buona azione spalanca le porte del Paradiso, signore.”
Aleister si ferma.
“Va bene. Ma dovrai seguirmi a casa, non ho soldi con me al momento.”
L’egiziano annuisce, soddisfatto.

I due uomini avanzano tra i vicoletti della città. Superano le grida dei bazaar e le risate dei bambini, ed arrivano in un viottolo buio, oscurato dai tetti delle case più alte.
L’europeo infila la mano in una tasca, e ne estrae una grossa chiave di ferro.
La sta per infilare nella toppa della porta, ma si ferma.
“La Dawn-Coloured Sunlight non ha nessuno di meglio da mandare?”
“Come dice?” chiede l’egiziano.
L’inglese si gira a guardarlo. Un luccichio sinistro è presente nei suoi occhi. Un luccichio che avrebbe fatto venire brividi di terrore anche al più coraggioso degli uomini.
“Sei un mago di pessimo livello.” Commenta Alesteir, con voce monotona.
“M-mago? Non penso di capire, signore.”
“Il tuo livello di mana è talmente basso che a fatica si nota. Con una potenza del genere non potresti far del male nemmeno ad una mosca. Men che meno uccidere me.”
“Sta zitto!” urla rabbioso l’egiziano.
Ma Alesteir continua imperterrito: “Sembra che ti abbiano mandato come carne da macello. Ti hanno almeno detto chi avresti dovuto uccidere?”
Silenzio.
“Suppongo di no. Lascia che ti informi allora su chi sia il tuo obiettivo.”
Un sorriso sinistro si allarga sul volto dell’inglese.
“Il mio nome è Aleister Crowley.”
A sentire quel nome, l’uomo spalanca gli occhi.
Alcuni uomini perdono la capacità di pensare razionalmente di fronte alla paura.
L’egiziano corre verso il suo nemico, urlando, con le mani avvolte da fiamme cremisi.
Aleister apre la mano, con calma serafica, una calma che stride con il suo sorriso sinistro.
Di colpo, l’egiziano viene sollevato da terra da una forza sovraumana.
Quando realizza di non poter più muovere gli arti, muove gli occhi, freneticamente.
Con un rumore secco, il mago si accorge che le sue ossa si stanno spezzando.
Cerca di urlare, ma non può: le sue corde vocali si sono strappate.
Sente le vene esplodere ed il sangue defluire all’interno del suo corpo.
Lacrime di dolore e paura gli rigano le guance.
L’ultima cosa che vede prima che gli occhi gli esplodano è il sorriso maniacale di Aleister Crowley.
L’inglese chiude di colpo la mano.
Dell’altro uomo non rimane più nulla.

Aleister Crowley entra in casa.
È una casa piccola, quadrata e poco arredata.
Un cucinino è ammassato al muro di fronte la porta, mentre un letto è posto a destra, sotto una finestra.
La parete di sinistra è occupata da una libreria, piena di libri.
Al centro della stanza c’è un tavolo.
Sopra di esso c’è una candela, accesa.
Vicino ad essa, dei fogli bianchi, un calamaio ed una penna.
Aleister si siede e la prende in mano.
Rimane in attesa.

Dopo un’attesa di quasi due ore, finalmente accade ciò che Aleister aspettava.
Un vento innaturale fa spegnere la fiamma della candela.
L’interno della casa viene completamente avvolto da una luce abbagliante, in mezzo alla quale si intravedono dei lineamenti umanoidi: un corpo sottile, quasi femminile, coperto solo da una veste bianca; capelli lunghi fino alle mani; uno sguardo inespressivo. Una luminosa aureola splendeva sul suo capo. Lunghi capelli di un biondo così chiaro da parere bianco scendono fino all’altezza delle sue mani.
Apre bocca.
Da essa, escono parole che nessun umano può capire.
Aleister cade in trance, ed incomincia a scrivere:

‘1. Had! The manifestation of Nuit.
2. The unveiling of the company of heaven.
3. Every man and every woman is a star.
4. Every number is infinite; there is no difference.
5. Help me, o warrior lord of Thebes, in my unveiling before the Children of men!
6. Be thou Hadit, my secret centre, my heart & my tongue!
7. Behold! it is revealed by Aiwass the minister of Hoor-paar-kraat.
8. The Khabs is in the Khu, not the Khu in the Khabs.
9. Worship then the Khabs, and behold my light shed over you!
10. Let my servants be few & secret: they shall rule the many & the known.
11. These are fools that men adore; both their Gods & their men are fools.
12. Come forth, o children, under the stars, & take your fill of love!
13. I am above you and in you. My ecstasy is in yours. My joy is to see your joy.’

Passano tre interi giorni prima che Aleister si risvegli dalla trance.
L’entità soprannaturale conosciuta come Aiwass non c’è più.
Sopra il tavolino c’è un libro.
È il dieci aprile del millenovecentoquattro.
Il Liber Al Vel Legis è stato scritto.
 
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