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Fullmetal Alchemist Reload: Capitolo 43

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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 17/5/2012, 19:35




Insomma, siamo arrivati praticamente alla fine. Per quanto mi riguarda dovrebbe essere l'ultima volta che presento un capitolo di Fullmetal Alchemist Reload.
Perciò, buona lettura e ci rivediamo per l'epilogo!
Commenti e opinioni renderanno migliore la versione Advanced.

CAPITOLO 43 – Il Portale
L’ascensore che portava alla Città Sommersa era piuttosto veloce, ma la discesa richiese comunque alcuni minuti. Mentre il gruppo scendeva nelle profondità della caverna, Reina ne approfittò per informare il fratello che aveva svelato agli altri il segreto di Shambala.
“Lo immaginavo” disse Roy. “È dalla prima volta che mi hai confidato di volerlo dire agli altri che mi aspettavo una cosa del genere da parte tua...”
“È incredibile che siate stati voi due a creare il luogo dove siamo nati io, mio fratello e praticamente tutti quelli che conosciamo” intervenne Al, ammirato.
Roy si rabbuiò.
“Mi dispiace che ultimamente le cose abbiano preso una piega negativa, ma in fondo questo mondo non è mai stato sotto il nostro controllo” disse. “Io e Rei lo abbiamo creato sperando semplicemente che fosse migliore di quello in cui vivevamo. Non avremmo mai immaginato che il nostro desiderio si sarebbe concretizzato in qualcosa di reale, qualcosa che cresceva e cambiava spontaneamente.” Sorrise amaramente. “È stato davvero un comportamento infantile credere che sarebbe stato un mondo perfetto...”
Finalmente l’ascensore si fermò. Le porte si aprirono e i sei si ritrovarono di fronte un corridoio debolmente illuminato da alcune torce. Sembrava deserto.
“È decisamente una trappola” sentenziò Edward, ma fu comunque il primo a uscire dall’ascensore, seguito dagli altri.
Si guardarono intorno con circospezione, ma sembrava tutto tranquillo. Stavano quasi per ricredersi a proposito della trappola, quando Hohenheim, senza accorgersene, mise il piede su un simbolo scolpito nel pavimento, un sole. Il tratto era talmente sottile che a malapena si vedeva. Il simbolo s’illuminò e da esso si levò una specie di campo di forza che imprigionò l’uomo.
“Papà!” esclamò subito Al, correndo verso di lui per aiutarlo.
“Fermo, è una trappola!” gli gridò l’uomo, ma era troppo tardi: anche Al fu catturato da un altro simbolo, una luna, scolpito a pochi passi da quello in cui era rimasto imprigionato Hohenheim.
Nessuno ebbe la possibilità di fare nulla perché non appena entrambe le Pietre Filosofali furono intrappolate si attivò anche il resto del cerchio alchemico, che imprigionò anche gli altri. Il pavimento si fece molle come sabbie mobili e i sei cominciarono a sprofondare.
“State calmi, è solo un sistema di trasporto a breve distanza. Ho aiutato io Dante a perfezionarlo” riconobbe Hohenheim. “È un trucco per dividerci, probabilmente ci ritroveremo tutti in posti differenti all’interno della villa. C’é un teatro collegato a questo edificio, e ci sono buone probabilità che lei sia là.”
“Allora dirigiamoci lì” disse Ed con decisione. “Cercate tutti di presentarvi all’appuntamento, o non ve lo perdonerò mai!”
Poi scomparve, e dopo di lui anche agli altri toccò la stessa sorte.

Edward cadde giù dal soffitto in una stanza completamente vuota a parte per una vasca piena d’acqua proprio al centro. La luce che le passava attraverso creava dei giochi colorati sul pavimento. Si rialzò e si guardò intorno con cautela, poi fissò attentamente anche il pavimento per paura che ci fosse un’altra trappola, ma le piastrelle di marmo erano lisce.
Improvvisamente dalla vasca cominciò a colare dell’acqua, che si sparse sul pavimento a formare una pozza. Da questa si sollevò una figura umana prima indefinita poi sempre più chiara, finché Ed non la riconobbe: era Sloth, l’Homunculus di Trisha.
““Sono molto felice che la mia padrona abbia fatto in modo che sia tu a combattere contro di me, Edward”” disse con un sorriso.
Ed sentì una stretta al petto: era lo stesso tono con cui sua madre si complimentava con lui per i suoi successi con l’alchimia.
“Facciamola finita. Dante vuole che tu mi fermi, giusto?” Gli occhi color oro del ragazzo si fecero duri. “Provaci.”
Per tutta risposta, Sloth allungò la mano e la trasformò in un tentacolo d’acqua per cercare di colpire Ed, che però riuscì a schivare e rotolò dietro la vasca. La donna fece un sorriso soddisfatto e colpì violentemente il contenitore, che si spaccò e riversò il suo contenuto sul pavimento. Ed si riparò con le braccia dalle schegge di vetro, ma quando riaprì gli occhi l’Homunculus era scomparso.
“Che diavolo...” mormorò, ma improvvisamente l’acqua ai suoi piedi esplose verso l’alto e un tentacolo d’acqua gli si avvolse intorno al collo, alla bocca e al naso.
Il ragazzo si ritrovò ad annaspare, immerso in una pellicola d’acqua che lo stava letteralmente annegando senza poter fare nulla. La mente gli si annebbiava mentre le bollicine d’aria gli sfuggivano dalla bocca, ma all’ultimo momento riuscì a battere le mani e a congelare l’acqua. Sloth si sottrasse all’ultimo momento e rimase a guardare il ragazzo che strappava via il tentacolo congelato.
““Pensavo che combattere contro di te mi avrebbe dato più soddisfazione”” disse con tono inespressivo. ““Invece devo proprio dire che mi deludi. Cos’é, non riesci a colpirmi per via della mia faccia?””
Ed, ancora tremante e con pezzetti di ghiaccio tra i capelli, abbassò lo sguardo: sebbene quel tono non appartenesse a sua madre, le parole che aveva pronunciato erano vere.
La donna cominciò a mulinare furiosamente le braccia tentando di colpirlo con delle specie di fruste d’acqua. Ed riuscì a malapena a schivarli. Continuava a fissare quel volto, il volto di sua madre, e sentiva che la sua volontà di combattere veniva meno.
““Forse è giusto così: il tuo destino è quello di morire per mano dell’Homunculus che tu stesso hai creato. Che fine poco dignitosa per il famoso Alchimista d’Acciaio...”” disse Sloth mentre le sue frustate si avvicinavano sempre di più al ragazzo. ““Sembra quasi che tutto ciò che hai fatto in questi anni non fossero altro che piccoli passi che ti avrebbero condotto qui, a questo momento, a questo scontro.”” Riuscì a colpirlo in pieno petto e a scaraventarlo contro una parete. ““Non ti è rimasto altro da fare se non morire.””
Ed si rialzò a fatica e fissò Sloth con odio.
“No, ho ancora una cosa molto importante da fare: devo riportare Al com’era prima, fosse l’ultima cosa che farò in questa vita!” gridò.
Cominciò a contrattaccare furiosamente tentando di colpire l’Homunculus abbastanza gravemente da farle consumare le Pietre Rosse, ma finché era nella sua forma liquida era impossibile: spuntoni di roccia trasmutati del pavimento, la sua lancia, la lama che trasmutava dall’automail, tutto inutile. Inoltre la donna si spostava velocemente utilizzando l’acqua sul pavimento e Ed non riusciva a prevedere da dove sarebbe comparsa. Durante le pause tra un colpo e l’altro, perciò, cominciò a far evaporare l’acqua con l’alchimia, finché non rimase solo il corpo di Sloth.
““Molto bravo, ma non è abbastanza.”” La donna gli si avventò contro, riuscendo ad avvolgergli un tentacolo d’acqua intorno al collo e a stringere. ““Guardami negli occhi e prova a colpirmi, Edward!””
“Scusami... ma tu non sei mia madre... e mio fratello mi sta aspettando” mormorò Ed.
Poi batté le mani e le immerse nel suo corpo d’acqua. Ci fu un bagliore e il corpo dell’Homunculus diventò traslucido.
““Cosa hai... fatto?”” mormorò lei.
“Ho ricomposto tutta l’acqua del tuo corpo in etanolo” rispose lui togliendo le mani. “Evapora a temperatura ambiente.”
““Sei stato... molto bravo...”” Il suo corpo diventava sempre meno consistente, trasformandosi in volute di vapore. ““Così è questa... la morte... Non pensavo che... dopo avermi portata in vita... mi avresti anche... portata alla morte...””
Edward voltò le spalle all’Homunculus di Trisha, ormai una semplice ombra evanescente, e si diresse verso la porta.
“Addio, Sloth. Mi dispiace che ti sia accaduto tutto questo.”
Poi corse fuori in cerca di Al.

Da un’altra parte del palazzo, nei sotterranei appena sotto il teatro, Alphonse cadde a terra con fragore in una stanza completamente buia. Fece per alzarsi, ma in quel momento sotto di lui si attivò un cerchio alchemico che lo immobilizzò di nuovo. La Pietra Filosofale reagì con il cerchio alchemico e ne modificò la forma: comparvero altri simboli e linee che attraversarono anche il suo corpo, lasciandogli dei segni neri simili a quelli che gli erano comparsi a Reole. Cercò di liberarsi, ma era come se delle catene invisibili lo tenessero legato al pavimento.
““Mi dispiace, ragazzino, ma il tuo destino non è quello di batterti con me”” disse una voce nel buio. Un fiammifero brillò e furono accese alcune candele in modo che Al potesse vedere chi aveva parlato: si trattava di Lust. ““Il mio compito è quello di assicurarmi che nessuno disturbi Quella Persona mentre realizza il suo piano, e visto che tu ne sei parte integrante in qualità di catalizzatore, non devo fare altro che stare qui a guardarti mentre ti consumi.””
“No!” gridò Al in preda al panico.
Improvvisamente si sentì senza forze e l’armatura ricadde sul pavimento con clangore. Tentò di muoverla, ma era come se non rispondesse più: era intrappolato nel suo stesso corpo.
““Hai capito adesso? Non puoi scappare da quel cerchio, è stato creato apposta per te”” disse Lust con tono calmo. ““Non vorrai peggiorare ulteriormente la situazione...””
“No, no, no! Qualcuno mi aiuti!” gridò Al.
Ma nessuno lo udì.

Hohenheim ricadde giù pochi metri più avanti nello stesso corridoio dove era scattata la trappola. Sorpreso si guardò intorno e anche a terra, ma con quella poca luce era impossibile capire se ci fossero altri cerchi alchemici. Prese una delle torce per illuminare meglio i suoi passi, ma così facendo fece scattare un’ulteriore trappola: un nugolo di frecce gli si piantò nel corpo, e lui cadde a terra, lasciandosi sfuggire di mano la torcia. Stringendo i denti si tolse i dardi uno a uno, gettandoli per terra. In pochi secondi le ferite si erano rimarginate. Raccolse la torcia e cominciò a correre lungo il corridoio, diretto verso il teatro. Mentre correva riuscì a evitare alcune trappole, ma ne attivò involontariamente altre. Una di esse, una lama affilata che piombò giù dal soffitto, gli tranciò di netto un braccio, e l’uomo fu costretto a ricrearselo con l’alchimia.
“E a questo che puntavi, vero Sarah?” disse mentre schivava alcuni pugnali. “Mi stai torturando come avevi promesso.” Uno dei pugnali gli si piantò nel petto e lui se lo tolse con un gemito, senza smettere di correre. “Stai cercando di consumare la Pietra Filosofale credendo che io sia arrivato al limite come te... Ma hai fatto male i tuoi calcoli: in questi anni ho sempre evitato di usare me stesso come catalizzatore. Credo proprio che, per tua sfortuna, non morirò nemmeno oggi...”

Reina cadde dal soffitto e si ritrovò in una stanza gigantesca che aveva tutta l’aria di essere un’armeria. Si guardò intorno e riuscì a schivare appena in tempo tre quadrelli metallici che s’infissero nel pavimento. Alzò lo sguardo verso il punto da cui era partito l’attacco e vide che si trattava di Wrath, che aveva trasmutato una balestra col suo braccio destro e stava prendendo la mira.
“Tu!” esclamò sorpresa. “Il figlio della signora Izumi!”
““Non chiamarmi così, io sono Wrath!”” gridò il ragazzino, scagliando contro di lei altri tre dardi.
Reina schivò e trasmutò il suo scettro in uno scudo, col quale parò i colpi di Wrath. Dopodiché afferrò una lancia e gliela scagliò contro. Questo rise, appoggiò la mano per terra e trasmutò la sua pelle in pietra, facendovi rimbalzare contro la lancia. Dopodiché afferrò un’ascia dalla parete e se la trasmutò nel braccio. Reina afferrò uno stocco e sollevò di nuovo lo scudo d’argento, parando il colpo del ragazzino.
“Perché ti comporti così? Tu sei il figlio di Izumi e Shigu, non puoi negarlo!” gridò.
““Zitta! La mia mamma è solo la signora Dante! Lei mi ha accolto dopo che ero stato creato per errore e poi abbandonato da quella donna!””
Wrath afferrò una spada corta e ricurva e cominciò a menare fendenti. Reina continuò a parare mettendo a segno solo pochi colpi col suo stocco, insufficienti a fermare a lungo il bambino.
“Izumi ti amava! Per tutti questi anni ha sempre pensato a te, e non si è mai perdonata il fatto di aver abbandonato suo figlio nel portale! Devi credermi!” insistette, tentando di farlo ragionare.
““Stai zitta, sono tutte bugie!”” gridò il ragazzino, aumentando il ritmo dei suoi colpi. ““È la signora Dante quella che mi vuole bene!””
“Dante ti sta solo usando per via delle tue capacità!” replicò Reina. Stanca di subire e basta, riuscì a guadagnare qualche secondo per staccare dalla parete una spada lunga con la quale tenere a bada il ragazzino. “A Izumi non interessa che sei in grado di trasmutare il tuo corpo con gli oggetti!”
““A quella donna non è mai importato niente di me...”” disse Wrath, ma la sua voce si era fatta insicura. Gettò via la spada corta e la sostituì con una lancia con la quale cercò d’infilzare la ragazza. ““Mi ha dato la vita, e poi? Forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto... Se io non fossi mai nato.””
“Non puoi saperlo” ribatté lei, schivando. “E comunque dovresti ricordarti del periodo che hai passato a casa sua! Non ti sentivi protetto? Non ti sentivi al sicuro? Non era proprio come se fossi con la tua mamma?”
Lo sguardo di Wrath si fece distante, come se stesse ricordando di quel periodo felice. Abbassò la lancia, e Reina fece lo stesso con la spada. Improvvisamente, però, gli occhi dell’Homunculus si fecero di nuovo duri e con un gridò brandì la lancia, facendola roteare come un bastone. Questa volta Reina non riuscì a schivare e fu colpita alla tempia dall’asta di legno. Si accasciò a terra svenuta, mentre Wrath la guardava dall’alto e faceva tornare normale il suo braccio.

Roy cadde al centro di una stanza piena di specchi. La luce arrivava solo da un grande lampadario ed era insufficiente per vedere bene. Tra uno specchio e l’altro c’era abbastanza spazio perché potesse passarci una persona. L’uomo si guardò intorno e cominciò a farsi strada tra gli specchi in cerca dell’uscita, ma la stanza era enorme e gli specchi erano disposti a cerchi concentrici. Ad un tratto da dietro uno specchio comparve King Bradley. Roy sorrise.
“Cercavo proprio lei, Comandante Supremo... o forse dovrei chiamarla Pride?”
L’Homunculus sorrise a sua volta. Il suo occhio sinistro non era coperto dalla benda, perciò Roy poté osservare l’Ouroboros rosso al posto dell’iride.
““Avrei voluto davvero promuoverla a generale di brigata come il suo amico Hughes, ma è troppo tardi: questa è insubordinazione, lo sa? Pensavo che fosse ad Aerugo. Ma ora che ci penso potrebbe ancora ricevere una promozione: se sopravvive diventerà il nuovo Comandante Supremo, se muore farò in modo che anche lei ottenga un paio di gradi in più. Cosa ne dice?””
“Comandante Supremo, eh? Beh, direi che questa carica è quella che mi alletta di più!” gridò Roy, poi passò all’attacco.
Pride si riparò dietro uno degli specchi. Momentaneamente accecato dal suo stesso fuoco riflesso dagli specchi, Mustang perse di vista l’Homunculus, il quale sfoderò due delle spade con una velocità incredibile e colpì di striscio l’uomo a una guancia.
““Avevo capito da un pezzo quali meschine ambizioni nutrivi... ma non avrei mai immaginato di avere la possibilità di ucciderti con le mie mani”” ringhiò Bradley.
Roy schioccò di nuovo le dita, ma di nuovo Pride non fece altro che nascondersi dietro uno specchio e aspettare l’attimo di disorientamento dell’avversario per attaccare. Mustang allora cambiò strategia. Con un calciò frantumò uno specchio, poi un altro e un’altro ancora, quindi corse via in quello che sembrava quasi un labirinto, continuando a distruggere specchi nella fuga. Per quanti ne distruggeva, però, ce n’erano sempre tantissimi.
““Credi di essere furbo, colonnello? Non hai capito che questa stanza è stata preparata apposta per me? Tu col tuo fuoco non fai che accecarti, io invece riesco a vedere dove sei in ogni momento!””
Un dolore improvviso a un braccio avvertì Roy del fatto che Bradley lo aveva trovato. Schioccò le dita alla cieca, ma non fece altro che distruggere alcuni specchi e a ustionarsi lievemente il braccio col suo stesso fuoco. Di nuovo Pride lo colpì, questa volta alla mano, riuscendo a strappargli uno dei guanti col cerchio alchemico. Poi lo colpì alla schiena, un lungo squarcio dal basso verso l’alto. Si era avvicinato troppo, però, e Mustang ne approfittò per puntarlo e schioccare le dita con l’altra mano.
Il fuoco divorò le carni del Comandante Supremo riducendolo in cenere e Roy ne approfittò per fermarsi a riprendere fiato. Le ferite sanguinavano copiosamente, il braccio bruciava, ma sapeva che non poteva cedere.
““In questo modo consumi solo qualcuna delle mie vite”” disse la voce di Bradley. Un’ombra nera si sollevò dalle fiamme, e come era successo con Envy in quel bar, tanto tempo prima, Roy assistette alla rigenerazione dell’Homunculus: prima le ossa, poi i muscoli, infine la pelle e anche i vestiti, e pochi istanti dopo King Bradley era di nuovo di fronte a lui, le spade saldamente in pugno. ““Peccato, volevo sapere cosa sarebbe successo se il mio corpo fosse esploso in mille pezzi...””
Con uno scatto sovrumano coprì i pochi metri che li separavano e prima strappò anche l’altro guanto, poi infilzò con la spada la spalla di Roy appena sopra il cuore. Lo specchio alle spalle del soldato si frantumò e lui cadde in ginocchio.
““Sin dall’inizio…”” dichiarò Bradley con voce calma e controllata. Non aveva nemmeno il fiato corto: era disumano. ““Sin da quando sei entrato nell’esercito avresti dovuto farlo: inginocchiarti a me. E forse così avresti avuto salva la vita.”” Gli rigirò lentamente la lama nella ferita, ma Roy strinse i denti e non urlò. ““Allora, colonnello Mustang, desideri ancora diventare il Comandante Supremo? L’avidità è un peccato mortale, dovresti saperlo...””
L’uomo alzò la testa e guardò l’Homunculus negli occhi.
“L’unico peccato che non posso davvero perdonarmi è la stupidità... A causa di questa mia debolezza un mio amico è morto, e uccidere la causa della sua morte è il modo che ho per scusarmi con lui.”
““Non so se te lo ha detto, ma è stato il tuo nuovo amico Envy a uccidere il generale Hughes, non io.””
“È come se fosse stato lei a premere il grilletto” ribatté Mistang. “Hughes è morto perché aveva visto ciò che noialtri ciechi non vedevamo, e cioè che tutte le guerre, la morte e il dolore causato dalle decisioni del Comandante Supremo non erano affatto per il bene di Amestris, ma per quello della donna che vi ha creati! E io non potrò mai perdonarmi per la mia cecità...”
Sul volto di Bradley si dipinse un ghigno malvagio.
““Perfetto, se vuoi vai pure a scusarti... ma da solo. E porta i miei saluti al generale Hughes.””
Detto questo estrasse con un movimento secco la lama dalla ferita, pronto per affondarla nel petto del suo avversario.
“Colonnello Mustang!” gridò una voce.
I due contendenti si voltarono e videro che tra gli specchi distrutti era comparso Hohenheim: aveva gli abiti a brandelli ma sembrava illeso. Fissò entrambi, poi, senza bisogno di aggiungere nulla, gettò a Roy l’involto trovato nella cassaforte di casa Bradley. Il Comandante Supremo s’irrigidì e non riuscì a impedire che Mustang, il quale, indebolito dalle ferite e dalla perdita di sangue, non era riuscito ad afferrare l’oggetto al volo, si alzasse con difficoltà e lo andasse a raccogliere.
“King Bradley...” disse togliendo il panno che lo avvolgeva con le mani che tremavano, rivelando un teschio umano, il teschio dell’uomo di cui Bradley era l’Homunculus. “Quante volte dovrò ucciderti... per farti morire?”
Afferrò il teschio con una mano e lo tenne puntato verso il Comandante Supremo, poi con l’altra si disegnò col sangue il cerchio alchemico che portava sui guanti. Dopo aver lanciato all’uomo un’ultima occhiata schioccò le dita.
Sia il teschio che l’Homunculus furono avvolti dalle fiamme, ma questa volta Bradley non sarebbe stato in grado di rigenerarsi. Mustang e Hohenheim rimasero a guardare finché il fuoco non ebbe consumato anche l’ultima vita di Pride e il Comandante Supremo di Amestris non fu altro che cenere grigia sul pavimento bianco. Solo allora Roy abbassò il braccio, la mano ustionata che non aveva voluto lasciare andare il teschio finché non era diventato anch’esso cenere.
“È finita...” mormorò.
Poi tutto si fece buio e cadde a terra privo di sensi.

Envy cadde al centro del palco, direttamente nel teatro. Si accorse che accanto a lui c’era un cerchio alchemico molto complesso e fece un balzo di lato.
“Sembra quasi che tu ne abbia paura” disse Dante, uscendo da dietro le quinte alle sue spalle. Lui si voltò e i due si guardarono negli occhi. “Sono felice di vederti” sussurrò lei.
“Vedere te, invece, è una sofferenza” ribatté l’Homunculus. Si guardò intorno. “Dove sono gli altri?”
“Sono impegnati con i tuoi amici... tranne Gluttony, lui non mi serviva più, così l’ho eliminato...”
Il ragazzo la guardò con gli occhi ridotti a una fessura.
“Tu cosa?!”
“Oh, non pensavo che ti sarebbe dispiaciuto. Mi sembrava fosse Lust quella a cui interessava qualcosa di lui. Sì, l’ho eliminato: come sai lo avevo creato in modo che mangiando continuamente persone potesse creare Pietre Rosse all’interno del suo corpo, ma quando avrò l’immortalità quelle inutili pietruzze non mi serviranno più. Ho usato quelle che Gluttony aveva in corpo per potenziare i miei Homunculus, credo che i tuoi amici si divertiranno molto a tentare di ucciderli...”
Envy si trasformò nella sua forma Homunculus di ragazzo magro coi capelli lunghi neri con riflessi verdi.
““Sai, non dovresti sottovalutare gli esseri umani: mi sembravano molto motivati quando sono venuti qui, non mi sorprenderei se da un momento all’altro facessero irruzione qui dentro dopo essere usciti vittoriosi dallo scontro coi tuoi schiavi.”” Accennò al cerchio alchemico sul palco. ““Cambiando argomento, devi credermi davvero stupido se pensi che non riconosca un cerchio alchemico, visto che da 400 anni posso fare a meno di utilizzarlo.””
“Invece contavo proprio su questo” rispose tranquillamente la donna. “Vorrei che tu ci entrassi spontaneamente, Matthew. Altrimenti dovrò costringerti a farlo.”
Envy rise.
““Non hai nessuna arma con cui potresti ricattarmi. Non entrerò mai in quel cerchio, non ti aiuterò a ottenere l’immortalità visto l’uso spregevole che hai fatto della tua vita.””
“Che parole crudeli da dire a una madre” disse la donna con tono offeso. “Dovrò decisamente metterti in punizione.”
““Ah, sì? E come? Il mio corpo è stato cremato, non c’é nulla che possa impedirmi di saltarti alla gola in qualsiasi momento”” rise lui.
“È qui che ti sbagli, figlio mio. Le ceneri spesso non si spargono al vento, ma si conservano...”
Gli mostrò un’urna che teneva nascosta dietro la schiena, e quando l’aprì vide che Envy si irrigidiva. Prese una manciata della polvere che conteneva e con un sorriso furbo gliela soffiò addosso. L’Homunculus fece istintivamente un salto indietro e sfiorò il cerchio alchemico, che s’illuminò e si attivò, trascinandolo al suo interno e imprigionandolo.
““Merda!”” riuscì solo a dire, perché Dante lasciò cadere l’urna davanti a lui. Il vaso si spaccò e le ceneri si sparsero fuori, immobilizzandolo. ““Che idiota... sono stato...”” riuscì ad articolare.
“Ma no, sei un bravo ragazzo” disse Dante dolcemente, avvicinandosi. “Hai fatto in modo che la mamma avesse sia un potente catalizzatore per la sua reazione, sia la Chiave per aprire il Portale. Manca solo l’ultimo tocco...”
““Maledetta!”” gridò Envy, ma non poté fare altro che restare a guardare mentre Dante batteva le mani, le posava sul cerchio alchemico e dava il via alla trasmutazione.

Alphonse vide che i cerchi sul suo corpo e quello sotto di lui si attivavano, e per la prima volta dopo anni provò una sensazione che credeva di aver dimenticato: il dolore. Era come se il suo corpo stesse andando a fuoco, mentre la Pietra si consumava e lui non poteva fare altro che gridare. Lust lo osservava con un volto completamente inespressivo.
In quel momento la porta esplose e comparve Ed, ansimante.
“Al!” gridò, avvicinandosi al fratello, ma Lust si frappose tra i due.
““Non puoi più fare niente, Bimbo d’Acciaio: quando la trasmutazione sarà terminata avrà consumato anche l’anima di tuo fratello. Ormai è troppo tardi. La mia padrona ha vinto. E quando avrà ottenuto l’immortalità, farà diventare noi Homunculus umani!””
Edward si rabbuiò.
“E a te va bene così?” le chiese. Lust fece un’espressione confusa. “Voglio dire, mio fratello sarà utilizzato come catalizzatore per questa trasmutazione e Dante raggiungerà il suo scopo... ma chi ti assicura che dopo si metterà a lavorare a una nuova Pietra Filosofale per voi Homunculus? Perché dovrebbe farlo? Lei non vi deve niente e voi le dovete tutto.”
““Taci!”” gridò la donna, ma la sua voce era insicura. ““Lo so che è solo una speranza, ma è tutto quello che ho.””
“Allora mi dispiace deluderti, ma in realtà non hai nulla.”
Lust abbassò lo sguardo, ferita.
““Quando vuoi sai essere crudele”” disse. ““Noi chiediamo solo di tornare umani, niente di più...””
Ed la scansò e s’inginocchiò di fianco al fratello.
“Al, riescia sentirmi?” lo chiamò, ma sembrava che l’armatura fosse vuota. Per di più la trasmutazione ne aveva già corroso almeno un terzo, portandosi via le gambe di metallo. Si voltò verso Lust. “Credo che tu abbia capito cos’ho intenzione di fare. Hai intenzione di fermarmi?
Lei lo fissò per qualche secondo, poi sorrise amaramente.
““La mia padrona ha terminato la sua scorta di Pietre Rosse per fare in modo che le mie probabilità di vittoria fossero più alte, ma forse questo è il momento giusto per smetterla di mentire a me stessa: voi due avete più speranze di me di vedere realizzati i vostri desideri. Muoviti prima che io cambi idea”” disse, poi si allontanò diretta verso la porta. ““Forse sono stata davvero stupida ad affidarmi a Quella Persona, ma in un modo o nell’altro io tornerò umana. Credo proprio che ci rivedremo, Bimbo d’Acciaio.””
Detto questo, scomparve dietro la porta.
Ed tornò a fissare il fratello. La trasmutazione avanzava sempre più in fretta e ormai aveva cominciato a corrodere anche il busto di metallo.
“Scusami, Al... Avrei dovuto farlo subito dopo Reole...” mormorò il ragazzo.
Poi batté le mani e le posò sull’armatura, che brillò più forte che mai, inghiottendo tutto in un bagliore bianco.
++++++
Ed si ritrovò al di là del Portale. Sbatté le palpebre, accecato dalla luce che riempiva quel luogo, e si rese conto di due cose: la prima era che di fronte a lui c’era un altro Portale, molto più grande e imponente di quello che aveva appena attraversato; la seconda era che, a pochi metri da lui, c’era una figura in piedi con gli occhi chiusi. Una figura familiare, sebbene magra, emaciata e coi capelli lunghi.
“Al!” gridò il ragazzo, correndo verso il fratello. In quel momento il Portale più piccolo si riaprì e le piccole mani nere scattarono in avanti. “Non questa volta!” gridò stringendo i denti. “Non ho ancora ottenuto ciò che sono venuto a prendere!”
Mentre le mani gli si aggrappavano alle gambe e intorno al corpo, Ed riuscì a lanciarsi in avanti e ad afferrare la mano del fratello. I due vennero trascinati di nuovo all’interno del portale, che si richiuse dietro di loro.
++++++

Quando Ed riaprì gli occhi si ritrovò disteso sul pavimento della stanza. L’armatura di Al era scomparsa, ma al suo posto, ancora con la mano nella sua, c’era il vero Alphonse in carne e ossa. Aveva gli occhi chiusi, ma sul suo volto smunto era disegnato un sorriso.

Wrath fece irruzione nel teatro con Reina svenuta sulla spalla. La lasciò cadere a terra con poca delicatezza a pochi passi dal palco e si avvicinò a Dante, che si trovava di fronte al Portale in materializzazione.
“Guarda! Non è bellissimo?” gli chiese, emozionata.
Wrath fissò il portale e rabbrividì: se lo ricordava molto bene dalla volta in cui era riuscito a uscirne, e non aveva nessuna voglia di rivederlo.
““Madre, ho sconfitto la ragazza”” esclamò facendo un passo indietro.
“Bravo, molto bravo. Ora stai lì fermo e tranquillo, che come vedi ho molto da fare...” rispose lei tornando a dedicarsi al Portale.
Wrath si fermò e guardò prima la donna, poi Envy bloccato nel cerchio alchemico e infine Reina.
““Il fatto è che la ragazza ha detto delle cose... e io...”” Degluttì, poi si fece coraggio e le chiese: ““Madre, è vero che tu mi vuoi bene solo perché vuoi sfruttare le mia capacità?””
La donna rise.
“Ma cosa vai a pensare? Ti voglio bene perché sei mio figlio!”
A quel punto Envy scoppiò a ridere, sebbene la risata si trasformò a metà in un mugolio di dolore.
““Dante fa sempre così... Gioca coi sentimenti delle persone... finché queste non le danno ciò che vuole...”” disse a denti stretti. ““È stato così per Hohenheim... per me... e adesso anche per te.””
“Chiudi la bocca!” gridò la donna, ma Envy continuò.
““Pensa a un momento... in cui ti abbia mai dimostrato affetto senza complimentarsi delle tue capacità... Un momento in cui ti ha abbracciato solo perché... voleva farlo... e non perché l’avevi soddisfatta con il tuo comportamento... Ci riesci?””
“Non ascoltarlo!” gridò Dante.
Wrath aggrottò la fronte. No, in effetti non gli veniva in mente nessun momento in cui la madre gli aveva dimostrato affetto disinteressato. Un’altra persona lo aveva fatto. Quella donna di Dublith, quella che stava sempre male, la moglie del macellaio...
Izumi.
““Lei... mi ha abbandonato, ma mi ha chiesto scusa...”” rifletté il ragazzino. ““Lei mi voleva bene anche quando mi comportavo male. Lei non mi urlava contro. Lei non voleva combattere contro di me.”” Guardò Dante, ma la donna aveva occhi solo per il Portale. ““Mamma...”” chiamò, ma lei non lo udì. Sentì che gli venivano le lacrime agli occhi e se le asciugò strofinandosi col braccio. ““Devo andare dalla mia vera mamma!”” esclamò.
Lanciò un’ultima occhiata al Portale e corse via.
“Wrath, torna qui!” gridò Dante, accorgendosi appena che il ragazzino stava scappando via, ma qualcosa di più importante di un Homunculus ribelle aveva bisogno della sua attenzione: qualcosa non andava con la trasmutazione.
Il Portale, fino a poco prima perfettamente visibile e corporeo, stava perdendo consistenza, come se non ci fosse più energia.
“Non è possibile... Non possono essere riusciti a vincere i miei Homunculus!” disse mordendosi il labbro.
La luce si fece viola, mentre il Portale si spalancava all’improvviso e cominciava a risucchiare al suo interno ogni cosa. Le prime a sparire furono le ceneri di Envy, che non appena fu libero di muoversi tentò di allontanarsi dal cerchio alchemico. La forza attrattiva del Portale, però, era troppo forte. Riuscì ad aggrapparsi al sipario, ma sapeva anche lui che non avrebbe resistito a lungo.
““Interrompi subito la trasmutazione!”” gridò a Dante.
“Non posso, è fuori dal mio controllo!”
La donna cercò di avvicinarsi al cerchio alchemico per tentare di cancellarlo, ma perse l’equilibrio e fu catturata dal vortice che stava risucchiando tutto. Cacciò un urlo, ma quando stava per attraversare il Portale una mano l’afferrò per il braccio e la tenne stretta: era Envy, che con l’altra mano si teneva ancora al sipario.
“Perché lo stai facendo?” gli chiese, sconvolta.
““Taci! Non lo so nemmeno io, maledizione!””
“Envy!”
L’Homunculus si voltò sentendosi chiamare e vide che Edward aveva appena fatto irruzione nel teatro: sulle spalle aveva il fratello svenuto, ora col suo corpo umano. Lo depose vicino a Reina e fece qualche passo verso di lui, ma Envy lo bloccò.
““Vattene, idiota! Vuoi finire dall’altra parte del Portale ora che hai ottenuto quello che cercavi da anni?!””
“E tu molla la presa! Cosa diavolo stai cercando di fare?!”
Envy guardò Dante, poi guardò il Portale.
““Non posso lasciarla...”” mormorò tra i denti.
Con uno sforzo sovrumano riuscì a scaraventare la donna lontano dal vortice, ma la sua presa sul sipario s’indebolì.
“Matthew!” gridò il ragazzo, lanciandosi verso il fratellastro.
Riuscì a salire sul palco e ad afferrargli la mano nel momento in cui Envy perdeva la presa sul sipario, ma la potenza del vortice era troppo grande ed entrambi furono trascinati all’interno del Portale.
La luce scomparve. Le porte si richiusero e il Portale si dissolse. Il teatro si fece silenzioso come una tomba.
Rimasero solo Dante, gli occhi spalancati a fissare il punto in cui il Portale era appena scomparso, Alphonse, ancora svenuto, e Reina. La ragazza aveva riaperto gli occhi appena in tempo per vedere il suo migliore amico e il ragazzo che amava scomparire insieme diretti in un altro Mondo... lasciandola indietro. Mentre le lacrime le rigavano le guance sentì che anche gli altri facevano irruzione nel teatro, ma era troppo tardi per fare qualunque cosa.
Era finita. Dante, in qualche modo, aveva vinto.
 
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Yue Hikari
CAT_IMG Posted on 23/5/2012, 19:46




CITAZIONE
“È incredibile che siate stati voi due a creare il luogo dove siamo nati io, mio fratello e praticamente tutti quelli che conosciamo” intervenne Al, ammirato.
Roy si rabbuiò.
“Mi dispiace che ultimamente le cose abbiano preso una piega negativa, ma in fondo questo mondo non è mai stato sotto il nostro controllo” disse. “Io e Rei lo abbiamo creato sperando semplicemente che fosse migliore di quello in cui vivevamo. Non avremmo mai immaginato che il nostro desiderio si sarebbe concretizzato in qualcosa di reale, qualcosa che cresceva e cambiava spontaneamente.” Sorrise amaramente. “È stato davvero un comportamento infantile credere che sarebbe stato un mondo perfetto...”

Inquietante davvero. Inoltre ho uno strano flash alla Inception...
CITAZIONE
““Guardami negli occhi e prova a colpirmi, Edward!””
“Scusami... ma tu non sei mia madre... e mio fratello mi sta aspettando” mormorò Ed.
Poi batté le mani e le immerse nel suo corpo d’acqua. Ci fu un bagliore e il corpo dell’Homunculus diventò traslucido.
““Cosa hai... fatto?”” mormorò lei.
“Ho ricomposto tutta l’acqua del tuo corpo in etanolo” rispose lui togliendo le mani. “Evapora a temperatura ambiente.”

Uhm, c'è qualche problema chimico-fisico in questa parte ma...vabbè!
CITAZIONE
Lo sguardo di Wrath si fece distante, come se stesse ricordando di quel periodo felice. Abbassò la lancia, e Reina fece lo stesso con la spada. Improvvisamente, però, gli occhi dell’Homunculus si fecero di nuovo duri e con un gridò brandì la lancia, facendola roteare come un bastone. Questa volta Reina non riuscì a schivare e fu colpita alla tempia dall’asta di legno. Si accasciò a terra svenuta, mentre Wrath la guardava dall’alto e faceva tornare normale il suo braccio.

Rei, sei troppo ingenua, ti fai fregare sempre nello stesso modo.
CITAZIONE
Quando Ed riaprì gli occhi si ritrovò disteso sul pavimento della stanza. L’armatura di Al era scomparsa, ma al suo posto, ancora con la mano nella sua, c’era il vero Alphonse in carne e ossa. Aveva gli occhi chiusi, ma sul suo volto smunto era disegnato un sorriso.

Pucciosi, loro...*-*
CITAZIONE
Rimasero solo Dante, gli occhi spalancati a fissare il punto in cui il Portale era appena scomparso, Alphonse, ancora svenuto, e Reina. La ragazza aveva riaperto gli occhi appena in tempo per vedere il suo migliore amico e il ragazzo che amava scomparire insieme diretti in un altro Mondo... lasciandola indietro. Mentre le lacrime le rigavano le guance sentì che anche gli altri facevano irruzione nel teatro, ma era troppo tardi per fare qualunque cosa.
Era finita. Dante, in qualche modo, aveva vinto.

Ma NO! Cheddivaolo sembra un finale delle CLAMP! Spero per voi che ci sia un seguito!xD
 
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Darkrystal Sky
CAT_IMG Posted on 23/5/2012, 20:14




Un finale delle CLAMP...
Non so se sia un elogio o un'offesa, comunque le CLAMP hanno gettato la loro ombra, poco ma sicuro.
 
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GreenArcherAlchemist
CAT_IMG Posted on 23/5/2012, 20:16




Ahahahahahahah...
...
...
...
Manca ancora l'epilogo, mia giovane padawan. Non che si risolva tutto quanto, ovviamente, però potrebbe darti indizi in più... :) Spero ardentemente che la BossaH posti tutto ciò che deve postare appena possibile... Te lo meriti!

ps: Problema chimico-fisico? O_O Eppure riguardando l'anime il discorso è proprio così! Illuminami, Yue!
 
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3 replies since 17/5/2012, 19:35   61 views
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